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Forza Italia gioca al Centro, Renzi è realista. Usa2024? Scontro di civiltà. Parla Panarari

Renzi aprendo all’alleanza con Schlein e il campo largo si dimostra realista e fa leva sul cattivo rapporto tra i leder del centrosinistra e Calenda. Ora la prateria centrista è senza un reale leader che ne interpreti le istanze. In questo Forza Italia, che si smarca dal governo attraverso la voce di alcuni dirigenti sull’Autonomia, può giocare un ruolo interessante. Usa 2024? Se vince Trump l’Ue sarà un competitor. Colloquio con il sociologo di UniMoRe, Massimiliano Panarari

Prove di legittimazione o delegittimazione. Scegliete voi. Quel che certo è che in questa fase tumultuosa, il Centro appare più che altro un guazzabuglio di primi attori senza palcoscenico. O, peggio, senza uno spartito credibile. Questa mattina il deputato di Italia Viva, Luigi Marattin su Repubblica spiega che la scelta di Matteo Renzi di optare per il centrosinistra è del tutto personale. Ma soprattutto apre a un possibile ragionamento con Forza Italia per una formazione “lontana dai populismi”. Al di là delle ambizioni personali del deputato, è evidente che questa sarà “l’estate del centro”. La stagione durante la quale “in tanti cercheranno di intercettare il voto centrista dopo il fallimento del terzo polo”. Lo dice a Formiche.net il sociologo e docente dell’Università di Modena e Reggio, Massimiliano Panarari.

Matteo Renzi, come suo solito, prima con la foto con Schlein e successivamente con l’apertura all’adesione al campo largo, ha scompaginato gli assetti politici. Che succederà ora?

Il leader di Italia Viva è un realista. Ha constatato che l’idea di un terzo polo, in assenza di leadership alternativa alla sua e a quella di Calenda è impossibile. Per cui ha scelto di lanciare un segnale. E il suo obiettivo è quello di rappresentare l’elettorato centrista, ma in seno allo schieramento di sinistra-centro.

È un’ammissione neanche troppo celata che il bipolarismo è l’unico schema politico percorribile.

È una presa di coscienza dello stato dei fatti. In questa fase è difficilmente immaginabile qualsivoglia proposta politica al di fuori dello schema del bipolarismo. Nel suo “gioco” Renzi per rafforzare la sua posizione di apertura verso il campo largo sfrutta anche la difficoltà dei rapporti tra Calenda e gli altri partner della coalizione.

Anche a destra i rapporti non sono propriamente distesi. Sull’Autonomia in particolare, da Forza Italia sono arrivati segnali di insofferenza. Che cosa c’è da aspettarsi?

Occhiuto esprime le sue critiche verso questa riforma da diverso tempo. Si tratta di qualcosa di estremamente identitario per il Carroccio ma mal sopportato dagli azzurri e tollerato da Fratelli d’Italia. Questo accentua la competizione tra Lega e Forza Italia ma sicuramente posiziona gli azzurri in modo interessante.

Sempre per via dell’ “occupazione” del Centro?

Sicuramente all’interno di Forza Italia c’è un dibattito ampio su questo tema, tanto più che esiste la consapevolezza di una grande domanda centrista. Per Forza Italia, storicamente radicata al Nord, in questo momento diventa fondamentale l’elettorato meridionale. Per cui è anche in questa logica che va letta la posizione espressa da Occhiuto. Che peraltro è uno degli uomini più credibili e autorevoli all’interno del partito.

Facciamo un salto oltre oceano. Harris ha ufficializzato la sua candidatura per la Casa Bianca. Che campagna elettorale sarà?

Penso che Usa 2024 rappresenterà una battaglia di civiltà da cui dipenderà, per molti versi, anche il futuro dell’Occidente, della Nato e dell’Europa di conseguenza. L’eventuale vittoria di Trump – che si è scelto Vance come vice – aprirà una stagione nella quale l’Ue sarà identificata più che altro come un competitor. E questo per il Vecchio Continente sarà un grosso rischio. A maggior ragione a fronte di una diffusa simpatia per Putin tra alcuni esponenti dei partiti della destra europea e con la politica estera inaccettabile condotta da Orban.

E nel caso della vittoria di Harris?

È una sfida in salita. Ma mi aspetterei una presidenza in sostanziale continuità con quella di Joe Biden. Un grande presidente a livello interno. Anche in politica estera, va detto, ha fatto tutto quanto in suo potere per tenere salda l’alleanza atlantica. Rafforzando, peraltro, anche il rapporto con l’Europa.

Ora toccherebbe all’Europa contare di più.

Occorrerebbe rafforzare il motore franco-tedesco. E, su questo, l’Italia avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale se la presidente Meloni non avesse fatto una scelta da leader di partito piuttosto che da presidente del Consiglio di uno degli stati fondatori dell’Unione.

Secondo lei non ci sarà un riconoscimento significativo all’Italia nell’ambito delle trattative europee?

La decisione di non sostenere Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione ha senz’altro indebolito la nostra posizione. Per cui vedo difficile che ci venga riconosciuto un ruolo chiave.

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