Di certo c’è che la Francia sta cambiando dopo una marcia durata qualche decennio. E se le cose dovessero andare come ritiene la bionda signora della destra indiscutibilmente cambierà in parte anche l’Europa considerando i sommovimenti radicali che in tutte le famiglie politiche, soprattutto ad est, stanno avvenendo. La versione di Gennaro Malgieri
E ora alla conquista della maggiorana assoluta. Il numero magico è 289, ma potrebbe mancare pochissimo al Rassemblement National per acquisirlo. I giochi sono intricati, tuttavia la vittoria sembra a portata di mano se si considera che al momento un francese su tre ha votato per Marine Le Pen e Jordan Bardella candidato in pectore a primo ministro. Ma se l’appello di Emmanuel Macron dovesse concretizzarsi, vale a dire agevolare i candidati della sinistra al ballottaggio dove il suo partito non potrebbe riuscire ad eleggere candidati, il solito escamotage della desistenza insomma, per RN la partita sarebbe persa o quasi: molto, come sempre, dipenderà dai numeri che il blocco anti lepenista riuscirà a mettere insieme con quelli di Ensemble di Macron e quanti consensi il Rassemblement eroderà ai centristi post-gollisti che al secondo turno non parteciperanno visto che pochissimi di loro hanno superato la soglia del 12,5%.
Come sempre ha dimostrato in sette anni di presidenza, Macron ha perso l’ennesima scommessa sciogliendo l’Assemblea nazionale e indicendo le elezioni. Riteneva facile convincere i francesi a dargli ancora fiducia per sbarrare il passo alla destra e limitare la confusa sinistra guidata da Jan-Luc Mélenchon. Non ha capito, dopo il trionfo di Rn alle europee che la Francia non ne può più dei suoi contraddittori programmi, della delusione che ha fatto crescere in tutte le categorie produttive, dei roboanti annunci che non lo hanno fatto apparire come la caricatura di un piccolo Jupiter, nomignolo a cui si era affezionato entrando all’Eliseo.
“L’estrema destra è alle porte del potere”, ha detto, con molto realismo, il primo ministro Gabriel Attal. E, per quanto difficile, domenica prossima Bardella potrebbe fare il suo trionfale ingresso a Palazzo Matignon prendendo in mano le redini di un Paese sbandato che un presidente arrogante ed incapace ha ridotto all’irrilevanza interna ed esterna all’Esagono.”La scelta è ormai chiara — ha dichiarato Bardella —: da un lato, l’alleanza dei peggiori, quella del Nuovo Fronte Popolare, unito dietro a Jean-Luc Mélenchon, che porterà il Paese al disordine, all’insurrezione e alla rovina della nostra economia. Dall’altra, l’Unione nazionale che ho l’onore di guidare insieme a Marine Le Pen, Eric Ciotti e i nostri alleati”. A giudicare dall’affluenza alle urne che ha ampiamente premiato il Rassemblement sembra che non dovrebbero esserci dubbi sulla sua vittoria. Nonostante l’ottimismo di una serata a lungo sognata incertezze ce ne sono anche se si esclude un calo dei votanti: la partita verosimilmente è decisiva e pochi se la sentono di rimanere a guardare. Ciò avvantaggerà il Rassemblement.
Non tutto, comunque, sarà facile per Le Pen e il suo partito in questa settimana di vera passione. L’alta affluenza elettorale ha fatto sì che quasi in tutti i collegi elettorali vi sarà una triangolazione, mentre, normalmente a battersi nel secondo turno sono quasi sempre due candidati. Ciò vuol dire che se Macron e la sinistra dovessero mettere insieme le loro “sconfitte”, paradossalmente Rn risulterebbe terzo, grazie a quell’antidemocratico marchingegno chiamato “desistenza”.
Ma gli elettori marconisti consegnerebbero davvero e a cuor leggero la Francia all’estrema sinistra? Il presidente ci spera e punta, in tal modo, sul caos. Immaginate cortei e manifestazioni di filo-palestinesi agghindati con kefia, a braccetto con i sostenitori del presidente espressione dei ceti ricchi e borghesi. E provate a vedere primo ministro un esponente di quella composita e contraddittoria sinistra orchestrata da Mélenchon con il suo programma pauperista e la sua esibita demagogia chiamare all’union sacrée i francesi al solo fine di sbarrare la strada a Le Pen il cui movimento è maggioritario in Francia senza alleanze spurie, ma con il merito di aver favorito la chiarezza tra i Républicains eredi del Generale che hanno tentato, per un antico vezzo, di disarcionare il loro leader Eric Ciotti e tentare nuove maggioranze, non si sa con chi. L’operazione non è riuscita e il Rassemblement, che ha già conquistato trentanove seggi al primo turno, può guardare con fiducia al traguardo di domenica prossima. Oltretutto, i post-gollisti , almeno per ora , non sembrano intenzionati a voler fare accordi di desistenza ed il loro 9% si disperderà tra astenuti e destra consapevoli come sono che neppure le briciole gli toccherebbero se sinistra e marconisti si mettessero insieme in un’alleanza tanto sgangherata quanto opportunista dietro la quale si cela un ulteriore balzano disegno di Macron, quello di sciogliere nuovamente l’Assemblea nazionale entro un anno se la coabitazione con Bardella non dovesse funzionare.
La Francia può sopportare tutto questo?
È più verosimile l’ipotesi della quale si discute in queste ore: il Rn potrebbe non ottenere la maggioranza assoluta, ma una maggioranza relativa molto alta è comunque alla sua portata: questo non le impedirebbe di governare. Basterebbe che raccogliesse pochi seggi in Parlamento tra deputati non affiliati, sparsi e di vario colore, per sopperire alla mancanza dei seggi che mancherebbero. È una strategia alla quale da oggi i lepenisti si applicheranno promettendo ad indipendenti e destristi vari privi di un gruppo un qualche ruolo nella nuova compagine governativa.
Di certo c’è che la Francia sta cambiando dopo una marcia durata qualche decennio. E se le cose dovessero andare come ritiene la bionda signora della destra indiscutibilmente cambierà in parte anche l’Europa considerando i sommovimenti radicali che in tutte le famiglie politiche, soprattutto ad est, stanno avvenendo.