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Quanto (non) sono vicine Europa e Turchia sulla sicurezza

Al dibattito ospitato dalla Fondazione Marco Pannella il rapporto tra Turchia ed Europa viene letto sotto l’ottica della sicurezza, complesso tanto quanto le altre dimensioni delle relazioni turco-europee

Per quanto complicato sia il loro rapporto, Unione europea e Turchia sono intrinsecamente legate l’un l’altra da fattori economici, culturali, geografici, e tanti altri ancora. Così come molteplici sono i fattori che uniscono i due attori, altrettanto lo sono le dimensioni del loro rapporto.  E tra queste dimensioni non manca di certo quella securitaria, la cui importanza è cresciuta a dismisura in seguito all’invasione su larga scala dell’Ucraina lanciata dalla Federazione Russa nel febbraio del 2022. Le implicazioni di questo rapporto sono state delineate durante l’evento “Turkey and Eu – Present and Future” tenutosi mercoledì 26 giugno presso la sede romana della Fondazione Marco Pannella.

Le basi della discussione sono chiare. Geografia, storia e politica rendono Ankara e Bruxelles due realtà interconnesse per forza di cose in questo ambito. “È fondamentale e inevitabile tenere conto della Turchia nello sviluppo della concezione strategica europea” rimarca il presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dattoli, che sottolinea anche come la difesa sia uno strumento della politica estera, e che dunque “non si può pensare di sviluppare una difesa comune, con o senza Ankara, se non c’è prima una base condivisa di politica estera”.

Una base che, almeno in parte, già esiste. D’altronde la Turchia, così come quasi tutti i Paesi dell’Unione europa, fa parte dell’Alleanza Atlantica. Eppure, potrebbero comunque esserci dei dissidi e delle incongruenze di fondo. Come fa notare l’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, “L’appartenenza di un Paese alla Nato presuppone atteggiamento puramente difensivo. Ma in tempi non lontani la Turchia ha invaso un altro Paese per scopi di interesse nazionale. Ciò la rende effettivamente compatibile?”.

Alla domanda retorica di Camporini risponde l’ex sottosegretario per gli affari esteri e attualmente deputato Benedetto Della Vedova, che offre una visione della politica estera turca incentrata sulla “realpolitik”. Anche nei confronti della Nato, all’interno della quale ha saputo sfruttare a suo vantaggio le singole dinamiche (come ad esempio il percorso di adesione della Svezia, che doveva ricevere luce verde da Ankara) per tutelare il proprio interesse. Stessa cosa accaduta nel conflitto russo-ucraino: “Erdogan si è mosso con grandi capacità di equilibrismo, non aderendo alle sanzioni contro Mosca, e anzi favorendo la triangolazione delle merci per il loro superamento, ma anche inviando droni armati a Kyiv”.

Il rapporto con la Federazione Russa è uno dei grandi temi in cui la Turchia si distacca dall’Europa. Se la seconda ha infatti assunto una postura di decisa contrapposizione nei confronti di Mosca dopo l’invasione del febbraio 2022, la prima ha continuato a mantenere un rapporto con Mosca che Giorgio Cella, Ph.D e analista politico per la Fondazione Med-Or, definisce di “cooperative rivalry”, a sottolineare il fatto che Ankara e Mosca hanno interessi divergenti in pressoché ogni teatro dove sono impegnate, dalla Siria al Mar Nero, dall’Asia Centrale al Caucaso, fino ai Balcani.

“Ci sono tuttavia contesti in cui i due devono obbligatoriamente cooperare. Ad esempio quello energetico, per via della dipendenza turca da Mosca, plastificata nel Blue Stream e nel Turkish Stream. O ancora il turismo e gli scambi commerciali”. Questo però, prosegue Cella, non mette in dubbio la fede atlantica di Ankara. “Credo che, al netto di giochi comunicativi, la Turchia sia intenzionata a mantenere fermamente la sua posizione nell’Alleanza Atlantica. E la crisi ucraina ne è la riprova”.

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