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L’incerto futuro della candidatura di Biden. Gli scenari di Graziosi

Il rischio è che, chiunque sia alla fine il candidato presidenziale, l’Asinello si ritrovi diviso, sia in termini di base che di truppe parlamentari, tra “bideniani” e “anti-bideniani”: uno scenario, questo, che potrebbe seriamente azzoppare il partito alle elezioni di novembre

Continua a restare in bilico il futuro della candidatura di Joe Biden. Il presidente ha, sì, ricevuto formalmente il sostegno dei leader democratici di Senato e Camera, Hakeem Jeffries e Chuck Schumer. Tuttavia le crepe in seno all’Asinello stanno aumentando. Sette deputati dem hanno chiesto esplicitamente un passo indietro del presidente, mentre vari altri hanno espresso dubbi sulle sue chances di rielezione. Anche il sostegno da parte dell’ex Speaker della Camera, Nancy Pelosi, appare tutt’altro che granitico. “Spetta al presidente decidere se candidarsi. Lo stiamo tutti incoraggiando a prendere questa decisione. Perché il tempo stringe”, ha affermato. La situazione non migliora al Senato. “Biden deve rivalutare se è il candidato migliore per farlo. Secondo me, non lo è”, ha scritto sul Washington Post il senatore dem, Peter Welch, mentre alcuni suoi colleghi si sono detti assai scettici sulle possibilità di vittoria di Biden a novembre.
A peggiorare il quadro per il presidente sta il fatto l’entourage di Barack Obama continua i suoi sforzi per silurarlo. Negli scorsi giorni, vari ex advisor dello stesso Obama, come David Axelrod e Van Jones, hanno aspramente criticato Biden e le sue chances di riconferma. Inoltre, pochi giorni fa, l’ex portavoce della Casa Bianca Jen Psaki – anche lei assai vicina all’ex presidente dem – ha ammesso che ci sono “domande legittime” sul destino politico di Biden. Tutto questo, mentre George Clooney, che intrattiene strettissimi legami con Obama, ha pubblicamente chiesto un passo indietro all’attuale presidente, nonostante, appena il mese scorso, raccogliesse fondi elettorali per lui. Obama sta, insomma, muovendo il suo potente network per spingere Biden a farsi da parte. Il presidente tuttavia non ha intenzione di ritirarsi, spinto dai suoi consiglieri più stretti e, soprattutto, dai famigliari. Chi si sta opponendo con le unghie e con i denti al siluramento sono infatti la moglie, Jill, e il figlio, Hunter. Questi ultimi due, in particolare, avrebbero acquisito un peso politico significativo in seno all’amministrazione e alla stessa campagna del presidente: una circostanza che, secondo Nbc News, avrebbe irritato lo staff della Casa Bianca.
La strategia con cui Biden sta provando a resistere è quella di presentarsi come il candidato della base che si batte contro le manovre delle “élites”. “Solo gli elettori decidono il candidato del Partito democratico. Come possiamo sostenere la democrazia nella nostra nazione se la ignoriamo nel nostro stesso partito?”, ha scritto il presidente in una recente lettera indirizzata ai parlamentari del suo partito. Da un certo punto di vista, la posizione di Biden ha un senso: effettivamente non è stato seriamente sfidato alle primarie e giustamente rivendica di aver ormai matematicamente blindato la nomination. Dall’altra parte, non è però detto che il presentarsi come candidato antisistema si rivelerà efficace. Alle primarie dem del 2020 Biden era infatti il principale rappresentante di quell’establishment partitico con cui oggi è ai ferri corti: un establishment che, all’epoca, favorì la sua candidatura, pur di arginare quella di Bernie Sanders.
Resta comunque il fatto che il Partito democratico si sta spaccando sempre di più. E, qualora Biden dovesse fare un passo indietro e la scelta del successore dovesse essere lasciata alla Convention nazionale di agosto, non è escluso che una parte dell’elettorato dem possa irritarsi, vedendo le primarie de facto bypassate. Il rischio è che, chiunque sia alla fine il candidato presidenziale, l’Asinello si ritrovi diviso, sia in termini di base che di truppe parlamentari, tra “bideniani” e “anti-bideniani”: uno scenario, questo, che potrebbe seriamente azzoppare il partito alle elezioni di novembre.

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