La sinistra francese si sta sfaldando. A Mélenchon interessa di più essere il primo oppositore di Bardella piuttosto che appoggiare l’inquilino dell’Eliseo. Il Rn è riuscito ad accreditarsi come partito credibile, dando voce agli ultimi e tagliando i ponti col passato. Se ci sarà un governo Le Pen-Bardella, ci saranno nuovi problemi con l’Italia di Giorgia Meloni. Molto dipenderà da quello che farà la premier italiana in Europa. Colloquio con il saggista Marco Valle
Mentre tra sinistre e Macron si registra un’impennata di desistenze – sono oltre duecento – Marine Le Pen alza il livello dello scontro con l’Eliseo. L’aria è tesissima e il secondo turno delle elezioni francesi lascia presagire una conflittualità piuttosto accesa. Il Rassemblement National sbanca al primo turno e, con ogni probabilità, il giovane Jordan Bardella sarà destinato a essere l’attore della coabitazione con la presidenza macronista. Sullo sfondo – ma neanche troppo – si fa sempre più sentire la voce della protesta che Jean-Luc Mélenchon, dalla prospettiva della sinistra radicale, si è incaricato di rappresentare. Con Marco Valle, giornalista, saggista e attento osservatore delle dinamiche francesi, abbiamo cercato di analizzare quali potranno essere i possibili scenari da qui al secondo turno e, in questa prospettiva, come potrà cambiare il rapporto tra il nostro Paese e la Francia.
Partiamo dalle ragioni della sconfitta della sinistra. Per lo meno quella più “istituzionale”. Quali sono le motivazioni che hanno portato a questo risultato?
Già dagli anni ’80 la sinistra, anche in Francia, ha abdicato alla sua ragione sociale abbandonando i ceti più fragili che, tra le altre cose, sono quelli che maggiormente soffrono ad esempio il problema dei flussi migratori. Parallelamente, il Rassemblement National ha fatto diversi passi avanti e si è affermato sempre di più come partito “credibile” abbandonando alcune ombre pesanti del passato.
Si riferisce al legame tra il fondatore e Vichy?
È un clamoroso falso storico il legame tra Vichy e Le Pen. Il vecchio Jean Marie è il prodotto della decolonizzazione e del populismo francese, non del regime. A ogni modo, la cesura con il passato intrapresa da Marine è stata senz’altro positiva in termini elettorali.
Verrebbe da dire: dalla questione privata alla ragione di Stato.
Il “parricidio” è stato solo uno dei passi compiuti da Marine. Lei ha saputo accreditarsi innanzitutto cambiando il nome al partito, da Front a Rassemblement, ha avviato un processo di de demonizzazione del partito, laicizzandolo al massimo grado. Tant’è che sulle questioni etiche il RN è molto freddo. Ma, soprattutto, è riuscito a dare voce a quegli ultimi che la sinistra ha dimenticato.
A questo punto cosa c’è da aspettarsi?
Il Rn riesce ad avere la maggioranza relativa senz’altro. Poi, bisognerà capire come arrivare a quella assoluta. L’operazione Ciotti è molto interessante in questo frangente. Comunque penso che il governo riusciranno a crearlo senza grosse difficoltà. A quel punto, si apre la coabitazione.
E Mélenchon appoggerà Macron?
Nella maniera più assoluta no. Mélenchon è un personaggio molto particolare, con posizioni estreme e radicali. Un anti-israeliano, anti atlantista e che cerca di essere la voce degli stessi ultimi – le banlieue, tanto per intenderci – che la sinistra più moderata ha smesso di rappresentare. È questo il suo elettorato di riferimento, non la minoranza dei radical chic. Elettoralmente potrebbe superare Macron, ma non vuole entrare al governo. Preferisce attestarsi come primo oppositore del prossimo esecutivo guidato da Bardella.
Con un governo Bardella-Le Pen come si modificherebbero i rapporti con l’Italia di Giorgia Meloni?
I problemi sarebbero diversi da quelli sorti adesso con Macron. Ma ce ne sarebbero altri, comunque.
A cosa si riferisce nello specifico?
Innanzitutto esiste un problema di simpatia che tra Meloni e Le Pen non c’è. In più, c’è un tema di sensibilità. Le Pen ha un filo diretto con Salvini, guarda con interesse alla proposta dei Patrioti avanzata dal presidente Orban. Gode dell’appoggio dei sovranisti olandesi e, se tutto va come sembra, anche l’Austria (in cui si voterà a settembre) potrebbe avvicinarsi molto alle sue posizioni. Che non sono quelle di Meloni.
Meloni resta leader del gruppo dei conservatori europei.
Sì, ma le sue posizioni sono molto più aderenti alla linea del Ppe. Tanto dei rapporti con il nuovo governo francese dipenderà da quello che Meloni farà con Ursula von der Leyen. Certo è che la sensibilità su alcune questioni – l’adesione alla linea Nato, la guerra in Ucraina e l’atlantismo spinto di Meloni – non sono per nulla affini a quelle di Le Pen.