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Ucraina, minacce ibride e Sahel. Borrell spiega il contributo Ue alla Nato

L’intervento di Borrell al Nato Public Forum è stata l’occasione per l’Europa di sottolineare i suoi passi avanti e la sua importanza per la sicurezza euro-atlantica. Guida nel supporto a Kyiv, nelle minacce ibride e nel Sahel, ma “non esiste alternativa alla Nato per la Difesa territoriale”

Nel corso del secondo giorno del Nato Public Forum (di cui Formiche è stato media partner per l’Italia: potete trovare le repliche a partire da questo link) si è tenuto l’intervento di Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vice Presidente della Commissione europea, moderato dall’americanissima Heather A. Conley (presidente del German Marshall Fund). Si è trattato di una posata dimostrazione delle aspettative Usa verso l’Unione europea: capacità di difesa autonoma, volontà di farlo, contributo paritetico sulle aree ibride, aiuto all’Ucraina e allineamento con la Nato. Borrell è il più alto diplomatico dell’Ue e ha saputo districarsi da situazioni a tratti spinose. 

A proposito dell’assistenza all’Ucraina, Borrell ha precisato: se è vero che gli Usa sono (di gran lunga) il principale fornitore di assistenza militare, l’Ue e i suoi membri sono quelli che hanno fornito il contributo maggiore allo sforzo di Kyiv (110 miliardi di euro, di cui 40 in assistenza militare). Niente di strano, visto che “il futuro della sicurezza d’Europa sarà determinato in Ucraina”. 

Nessuna parafrasi diplomatica, però, può mutare la realtà circa l’incapacità europea di esercitare la deterrenza contro Mosca: “Non c’è alternativa alla Nato per la Difesa territoriale”, perché “siamo molto lontani dal poterci difendere da soli”, ha ammesso Borrell, anche se “la volontà ci sarebbe”. 

Un Alto rappresentante molto allineato con la Nato, quindi, dichiarando pure che, per certi versi, “l’Unione europea esiste all’interno della Nato” (poiché quasi tutti i suoi membri fanno parte del Patto Atlantico, che ha un’estensione territoriale maggiore). Al contempo, alla domanda della presidente Conley sul se stesse parlando di un “pilastro europeo all’interno della Nato”, Borrell ha tenuto a precisare anche che si tratta di più di questo. “Se gli Stati europei sono più forti la Nato è più forte, ma parliamo anche di capacità di curare i nostri interessi quando la Nato non si mobilita”. L’Alto rappresentante, infatti, non si immagina che la Nato possa intervenire direttamente nel Sahel (i.e., il fianco Sud che tanto interessa all’Italia), poiché “non è stata disegnata per questo”. 

L’opportunità del contributo dell’Ue alla sicurezza euro-atlantico-mediterranea va oltre un’aggiunta geografica, e copre il terreno ibrido. Qui, piena sintonia tra le due sponde dell’Atlantico: gli Usa si rendono conto che la Nato è uno strumento militare e, come tale, inadatto a gestire le minacce ibride, guerra condotta sotto la soglia del conflitto armato. L’Ue, al contrario dell’Alleanza Atlantica, è un’organizzazione internazionale (sovranazionale, a dire il vero) “a tutto tondo”, che dispone, pertanto, di un set di strumenti completo, atto a gestire le minacce ibride meglio della Nato. Non solo, la filosofia di intervento “soft” dell’Ue, diversa da quella più prettamente militare degli Stati Uniti, può andare ad aiutare gli Usa stessi. Borrell, qui, ha rassicurato l’audience di Washington: l’Europa farà la sua parte. 

In ultimo, l’Alto rappresentante dell’Ue ha dovuto spendere le solite rassicurazioni sul rispetto delle prerogative sovrane in materia di Difesa: “l’obiettivo non è l’esercito europeo”. D’altra parte, “mentre voi avete un solo Pentagono”, “noi dobbiamo rafforzare la nostra base industriale e ridurre la frammentazione”. Senza sostituire il mantra delle 27 diverse Forze armate, questo si fa incentivando acquisti congiunti, il che, a sua volta, richiede risorse finanziarie per l’Unione. Importante sottolineare che, facendo l’esempio dei carri armati, Borrell ha parlato di “2 o 3 modelli” – indicazione per il futuro carro europeo e il futuro caccia, nel segno di una salvaguardia della competitività dell’industria della Difesa europea e della sua resilienza. Forse, quindi, meglio cominciare a usare il plurale per il caccia e il carro di prossima generazione, senza tentare difficili unioni con mezza dozzina di partner: l’Italia è ben piazzata, con il partenariato Leonardo-Rheinmetall e il Global Combat Air Programme.


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