Le trattative serrate per le nomine in Europa sono in corso. Sul bis di von der Leyen alla Commissione ci sono diverse incognite. Meloni pretende spazio per l’Italia ma ha poca libertà di manovra, tanto più che il gruppo Ecr è irrilevante ai fini della costruzione della maggioranza. Macron e Scholz, che continuano a dare le carte a Bruxelles, vogliono invece chiudere la partita. Può spuntare la carta Draghi. La panoramica del politologo della Sapienza, Gianluca Passarelli
La partita delle nomine in Ue è ancora tutta da giocare ma, mentre il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz stanno premendo sull’acceleratore, il premier Giorgia Meloni punta a veder riconosciuto al nostro Paese un ruolo di primo piano. Il negoziato più importante, quello per la designazione della presidenza della Commissione, si sta svolgendo in un clima abbastanza teso. Con Ursula von der Leyen su cui si allunga più di un’incognita. “Ursula non è detto che arrivi alla fine della trattativa indenne. E soprattutto il potere negoziale di Meloni è piuttosto contenuto”. A dirlo a Formiche.net è Gianluca Passarelli, professore di Scienza Politica all’Università La Sapienza.
Alcuni danno la conferma di Ursula per scontata. Lei, al contrario, non la vede così. Cosa pende sul suo futuro?
Tantissimi fattori, tant’è che personalmente ho una lettura molto eterodossa rispetto alle molte in voga ultimamente. Ursula non è detto non solo che arrivi indenne alla fine di queste trattative ma, anche qualora ci dovesse arrivare, il prezzo da pagare sia politicamente sia in termini più strettamente elettorali sarebbe salatissimo.
In che cosa si sostanziano, questi rischi?
Partendo dal presupposto che non c’è stato uno sbilanciamento verso destra della maggioranza europea, le tre famiglie politiche principali – socialisti, popolari e liberali – restano saldamente alla guida della governance di Bruxelles. In questo contesto, in cui Ecr diventa sostanzialmente irrilevante ai fini della formazione di una maggioranza, il peso negoziale di Giorgia Meloni è piuttosto contenuto. Senza contare che Ecr ha chiuso al Pse e, parallelamente, il Pse ha chiuso ai conservatori. In più, c’è una tema che riguarda la proposta politica di von der Leyen.
Che cosa intende dire?
I risultati usciti dalle urne ci consegnano un quadro politico, nei vari Paesi europei, che rende evidente il fatto che von der Leyen non sia più il profilo che corrisponde alle “esigenze” manifestate dall’elettorato. Ed è per questo che ritengo per lo meno complessa la rielezione in Commissione di Ursula. Fermo rimanendo che il voto segreto in Parlamento per eleggere la Commissione – considerando che i gruppi principali – popolari e socialisti sono estremamente compositi – potrebbe essere parecchio insidioso.
A questo punto non resterebbe, nel campo delle ipotesi politiche per un allargamento della maggioranza, che l’apertura verso sinistra.
Sì, è una delle ipotesi. Ma anche questa politicamente sarebbe piuttosto problematica perché poterebbe alla spaccatura del gruppo dei popolari. E questa “polpetta avvelenata” potrebbe tramutarsi in una debacle sotto il profilo elettorale.
Potrebbe, dunque, spuntare la carta Draghi?
Sì, ma sarebbe una carta giocata non certo dall’Italia ma da Macron. Draghi potrebbe spuntare come elemento di convergenza nel caso di un mancato accordo su altri profili.
Perché, secondo lei, l’Italia avrebbe comunque nell’ambito delle trattative un potere ridimensionato rispetto a quanto si voglia far credere?
Ci sono diverse ragioni, la prima è quella della sostanziale irrilevanza della famiglia politica cui appartiene Meloni. Non esiste proprio che sia l’Italia a dare le carte in Europa. È l’asse franco-tedesco-spagnolo che ancora dà le carte. In seconda battuta, l’Italia a cui magari si aggiunge pure la Polonia. Il cui premier, tuttavia, ha fatto chiaramente capire a Meloni che una maggioranza senza Ecr già c’è.
Resta, tra gli altri, il nodo dei Commissari.
Scegliere un commissario non è una vittoria, ma un diritto. Poi, dipende dal Commissario che viene designato in funzione del peso politico che ogni singolo Stato membro riveste nel Consiglio. Ma noi, ribadisco, siamo abbastanza isolati.