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Ecco le strategie dei candidati sulla condanna di Trump

La campagna di Trump punta innanzitutto a cavalcare la tesi della persecuzione politico-giudiziaria. Il giorno stesso del verdetto, l’ex presidente ha tenuto un evento di fundraising a New York a cui, tra i vari miliardari, ha preso parte anche il ceo di Blackstone, Stephen Schwarzman. Anche Elon Musk ha difeso il candidato repubblicano. Ma se in termini di raccolta fondi la condanna ha rafforzato la campagna elettorale, la situazione appare più in chiaroscuro sul piano dei consensi popolari

La condanna di Donald Trump, si sa, ha fatto pesantemente irruzione nella campagna elettorale per le presidenziali americane del prossimo novembre. È quindi forse interessante dare uno sguardo alle strategie che i due principali candidati stanno mettendo in campo rispetto a questo complicato dossier. Strategie che, è bene sottolinearlo, devono fare i conti con un quadro complessivo segnato da profonda incertezza: è infatti la prima volta nella storia statunitense che un ex presidente, perdipiù in corsa per tornare alla Casa Bianca, subisce una condanna penale. Va da sé come una tale assenza di precedenti rappresenti una significativa incognita per entrambi i principali candidati. Entriamo quindi maggiormente nel dettaglio.

La campagna di Trump punta innanzitutto a cavalcare la tesi della persecuzione politico-giudiziaria. L’ex presidente ha d’altronde più volte puntato il dito contro il procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, che appartiene al Partito Democratico, e contro il giudice che ha supervisionato il processo, Juan Merchan, il quale, nel 2020, effettuò alcune donazioni –ancorché contenute– ai dem. È sulla spinta di questa narrazione che il team del candidato repubblicano ha annunciato una raccolta fondi record nei giorni immediatamente successivi alla condanna pari a circa 53 milioni di dollari. È stato inoltre reso noto che, nel solo mese di maggio, la campagna dell’ex presidente e il Comitato Nazionale del Partito Repubblicano avrebbero rastrellato in tutto 141 milioni: una cifra che, stando allo staff di Trump, sarebbe in buona parte costituita da donazioni avvenute a seguito della condanna.

Ricordiamo che, il giorno stesso del verdetto, l’ex presidente ha tenuto un evento di fundraising a New York a cui, tra i vari miliardari, ha preso parte anche il ceo di Blackstone, Stephen Schwarzman, che, un tempo alleato di Trump, aveva rotto con lui, per poi riavvicinarglisi a metà maggio. Un altro elemento interessante è rappresentato dal fatto che Elon Musk ha difeso il candidato repubblicano. Del resto, pochi giorni prima della condanna, il Wall Street Journal aveva rivelato come il ceo di SpaceX fosse in trattative con Trump per assumere il ruolo di advisor in un’eventuale nuova amministrazione repubblicana: quello stesso Musk che, proprio attraverso SpaceX, vanta svariati contratti con il Pentagono.

Se in termini di raccolta fondi la condanna ha rafforzato la campagna di Trump, la situazione appare più in chiaroscuro sul piano dei consensi popolari. A fotografare una situazione ambivalente è stato soprattutto un recente sondaggio di Abc News. Stando a questa rilevazione, il 50% degli intervistati ritiene giusto il verdetto di colpevolezza a fronte di un 27% di parere opposto, mentre il 49% sostiene che l’ex presidente dovrebbe ritirarsi dalla campagna elettorale. Dati, questi, indubbiamente negativi per Trump, ma che vanno bilanciati con altri elementi emersi dallo stesso sondaggio. Sì, perché per il 47% dei rispondenti le accuse sarebbero state caratterizzate da motivazioni politiche a fronte di un 38% che afferma il contrario. Più in generale, non sembra, almeno al momento, che la condanna abbia determinato dei mutamenti sostanziali sul piano elettorale. “La percezione di Donald Trump (e Joe Biden) è statisticamente invariata rispetto a prima dell’annuncio del verdetto”, ha riferito il sondaggio di Abc News. È chiaro come questo stesso sondaggio fotografi un quadro complesso, a tratti quasi contraddittorio, che evidenzia l’incertezza aleggiante sulla questione. Un’incertezza che aumenta in vista della sentenza, prevista l’11 luglio: Trump potrebbe essere semplicemente multato, finire in libertà vigilata o addirittura in carcere. Tutto questo, a pochi giorni dall’inizio della Convention nazionale repubblicana.

È evidente che tutta questa incertezza è un problema per Trump ma anche per Biden. Il presidente americano non sembra per ora infatti avere una strategia chiara su come affrontare la condanna del rivale. Pochi giorni prima del verdetto, la sua campagna aveva organizzato un evento con Robert De Niro, che aveva tenuto un discorso duramente antitrumpista fuori dal tribunale. Dopo la condanna, Biden aveva invece tenuto un profilo invece più basso, dichiarando che Trump dovesse essere sconfitto “alle urne” e non per via giudiziaria. Una linea cambiata poche ore fa, quando – durante un evento di fundraising in Connecticut – il presidente ha definito il rivale un “criminale condannato”. Non è un mistero che il campo democratico sia internamente spaccato su come gestire la faccenda: una situazione ben rappresentata dalle posizioni opposte, assunte in questi giorni da due deputati dem. Da una parte, Dean Phillips ha sostenuto che la condanna renderà Trump un “martire”, esortando la governatrice dello Stato di New York, Kathy Hochul, a graziarlo; dall’altra, Adam Schiff ha invitato Biden a cavalcare il verdetto di colpevolezza per colpire l’avversario. Parte di queste spaccature proviene probabilmente dalla consapevolezza che Trump, l’anno scorso, iniziò a rafforzarsi nei sondaggi proprio a seguito delle incriminazioni subite. Lo staff del presidente dovrà quindi decidere quale linea adottare. E dovrà farlo presto. Il dibattito presidenziale del 27 giugno si avvicina.


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