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Sugli asset russi il G7 non può tirarsi indietro. I suggerimenti del Csis

A una settimana dal summit di Borgo Egnazia, il centro studi statunitense spiega perché senza i soldi derivanti dai profitti legati ai beni di Mosca, l’Ucraina non ha molte possibilità di risollevarsi. E c’è il precedente del Kuwait

A Borgo Egnazia è quasi tutto pronto. Il grande resort a poche decine di metri dal mare di Puglia è pronto ad accogliere i Grandi della Terra. I leader mondiali, Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito, si riuniranno in Italia dal 13 al 15 giugno 2024, per il 50esimo vertice e per discutere, tra le altre questioni urgenti, la possibile monetizzazione degli asset russi (qui l’intervista a Matteo Villa, economista dell’Ispi). E forse proprio questo sarà il test più importante del summit a guida italiana.

Un punto all’ordine del giorno, se non il punto, su cui si è focalizzato il Center for strategic and international studies (Csis). Partendo da un assunto: “Proprio come il ritardo del pacchetto di stanziamenti supplementari di emergenza degli Stati Uniti ha avuto gravi conseguenze per l’Ucraina, qualsiasi ritardo nel trasferimento dei beni sovrani russi congelati all’Ucraina ostacolerà le prospettive della medesima di vincere la sua battaglia in corso contro l’aggressione illegale della Russia e di ricostruire la sua economia”. Il messaggio è chiaro, quei soldi, sotto forma di profitti generati dai 190 miliardi allocati in Europa, all’Ucraina servono come il pane e le munizioni.

Il Csis cita in tal proposito la la Banca Mondiale, la quale stima, al 31 dicembre 2023, il costo totale della ricostruzione e della ripresa in Ucraina sarà di almeno 486 miliardi di dollari nel prossimo decennio. “Per garantire che gli ucraini siano giustamente risarciti per le loro perdite, la comunità internazionale dovrebbe istituire un efficace meccanismo internazionale per le richieste di risarcimento, che richieda un fondo di compensazione che trattenga e distribuisca il denaro e una commissione internazionale per le richieste di risarcimento. E, soprattutto, convergere sull’utilizzo delle risorse della Russia allocate presso la società belga Euroclear”, scrivono gli esperti del Csis.

Insomma, la Russia deve pagare per quello che ha fatto. “Esiste un ampio consenso internazionale sul fatto che i danni derivanti da azioni illecite richiedono un risarcimento da parte dello Stato aggressore. Nonostante questa opinione giuridica condivisa, il G7 è spaccato sulla questione se la confisca dei beni sovrani russi sia il giusto approccio al risarcimento. L’esitazione, soprattutto in Europa, sembra derivare dai timori di ritorsioni russe e dal timore che la confisca possa minare la volontà internazionale delle nazioni e degli investitori di detenere asset denominati nelle valute dei paesi del G7”.

Tuttavia, “il timore di ritorsioni appare ingiustificato poiché la Russia ha già intrapreso azioni contro le partecipazioni di investimento di società con sede nel G7 all’interno della sua giurisdizione. E per questo il prezzo a lungo termine potrebbe essere più alto se la Russia non fosse ritenuta responsabile”. Di qui, le istruzioni per l’uso. “L’approccio più diretto è quello di confiscare tutti i beni sovrani russi, trasferirli a un fondo di compensazione internazionale. Un’opzione alternativa è che gli alleati dell’Ucraina prestino denaro aa Kiyv e in cambio quest’ultima garantisca, con i beni russi, una parte del denaro prestato”.

E c’è un precedente che può aiutare in tal senso. La Commissione per i risarcimenti delle Nazioni Unite è stata creata nel 1991 come organo sussidiario del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in risposta ai danni subiti dal Kuwait a seguito dell’invasione e dell’occupazione del suo territorio da parte dell’Iraq nel 1990. La commissione composta da 15 membri aveva un mandato elaborare i reclami e pagare il risarcimento di tali perdite e danni. “Trent’anni dopo”, scrive il Csis, “il Consiglio di sicurezza ha adottato all’unanimità una risoluzione che confermava che l’Uncc aveva adempiuto al suo mandato. Di conseguenza, sono state elaborate 2,7 milioni di richieste di risarcimento per 352 miliardi di dollari e sono stati concessi risarcimenti per un totale di 52,4 miliardi di dollari a 1,5 milioni di ricorrenti. Si prevede che le cifre saranno molto più elevate per l’Ucraina, ma l’esperienza Iraq-Kuwait offre un utile precedente”.



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