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Ora il centro se lo giocano Pd e FdI (ma occhio a Forza Italia). La versione di Adornato

L’ipotesi di un partito centrista autonomo è deflagrata perché non ci sono stati interpreti all’altezza del compito. Ora, sono i principali partiti delle due coalizioni – Pd e FdI – a potersi giocare le istanze centriste. Ma non sarà un processo facile. Forza Italia può essere una risposta credibile. In questo momento risponde con più determinazione alla volontà di Salvini di dettare l’agenda. E l’opposizione non è pronta a governare. Colloquio con l’ex parlamentare Ferdinando Adornato

Il Centro è indispensabile, ma allo stato dei fatti il progetto di una formazione centrista è deflagrato. L’apertura di Matteo Renzi all’ipotesi del campo largo e la ripetizione – come un tormentone estivo – dell’assenza di veti da parte del Pd fa immaginare che questa volta sia convinto a starci nella variopinta coalizione di centrosinistra. Fino alla prossima piroetta. “Ma il fronte popolare in Italia non può funzionare, lo abbiamo già visto varie volte. Il caso del 2006 è emblematico. Mi pare che a questo punto l’unica soluzione per intercettare l’elettorato centrista sia in capo ai due principali partiti degli schieramenti contrapposti”. A dirlo a Formiche.net è l’ex parlamentare, giornalista e saggista Ferdinando Adornato.

L’idea di un partito di centro è definitivamente tramontata?

C’era molta gente che contava sulla nascita di un centro riformista e liberale. Un progetto che, tuttavia, non ha avuto interpreti all’altezza. Dunque, con amarezza, occorre prendere atto che il progetto sia fallito. Renzi con le sue uscite sembra averne preso atto.

E ora quale sarebbe la responsabilità in capo ai due principali partiti delle coalizioni?

Il centro è fondamentale. Per cui nel centrosinistra il Pd dovrebbe assumerne le istanze per lo meno in parte. Dico questo pur nella consapevolezza che la segretaria Elly Schlein sia piuttosto refrattaria. Per cui, si tratta di uno scenario improbabile.

Resta il centrodestra…

Qui si aprono due possibili scenari. O il partito di Giorgia Meloni intraprende un percorso evolutivo che riesca a far propri i contenuti del centro, non necessariamente abbandonando la sua identità ma sicuramente aprendosi a temi più strettamente liberal-democratici. Oppure sarà Forza Italia a dover riacquisire, come negli auspici di Antonio Tajani (oltreché probabilmente della famiglia Berlusconi), centralità e forza per dare voce al popolo centrista.

In questo momento c’è grande fermento tra gli azzurri. Le dichiarazioni del governatore Occhiuto sull’Autonomia differenziata aprono una serie di ragionamenti interni alla maggioranza. C’è il rischio di una rottura o è una volontà di marcare ulteriormente una differenza rispetto agli alleati?

Gli azzurri stanno dimostrando di voler reagire con maggiore determinazione al guastatore Matteo Salvini. Non prevedo strappi. Certo è che Forza Italia non si vuol far dettare l’agenda politica sui suoi temi dal Carroccio.

Le forze di opposizione, ammesso e non concesso che riuscissero a coalizzarsi davvero, sarebbero pronte a governare?

Mi sentirei di escluderlo. O meglio: potrebbero fare una coalizione larga e potenzialmente competitiva al cospetto delle urne. D’altra parte anche Totò diceva che è la somma a fare il totale. Tuttavia le divergenze tra le varie forze sono talmente profonde e strutturali che renderebbero impossibile qualsiasi ipotesi di governo stabile.

Alcune divergenze esistono anche tra le forze di maggioranza. Secondo lei l’agenda di riforme su cui questo governo ha puntato rappresenterà un elemento di tensione fra le forze di maggioranza?

Non credo. Anzi, il paradosso è che queste riforme – di cui il Paese necessita – saranno il casus belli, per l’opposizione, funzionale a descrivere la maggioranza come la peggiore in assoluto. Una demonizzazione strumentale che rischierà, ancora una volta, di bloccarle queste riforme. Fermo rimanendo che a sinistra dovrebbero ricordarsi che il processo di Autonomia iniziò con la proposta di revisione del Titolo V, mentre il premierato nacque in seno alla parte politica da cui adesso si levano cori di indignazione. La proposta del presidenzialismo nasce a sinistra: i precedenti di Salvi, Segni e Renzi sono eloquenti in questo senso. Il centrodestra, infatti, è sempre stato molto più “legato” allo schema del semipresidenzialismo francese.



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