Il viaggio della premier analizzato dall’ambasciatore, già consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano: “È importante che ci sia stata questa visita e che si stia cercando di colmare un gap commerciale che si era accentuato subito dopo lo strappo della Via della Seta. Si tratta di ricucire e di ritrovare delle strade di cooperazione e seguendo la formula che ormai è adottata nel mondo occidentale”
Vi sono degli interessi economici su cui i singoli Paesi lavorano e accanto ad essi ci sono dei rischi politici che vanno gestiti in maniera diversa, a seconda di quali sono le posizioni politiche dei due soggetti al tavolo. Commenta così l’ambasciatore Rocco Cangelosi, già rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles e consigliere diplomatico del Presidente Giorgio Napolitano, la visita di Giorgia Meloni in Cina, la prima dal suo insediamento a Palazzo Chigi.
Mantenere con la Cina un canale aperto, dopo l’uscita dell’Italia dal memorandum della Via della Seta: come ci riuscirà Giorgia Meloni, anche dopo la visita di questi giorni?
In primo luogo la presidente del Consiglio si è recata in Cina per rimediare allo strappo dell’uscita dalla Via della Seta. Già il ministro Tajani l’aveva preceduta lo scorso anno e adesso effettivamente, tenuto conto degli interessi che l’Italia ha con la Cina, occorre riequilibrare la bilancia commerciale, che è molto a favore della Cina. Gli investimenti italiani sono maggiori in Cina di quanto non lo siano quelli cinesi in Italia e quindi questa visita era non dico dovuta, ma molto opportuna. Adesso l’Italia cercherà di rilanciare una cooperazione alternativa. Si tratta del vecchio partenariato strategico accanto ad un programma triennale di investimenti. Sono stati indicati sei settori, principalmente quello industriale, della protezione alimentare, degli Ogm, della protezione ambientale. Questi i settori principali sui quali si dovrebbe sviluppare la nostra azione. Però quello che credo sia importante è trovare un’intesa.
Su cosa?
A noi interessa molto l’auto elettrica. Sappiamo bene che c’è l’interesse a che ci sia un investimento cinese in questo settore, pur a determinate condizioni, che preservino ricerca e sviluppo da una parte e dall’altra assicurino l’uso della componentistica italiana. Si tratta di un discorso molto importante da parte cinese, peraltro c’è la preoccupazione di un’intesa sui dazi: questo è uno dei punti principali. D’altra parte la Cina, con il mini tour in Francia, Ungheria e Serbia, aveva già fatto capire che ha un interesse specifico per questa area e per poter mantenere aperto il mercato unico europeo.
La Cina, ha detto Meloni a Xi, è un interlocutore inevitabile “per ragionare insieme su come garantire stabilità, pace, un interscambio libero”. Partiamo dall’Ucraina: come comporre un tavolo diplomatico?
Certamente la Cina può svolgere un ruolo importante nei confronti di Putin per portarlo a un tavolo negoziale, quindi diventa un interlocutore indubbiamente inevitabile. La pace si potrà ottenere, io penso, con l’intervento sia della Cina che degli Stati Uniti. Sono gli interlocutori ineludibili sui quali bisogna fare affidamento. Quanto poi alle modalità di come l’accordo si possa realizzare questo è tutto da vedere: vi sono dei segnali e non si parla più, come precondizione per l’avvio dei negoziati, del ritiro dei territori occupati. Ciò già può essere un elemento che aiuta l’apertura del dialogo. Ci troviamo però in una fase di attesa, credo in virtù delle elezioni americane. Aggiungo che ci sono molti contatti informali anche tra Stati Uniti e Russia. Tenuto conto della situazione drammatica in atto, registro una serie di iniziative sotterranee. E la Cina certamente ha un ruolo molto importante.
Quale il ruolo dell’Italia?
Nella misura in cui si presenta in questo quadro come presidente del G7 e come membro dell’Unione europea, l’Italia può giocare un ruolo primario, mentre da un punto di vista bilaterale il ruolo dell’Italia, come di ogni altro paese europeo, è molto ridotto. Ho visto con piacere che a un certo punto la premier ha fatto riferimento ai rapporti equilibrati che ci devono essere, quindi alla libertà di commercio, al rispetto delle regole dell’Omc, ovvero la parità di condizioni sia per gli investitori cinesi in Europa sia per gli investitori italiani europei in Cina. Si tratta di elementi che, se portati avanti come un’esigenza non solo italiana ma dell’Unione Europea, possono avere il loro peso, come possono avere il loro peso poi gli accordi che potranno sorgere in ambito Ue per quanto riguarda l’approccio sulla questione dei dazi che può diventare drammatica.
In che senso?
In caso di una presidenza Trump potrebbe verificarsi la realizzazione di tutte promesse che ha fatto in materia di dazi, non solo nei confronti della Cina, ma anche nei confronti dell’Europa, soprattutto in un settore delicato come quello automobilistico.
L’obiettivo numero uno, ha aggiunto la presidente del Consiglio, è quello di colmare l’export. Come? Serve un paniere di progetti, come per esempio il piano triennale annunciato ieri?
Certamente. Bisognerà riempire il paniere che al momento non dico sia vuoto, ma insomma deve essere riempito strada facendo: sarà utile individuare i settori che possono interessare particolarmente la Cina. Sappiamo che negli ultimi c’è stato un aumento notevole di export italiano soprattutto nel settore dei prodotti chimici, farmaceutici, macchinari e prodotti alimentari, per non parlare del settore del lusso dove l’Italia ha una delle nicchie di eccellenza che hanno molta fortuna in Cina. Per aumentare l’import cinese è necessario far capire alle imprese italiane che si sta creando una situazione più favorevole e che il clima sta cambiando. Quindi possiamo far parte dei loro investimenti e dare l’impressione che i prodotti italiani possono portare un valore aggiunto alla Cina e, in compenso, da parte italiana si potrà collaborare in tutta un’altra serie di settori. È importante insomma che ci sia stata questa visita e che sia stia cercando di colmare un gap commerciale che si era accentuato effettivamente subito dopo lo strappo della Via della Seta. Quindi si tratta di ricucire e di ritrovare delle strade di cooperazione e seguendo la formula che ormai è adottata nel mondo occidentale con la Cina.
Ovvero?
Avere relazioni commerciali tramite un approccio che tenga al centro le questioni economiche (derisking anziché decoupling). Ci sono degli interessi economici precisi e su questi interessi economici i vari Paesi lavorano, ma poi ci sono dei rischi politici e questi vanno gestiti in maniera diversa, a seconda di quali sono le posizioni politiche dei due soggetti al tavolo. In conclusione, direi che tali intese sono certamente benvenute purché non siano in contrasto con la politica commerciale della Ue.