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Spazio, l’ultima frontiera. Così l’Ue può diventare leader secondo Cristoforetti e Marrone

Lo Spazio rappresenta una frontiera strategica che l’Europa non può permettersi di ignorare. Investire nelle capacità spaziali e nella cooperazione civile-militare non solo migliorerebbe la sicurezza e la difesa europea, ma aiuterebbe il continente a sviluppare il suo ruolo di attore rilevante nel panorama internazionale

Negli ultimi anni, lo Spazio è diventato un dominio sempre più cruciale per le operazioni militari e civili. La guerra in Ucraina, iniziata nel 2022, ha evidenziato l’importanza strategica delle risorse spaziali soprattutto per scopi militari, con l’utilizzo di satelliti per comunicazioni e strategie vitali alle operazioni sul campo. La Nato ha quindi rafforzato la sua politica spaziale, riconoscendo il ruolo dello Spazio nel settore della difesa e la necessità di proteggere questi asset dalle minacce sempre più sofisticate, vittime di un dominio sempre più affollato. Ma quali sfide deve affrontare e quali opportunità deve sfruttare l’Europa per affermarsi come leader nella nuova era spaziale? Questa è la domanda affrontata in un recente report intitolato Fly me to the Moon: why Europe needs to move into space, curato dall’astronauta dell’Esa Samantha Cristoforetti e Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dello Iai, per il Nato defense college.

Come indicato dagli autori, negli ultimi trent’anni, la visione dello Spazio è passata dall’essere una frontiera inesplorata a un ambiente affollato e contestato. Con il pensionamento della Stazione spaziale internazionale (Iss) previsto per i primi anni 2030, gli Stati Uniti stanno già lavorando su partnership pubblico-private per mantenere la loro presenza in orbita bassa terrestre. Dall’altra parte, la Cina ha già operativa la propria stazione spaziale dal 2021 e progetti ambiziosi per il futuro, mentre l’India ha recentemente dimostrato le sue capacità con il successo della missione Chandrayaan-3 e punta a lanciare astronauti nello Spazio entro il 2025. Questi sviluppi dimostrano che sempre più nazioni riconoscono il valore strategico dello Spazio e che il dominio spaziale sta evolvendo, sia in positivo che in negativo.

Oltre ai grandi protagonisti dello Spazio come Stati Uniti, Cina e Russia, anche altre nazioni stanno investendo significativamente nel settore spaziale. Tuttavia, l’Unione europea, pur essendo un attore importante con l’Agenzia spaziale europea (Esa), deve ancora affrontare numerose sfide per raggiungere l’autonomia completa in termini di trasporto spaziale e operazioni in orbita. Per questo motivo, la collaborazione tra i settori pubblico e privato è vista come una chiave per stimolare l’innovazione e ridurre i costi, con il modello americano che funge da esempio.

Questo cambiamento implica, però, una trasformazione nella postura e nelle dottrine militari. Gli Stati Uniti, con la costituzione della Space force nel 2019, guidano questa evoluzione, mentre in Europa Paesi come Italia, Regno Unito e Francia stanno adeguando lentamente le loro forze armate per includere anche operazioni spaziali. La Nato, pertanto, ha l’obbligo di integrare lo Spazio nella sua strategia di deterrenza e difesa, proteggendo asset cruciali come i servizi di posizionamento, navigazione e tempistica, le comunicazioni satellitari e le osservazioni terrestri. La crescente vulnerabilità di questi asset impone lo sviluppo concreto di avanzate capacità di consapevolezza situazionale e protezione spaziale.

Tuttavia, l’integrazione dello Spazio nella strategia della Nato non riguarda solo la difesa delle infrastrutture spaziali, ma anche l’adattamento delle forze armate alle nuove tecnologie e minacce. I progressi nella guerra elettronica e nelle armi ad energia diretta rappresentano nuove sfide che richiedono una risposta coordinata e tecnologicamente avanzata. Gli attacchi cibernetici e le operazioni di guerra elettronica possono compromettere i sistemi di comunicazione e navigazione satellitare, rendendo essenziale un approccio integrato alla sicurezza spaziale.

Nonostante l’Europa possieda capacità spaziali significative, c’è ancora un divario rispetto agli Stati Uniti in termini di cooperazione civile-militare e autonomia di accesso allo Spazio. Difatti, gli Stati Uniti considerano lo Spazio un dominio operativo autonomo, affidato alla Space force per assicurare libertà d’azione, migliorare le operazioni militari e offrire opzioni strategiche. Le competenze principali includono sicurezza, proiezione di potenza, mobilità logistica e consapevolezza spaziale. La loro dottrina spaziale promuove in primis la cooperazione tra agenzie statali con il settore privato, sfruttando l’innovazione commerciale per mantenere un vantaggio competitivo e garantire la sicurezza nazionale.

Dall’altra parte, l’Unione europea ha adottato la sua prima Strategia spaziale per la sicurezza e la difesa nel 2023, riconoscendo l’importanza di proteggere le infrastrutture critiche in orbita. Tuttavia, l’Europa dipende ancora dalle capacità di trasporto spaziale statunitensi, situazione che potrebbe diventare problematica con la dismissione della Iss e la necessità di accedere a nuove stazioni spaziali commerciali.

Per affrontare queste sfide, l’Esa ha iniziato a sviluppare servizi di ritorno cargo dall’orbita bassa terrestre e sta esplorando la possibilità di un futuro veicolo di trasporto umano. Questi progetti sono cruciali per garantire che l’Europa possa mantenere una posizione di rilievo nel settore spaziale e non diventare un semplice cliente di fornitori esteri. Proprio su questo punto, il Consiglio spaziale europeo, tenutosi a Bruxelles nel maggio 2024, ha visto la firma di contratti significativi per lo sviluppo di queste capacità, segnando un passo importante verso l’autonomia europea nello Spazio.

È ormai consolidato che una cooperazione civile-militare più stretta potrebbe migliorare significativamente le capacità di difesa europee. Tecnologie dual-use, come le operazioni di prossimità, di comando e controllo, la rimozione dei detriti spaziali e i servizi in orbita, devono essere sviluppate e testate in sinergia. Questo non solo abbatterebbe i costi di lancio, ma favorirebbe anche l’autonomia europea in ambito spaziale. Inoltre, un maggiore investimento in tecnologie spaziali da parte dei budget militari e civili potrebbe potenziare la sovranità operativa e tecnologica europea, rafforzando la cooperazione tra il personale militare e civile e accrescendo la conoscenza e l’esperienza nelle operazioni spaziali complesse.

Infine, affrontare la sfida del trasporto spaziale umano è fondamentale non solo per l’esplorazione, ma anche per la difesa. Un investimento europeo in questo settore aumenterebbe il peso strategico dell’Europa nel contesto globale, bilanciando meglio la partnership transatlantica e rafforzando la coesione della Nato.

Si ricorda che l’integrazione di tecnologie avanzate e il miglioramento delle capacità operative richiedono un approccio coordinato tra i vari paesi europei. Ancora una volta, la condivisione delle risorse e delle conoscenze è essenziale per affrontare le sfide comuni e garantire che l’Europa possa competere efficacemente nel contesto globale. La creazione di un ecosistema spaziale europeo autonomo e robusto è fondamentale per sostenere le operazioni di difesa e promuovere l’innovazione tecnologica.

Ignorare queste opportunità significherebbe relegare l’Europa a un ruolo secondario nella nuova frontiera spaziale. Un impegno strategico e coordinato nel settore spaziale è essenziale per garantire che l’Europa possa affrontare le sfide future e cogliere le opportunità che lo Spazio offre.


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