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Contro le destre, tutti insieme allarmatamente. La lettura di Cangini

Sorprende, nel constatare la reazione diffusa, la mancanza di analisi politica. Ci si interroga su come fermare aritmeticamente le destre, non ci si interroga sulle ragioni sociali della loro avanzata. Tutti parlano di numeri, quasi nessuno di politica. Il commento di Andrea Cangini

La travolgente avanzata del Rassemblement National in Francia e la probabile vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti hanno fatto scattare anche in Italia la consueta chiamata alle armi di tutte le forze alternative alle destre. Un vibrante appello all’unità che sembra aver fatto sfumare di colpo ogni divergenza politica, ogni differenza culturale, ogni antagonismo personale.

La segretaria del Pd Elly Schlein e il capo della minoranza interna Stefano Bonaccini parlano oggi un’unica lingua e teorizzano un’identica strategia. Una strategia che, in verità, sa tanto di tattica. Serve un campo largo? Macché, larghissimo! Ecco la strategia. La predicano tutti, ormai. E chi non lo dice presto lo dirà.

C’è infatti da credere che, dopo la debacle delle europee, il clima imperante da ultima spiaggia democratica consentirà alle forze centriste, ex terzopoliste calendian-renziane, di giustificare un radicale cambio di rotta fino a rassegnarsi ad orbitare strutturalmente attorno al detestato Pd, a sua volta auspicabilmente alleato col disprezzato Conte, con l’ideologico Bonelli, con la traditrice Bonino, con l’illiberale Fratoianni… Tutti insieme allarmatamente.

Sorprende, nel constatare tale reazione diffusa, la mancanza di analisi politica. Ci si interroga su come fermare aritmeticamente le destre, non ci si interroga sulle ragioni sociali della loro avanzata. Tutti parlano di numeri, quasi nessuno di politica.

Tra i commenti odierni, balzano agli occhi due eccezioni. Due uomini di sinistra, anche e se di due sinistre diverse. Sul Corriere della Sera, Federico Rampini attribuisce l’exploit delle destre allo snobismo e al politicamente corretto che hanno impedito e impediscono alla sinistra di dare il giusto peso alla minaccia identitaria e sociale rappresentato da un’immigrazione incontrollata. Sull’Huffington Post, Stefano Fassina lo attribuisce alla “precarizzazione del lavoro” e al “bisogno di protezione sociale e identitaria”.

Sono solo due delle possibili chiavi di lettura, ma è interessante notare che, pur nella loro diversità, entrambe considerano centrale il tema dell’identità. Quell’identità che con ogni evidenza manca e fatalmente mancherà al nuovo, vecchio fronte popolare delle sinistre italiane vigorosamente antifasciste e sinceramente democratiche.

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