Conversazione con l’europarlamentare di Forza Italia: “Siamo convinti che il dialogo è la parte vincente dell’Europa e l’Europa è il luogo della condivisione non della divisione. Non possiamo non tener conto che gli elettori europei hanno dato una parte della loro fiducia al gruppo dei conservatori”
Non possiamo che guardare ai conservatori perché il risultato delle elezioni offre quelle indicazioni: oggi i conservatori sono il gruppo più importante, dopo popolari, socialisti e liberali e dobbiamo evidentemente aprire con loro un dialogo che ci permetta di trovare il più ampio la più ampia convergenza. Lo dice a Formiche.net l’europarlamentare di Forza Italia Salvatore De Meo.
L’Ue deve affrontare una serie di sfide geopolitiche di assoluta rilevanza: può permettersi di rallentare scelte e decisioni per via delle nomine?
No. Bisogna mostrare, anche nella individuazione dei vertici, un grande senso di responsabilità rispetto alle sfide che ci attendono e che non possono consentire tempi lunghi. Soprattutto non c’è spazio per giochi che vadano in una direzione opposta. Sono convinto che bisogna, con chiarezza e determinazione, fare delle scelte che diano una maggiore credibilità al progetto europeo e che, di fronte alla scelta di un vertice, mostra il senso di responsabilità per affrontare anche sfide ancora più complesse della semplice elezioni di un vertice.
L’instabilità francese post elezioni anticipate che conseguenze potrebbe portare sugli equilibri europei?
Non sono in grado di poter anticipare ciò che accadrà in Francia, ma è inevitabile che si tratta di un elemento di cui bisogna tener conto nello scenario europeo, perché ci sarà eventualmente una forza politica che utilizzerà il suo risultato per poter arrivare ad una rinegoziazione degli schemi e delle alleanze europee, anche se non credo che ci sarà questo sbilanciamento così eccessivo. Lo stesso voto europeo, che qualcuno ha commentato a favore delle destre, in realtà non ha generato quel cambio di paradigma che qualcuno auspicava e che oggi ci vede ancora con una maggioranza formata dai tre pilastri principali.
Secondo il Ppe, come va impostato il dialogo con le destre conservatrici che alle ultime elezioni hanno ottenuto un progresso di seggi rispetto a 5 anni fa?
Noi crediamo che, se necessario, sia da allargare una maggioranza per far sì che ci siano numeri tali che non si prestino a nessun tipo di gioco di palazzo. Non possiamo che guardare ai conservatori perché il risultato delle elezioni offre quelle indicazione: oggi i conservatori sono il gruppo più importante, dopo popolari, socialisti e liberali e dobbiamo evidentemente aprire con loro un dialogo che ci permetta di trovare la più ampia convergenza. Perché, al di là dei numeri, io continuo a dire che le alleanze devono sempre più ritrovarsi sulla visione di un’Europa che deve ritrovare una sua unità e che deve interrogarsi anche sulle scelte passate che non mi sembra abbiano generato grandi risultati. Il mondo è cambiato e anche sulle alleanze non ci si può più nascondere rispetto ai nuovi schemi possibili che vanno però costruiti e che vanno generati da un confronto che deve essere scevro però da pregiudizi. Non si può accettare che si possa dire “no” a prescindere, da una parte o dall’altra. Io credo che oggi i conservatori abbiano espresso, e maturato anche alla luce dell’ultima parte della legislatura, una posizione su cui è interessante lavorare, perché si possano creare quelle condizioni per rendere ancora più forte l’Europa e soprattutto per concentrarsi su dei temi che siano realmente le priorità che i cittadini e le imprese ci chiedono.
Quindi ci sono porte aperte a Ecr per una maggioranza Ursula bis allargata?
Come Forza Italia, e mi sembra che anche all’interno del Partito popolare, questa ipotesi non l’abbiamo esclusa, a differenza di altri che in maniera così pregiudizievole stanno ponendo dei paletti. Tajani lo ha ribadito anche nella giornata di oggi: siamo convinti che il dialogo è la parte vincente dell’Europa e l’Europa è il luogo della condivisione non della divisione. Non possiamo non tener conto che gli elettori europei hanno dato una parte della loro fiducia al gruppo dei conservatori. Vediamo che cosa viene fuori da questo dialogo che spero non sia limitato solo ai numeri, ma sia concentrato su temi sui quali bisogna allargare sempre più una maggioranza, perché abbiamo bisogno di un’Europa che risponda in maniera convinta a sfide sempre più complesse.
“Sulle nomine partita aperta, Meloni trarrà le somme”, ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. L’Italia può aspirare ad avere ruoli apicali?
Ce lo auguriamo soprattutto nella scelta di un commissario di peso che abbia anche una responsabilità della vicepresidenza. Secondo me è possibile anche in ragione di un’azione importante che il governo Meloni ha fatto negli ultimi due anni, portando l’Italia ad un ruolo centrale, ponendo dei temi che qualcuno ha voluto strumentalizzare, ma che sono dei temi europei e non solo italiani: il patto di stabilità, l’allargamento, l’immigrazione, il Mes sono temi che hanno fatto sì che l’Europa aprisse un confronto su come utilizzare al meglio questi strumenti per renderli strumenti di crescita e per rendere l’Europa ancora più credibile rispetto ad un passato dove alcune regole, come il rigore, non hanno generato la crescita auspicata. In merito al dialogo con Ecr non significa nostro sbilanciamento a destra ma loro avvicinamento al centro.
Si fa spesso il nome di Enrico Letta per la presidenza del Consiglio europeo. C’è il rischio si tolga così un altro candidato al governo di Roma?
Noi facciamo scelte che appartengono alle nostre competenze. Il nome di Enrico Letta probabilmente viene da un altro contesto politico e sarà quel contesto politico poi eventualmente a sostenere una candidatura rispetto ad un’altra. Il governo italiano sta lavorando per quelle che sono le sue competenze e noi lavoriamo sul nome del commissario. La presidenza del Consiglio spetta ad un gruppo politico e a quel tavolo di trattative l’Italia parteciperà.
La riconferma di Manfred Weber alla presidenza del Ppe è una buona notizia per l’Italia?
Lo abbiamo convintamente sostenuto perché crediamo in lui: ha guidato bene sia il gruppo e lo stesso partito nel congresso di Bucarest, ha coordinato i lavori in cui abbiamo approvato un manifesto programmatico che per noi diventa il punto di partenza per la negoziazione con gli altri gruppi politici. Manfred non ha mai mascherato vicinanza e stima nei confronti di Tajani e di tutto il partito di Forza Italia e lo abbiamo visto riconoscere anche nella nomina e nell’elezione di Massimiliano Salini ad uno dei vicepresidenti Ppe. Il nostro segretario Antonio Tajani risulta essere una delle voci più autorevoli all’interno del Partito popolare e il suo dialogo con Weber, von der Leyen e Metsola sono una garanzia non solo per Forza Italia ma per l’Italia.