Diventerà populista o proseguirà nel solco dei principi repubblicani sanciti dalla storica rivoluzione? Spaccata in due come non accadeva dal governo di Vichy, la Francia si appresta alla battaglia elettorale risolutiva che deciderà la rotta politica dei prossimi anni: di destra o di centrosinistra. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Piange, si vede in bilico, ma non si dà ancora per vinta la Marianne simbolo della Rivoluzione e della Repubblica Francese.
La dirompente affermazione del Rassemblement National che supera il 34% non basta a Marine Le Pen. Al secondo turno l’ erede e interprete della Francia filo nazista di Petain, punta alla maggioranza assoluta per conquistare Matignon, il Palazzo Chigi francese, e attraverso la premiership del 28enne pupillo Jordan Bardella spingere allo sfratto il Presidente Emmanuel Macron dall’Eliseo.
La destra ha vinto ampiamente ma non ha stravinto. L’argine del 28% che la diga del Nouveau Front Populaire ha eretto, il 7 luglio può ulteriormente innalzarsi.
Dipende dalla capacità del partito di Macron, Ensemble, ridottosi a poco più del 20% e dei restanti repubblicani discendenti di De Gaulle fermatisi al 5%, di formare un fronte compatto.
Unità alla quale non giovano le sferzanti parole che il leader di sinistra Jean-Luc Mélenchon riserva al Presidente della Repubblica: “Per Macron la sconfitta è pesante e innegabile. Si era illuso di costringere nuovamente i francesi alla scelta soffocante fra lui o il Rassemblement National, ma il voto in massa ha sventato la trappola tesa al Paese. La nostra indicazione è semplice – afferma Mélenchon – neanche un seggio in più per il Rassemblement National”.
Per scongiurare che la destra tracimi oltre la maggioranza assoluta di 289 seggi, l’obiettivo del centrosinistra è quello di cementare il “fronte” unico.
E tanto Mélenchon quanto Macron hanno già annunciato che ritireranno i candidati nei collegi che hanno visto prevalere esponenti dei partiti alleati.
Le dinamiche locali giocano un ruolo importante in ogni circoscrizione, ma sarà determinante l’ulteriore aumento dell’affluenza al voto che domenica ha superato il 65%, oltre 22 punti in più delle legislative del 2022.
All’Eliseo si alternano riunioni e colloqui per decidere la strategia comune anti Rassemblement national. “Abbiamo sette giorni per evitare alla Francia una catastrofe”, è la parola d’ordine.
Una settimana decisiva per il destino del nuovo e del precocemente invecchiato enfant prodige di Parigi: Bardella e Macron.
I 28 anni del delfino di Le Pen, pronto a spianarle la strada per la conquista più volte frustrata della Presidenza della Repubblica, da un lato facilitano a Bardella la catalizzazione del consenso giovanile, ma dall’altro possono rappresentare per il più vasto elettorato motivo di dubbio e di incertezza sull’esperienza necessaria ad un premier per governare la Francia in un frangente così delicato.
“Dal bordello a Bardella, dalla Francia di Macron alla sicurezza di Jordan”, replicano sventolando freneticamente le bandiere nazionali i fans dell’enfant prodige più giovane che si sia mai affacciato all’entrata del Palazzo del Primo ministro francese.
Cosa resterà delle fondamentali affermazioni della Rivoluzione: Liberté, Fraternité, Egalité in quella che potrebbe essere una coabitazione impossibile fra Macron e Bardella ? Si chiedono a Bruxelles i Paesi dell’Unione europea.
L’ultima battaglia di Marianne per un nuovo sussulto rivoluzionario è appena iniziata.
Per aggrapparsi alla speranza c’è chi ricorda il motto latino di Parigi “Fluctuat nec mergitur”, spesso sbattuta fra le onde della Senna ma mai affondata.