Il proprietario di X si è speso pubblicamente per il candidato repubblicano e ora vorrebbe investire 45 milioni di dollari al mese nel nuovo Super Pac per contrastare Biden e i democratici. I rancori tra i due tycoon sono un ricordo lontano, abbandonato per far spazio a una collaborazione che, se il candidato del Gop dovesse tornare alla Casa Bianca, si trasformerebbe in alleanza
Quello che ti aspetti dal proprietario di un social network come X è imparzialità. O quantomeno distacco dal commento politico, senza giudizi che possano in qualche modo influenzare l’opinione pubblica. Elon Musk non soltanto si espone, ma è persino pronto a diventare uno dei maggiori donatori della campagna presidenziale di Donald Trump, un uomo con cui ha avuto un passato controverso, fatto di amore, odio e adesso una nuova intesa suggellata dall’investimento del tycoon sudafricano naturalizzato americano. Musk ha annunciato infatti di voler versare 45 milioni di dollari al nuovo Super Pac del candidato repubblicano, America Pac, fondato il mese scorso per contrastare il Partito Democratico.
Soprattutto sul suo principale punto di forza alle elezioni, il voto anticipato. Storicamente, i progressisti vanno molto forti nel voto postale: ne sa qualcosa Trump stesso, che ha provato questa verità sulla sua pelle quattro anni fa. Anche negli ultimi mesi lo staff di Joe Biden ha speso milioni di dollari, soprattutto negli Swing States dove si decide l’elezione. Per cui serve una contromossa per convincere i cittadini a votare repubblicano.
Dentro America Pac ci sono anche il co-fondatore di Palantir Technologies Pltr, Joe Londsale, l’ex ambasciatrice degli Stati Uniti in Canada, Kelly Craft, e suo marito nonché amministratore delegato del produttore di carbone Alliance Resource Partners, Joe Craft, e i gemelli Winklevoss, che a maggio avevano già sborsato 2 milioni per Trump.
A dare la notizia è stato il Wall Street Journal, soffermandosi sulla portata dell’investimento di Musk. Fino ad adesso, la cifra più alta toccata per una singola donazione in questa campagna ammonta a 50 milioni di dollari, mentre l’America Pac ha racimolato 8,5 milioni da aprile a giugno. Con questa nuova iniezione di denaro, potrà strutturare la macchina elettorale al meglio.
I rancori tra i due sembrano dunque un ricordo lontano, abbandonati per far tornare il sorriso come un tempo. Il legame tra Trump e Musk è stato a dir poco altalenante: buono durante il mandato presidenziale, pessimo quando il leader del GOP ha abbandonato la Casa Bianca. I due sono diventati persino concorrenti, visto che uno ha deciso di acquistare l’ex Twitter e l’altro, avendo il profilo bloccato a causa dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio, è stato costretto a fondarsi il suo social, Truth. Se Trump lo definiva un “artista di ca***te” e raccontava che quando sedeva nello Studio Ovale avrebbe potuto ordinargli di “Inginocchiarsi e implorami”, Musk gli consigliava di “appendere il cappello al chiodo” e farsi da parte, paragonandolo anche al vecchio Abe Simpson. Un riavvicinamento tra i due si era verificato quando il proprietario di Tesla aveva proposto all’ex presidente di tornare su X, un’offerta rispedita al mittente.
Ora invece è tutto come prima. Dopo il tentato omicidio di sabato durante il raduno in Pennsylvania, Musk è uscito definitivamente allo scoperto esprimendo “pieno sostegno al presidente Trump” a cui augurava una “rapida guarigione”. Il suo post ha ottenuto oltre 118 milioni di visualizzazioni e 332mila condivisioni, diventando quello con più engagement sull’argomento, superando anche Barack Obama.
In generale, il miliardario di Pretoria è stato solo uno degli imprenditori della tecnologia a spendersi per il former president, riprendendo persino alcune teorie del complotto sorte in seguito al fallito attentato, scagliandosi contro l’inefficienza del Secret Service e rimproverando il donatore democratico Reid Hoffman, anche lui nel campo dell’hi-tech. Durante un dibattito con Peter Thiel, Hoffman aveva detto che avrebbe davvero voluto vedere Trump come “un martire”. Parole pronunciate prima che il ventenne Thomas Matthew Crooks premesse il grilletto contro il tycoon di Manhattan, ma che sono state subito riprese per denunciare la violenza dei democratici.
Se prima Musk aveva timore a esporsi per Trump, spiegando piuttosto che aveva smesso di votare democratico per passare ai repubblicani ma sottolineando che non aveva votato per il leader del GOP, ora è il suo primo sostenitore. Lo fa partendo da un fatto increscioso, ossia il tentato assassinio di Trump, con una prospettiva per il futuro. Era sempre il Wall Street Journal a raccontare come si siano incontrati nei mesi appena passati per parlare di argomenti legati all’economia, all’immigrazione, alla scienza e ovviamente alla tecnologia. Nelle idee di Trump c’è quella di elevare Musk a suo consigliere. Ma prima quest’ultimo deve aiutarlo a tornare alla Casa Bianca.