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In Cina la fiducia non si ricostruisce tagliando i tassi

Nonostante il taglio a sorpresa del costo dei denaro, le Borse asiatiche sono rimaste fredde. Segno che dalla terza plenaria del partito ci si aspettava di più. E molto

La sensazione, a pochi giorni dalla chiusura del plenum (la riunione dei più importanti membri del partito), è che si sia persa l’ennesima occasione buona. E forse è stato proprio così. Niente sterzata, niente svolta, ma puro e semplice mantenimento dello status quo. In buona sostanza, continuare a puntare sugli investimenti e l’industria, come avvenuto finora, ma con una grossa differenza. Anziché sviluppare i settori tradizionali dell’industria cinese (l’acciaio, le grandi infrastrutture), il governo vuole rafforzare la crescita di settori nuovi, più tecnologici e più strategici, come per esempio quello delle automobili elettriche.

Di fatto, nella testa di Xi Jinping c’è la voglia di rimanere fabbrica del mondo. Questo sembrerebbe aver deluso gli investitori, che forse si aspettavano azioni concrete per una maggiore liberalizzazione del mercato. La prova? La reazione, piuttosto fredda, dei mercati al taglio dei tassi operato dalla Pboc, per offrire al sistema interbancario un cuscinetto di liquidità: ben 93 miliardi di dollari. Più nel dettaglio, la Banca centrale del Dragone ha deciso a sorpresa di tagliare di 10 punti base, al 3,35%, il Loan prime rate (Lpr) a un anno, il parametro di riferimento per la maggior parte dei prestiti alle imprese e alle famiglie, per sostenere la fragile economia del Paese.

Eppure, il taglio a sorpresa dei tassi in Cina, che gli analisti non si aspettavano, non ha avuto effetti particolari sulle borse di Asia e Pacifico, che si aspettavano misure di stimolo più consistenti per far fronte alla frenata dell’economia del Dragone. Tokyo ha ceduto l’1,16%, Taiwan il 2,68%, Seul l’1,14% e Sidney lo 0,5%. Insomma, lo scetticismo sembra imperare. E a ben donde: la banca centrale taglierà anche i tassi, ma la Cina sconta seri problemi di credibilità, anche interni. Un esempio? I dubbi di tutti quei risparmiatori rimasti con il cerino in mano all’indomani del fallimento di Evergrande.

Quasi tre anni dopo il più drammatico crack della storia recente cinese, sono ancora migliaia gli obbligazionisti che aspettano i ristori. Nella sola provincia di Hunan, il governo locale alla fine dello scorso anno ha identificato 45 progetti di Evergrande rimasti incompiuti, come scheletri nel deserto.


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