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Fronte sud e golfo, ecco le chances dell’Italia al vertice Nato. La versione di Pelanda

Conversazione con l’economista: “L’attenzione verso il fronte Sud non si deve limitare alle nazioni costiere del Mediterraneo, ma dovrebbe proiettare la Nato verso la connessione tra Mediterraneo e India attraverso la penisola arabica. Ciò comporterebbe anche una serie di relazioni che non significa partecipazione alla Nato, ma costrutto di relazioni fondamentalmente sul piano della sicurezza”

Bene la mossa di Giorgia Meloni sul riarmo italiano in ambito Nato, ora occorre mostrare una visione globale per poi ottenere l’attenzione del fronte Sud (anche in termini operativi di sede). Lo dice a Formiche.net il prof. Carlo Pelanda, economista, accademico e uno degli analisti più attenti delle relazioni internazionali, di cui è in uscita il pamphlet “L’Italia globale” per Rubbettino.

Partiamo dall’assicurazione che Giorgia Meloni ha fatto negli Usa sull’aumento della spesa militare da parte dell’Italia: un passo in avanti deciso, anche più intenso rispetto ad altri partner europei secondo la sua opinione?

Semplicemente è un passo necessario per rinforzare la capacità dell’Italia di chiedere in cambio qualcosa. Ci sono tanti dettagli che verranno poi discussi in seguito, ma al momento sappiamo che Italia vuole un’attenzione maggiore della Nato sul fronte sud. Andranno discusse le potenziali sedi del coordinamento Nato per il fronte est e ucraino, penso alla Germania, ma anche la potenziale sede del coordinamento Nato per il Fronte Sud. Questo è piuttosto importante perché significa anche business.

Potrebbe essere Napoli?

Per il momento la certezza è rappresentata dal fatto che il progressivo impegno italiano è considerato un passo necessario anche per evitare critiche, magari pensando eventualmente al dopo Biden. La mossa italiana rende concreto l’impegno e questo ci permette di andare a negoziare.

Dove vede più criticità?

Sul come verrà definita la maggiore attenzione della Nato verso il fronte sud. Le faccio un esempio. La dottoressa Ebtesam Al-Ketbi, presidente e fondatrice dell’Emirates Policy Center, ha pubblicato il 5 luglio un articolo sorprendente dove esprime la volontà e la necessità di riaprire i negoziati tra Nato e nazioni del Golfo sunnite. L’attenzione verso il fronte Sud non si deve limitare alle nazioni costiere del Mediterraneo, ma dovrebbe proiettare la Nato verso la connessione tra Mediterraneo e India attraverso la penisola arabica. Ciò comporterebbe anche una serie di relazioni che non significa partecipazione alla Nato, ma costrutto di relazioni fondamentalmente sul piano della sicurezza.

Quale il valore del vertice in corso a Washington?

Il vertice ha un valore anche simbolico che comunque è parte importante della deterrenza, ovvero un messaggio indirizzato alla Russia come anche l’impegno che l’amministrazione Biden ha preso nei confronti dell’Ucraina. Qualche voce, che evidentemente non conosce bene tutte le situazioni in essere, ha sollevato una presunta diarchia tra America e la difesa europea.

Si riferisce ad un potenziamento della Nato che contrasterebbe con la difesa Ue?

Si tratta a mio avviso di un’ingenuità. Al momento non c’è una difesa europea e quindi l’unica difesa europea è la Nato, che deve essere la più compatta possibile. Osservo una certa stranezza nella stampa che in cui in qualche modo contrappone la difesa europea alla Nato. Inizialmente si pensava che questo fosse dovuto al timore di una presidenza Trump, che poi rompesse la Nato. Ma è veramente improbabile che ciò possa accadere. Eventualmente Trump chiederà quello che ha sempre chiesto: più fondi ai paesi Ue dal momento che l’America non può reggere ancora molti conflitti in contemporanea.

Per cui l’Europa dovrebbe sostenere maggiormente quale fronte?

Quello est in primis, mentre gli Usa si concentrano sul Pacifico. Il punto fermo è che gli europei devono spendere di più e riarmarsi di più: questa è la logica. Tra l’altro in questa logica gli europei, soprattutto quelli meridionali, hanno tutto l’interesse alla connessione tra indo pacifico e il Mediterraneo. Qui si inserisce anche il programma militare dove l’Italia ha il massimo interesse per spingere non soltanto una maggiore attenzione al fronte sud, ma anche una ripresa delle conversazioni tra Nato e nazioni sunnite del Golfo che era cominciato nel 2004 a Istanbul.

Il mondo era in un’altra era geopolitica…

Sì, allora la Turchia aveva una condizione diversa, però nulla vieta che oggi ci sia anche la Turchia, dal momento che nessuno può più permettersi giochini dentro il Mediterraneo, come la circostanza che la Turchia non voglia il gasdotto EastMed. Proprio per calmare la costa sud del Mediterraneo abbiamo bisogno di un intervento di Arabia Saudita ed Emirati che, a un certo punto, chiedono di fermare le tensioni e avviare una fase nuova, basata su accordi di sicurezza. Tra l’altro non si fidano assolutamente dell’elezione di un presidente apparentemente riformista in Iran, perché conoscono bene la situazione in quell’area e sanno che questo presidente è condizionato dell’Ayatollah da un lato e poi sotto ricatto delle milizie del regime teocratico dall’altro.

Gli Stati della penisola arabica quali obiettivi hanno?

Pensavano di inserirsi dentro il Sud globale, cercando una relazione dal massimo vantaggio, però recentemente qualcosa è cambiato e ritengono che l’Iran sarà sempre un pericolo. Inoltre l’approccio della Cina, che è sembrato amichevole, è molto superficiale quindi terranno buone relazioni con Pechino che non è però una garanzia di sicurezza. E tra l’altro vorrebbero dire alla Nato che forse bisognerebbe essere un po’ più duri per presidiare lo stretto di Hormuz. Insomma, questi colloqui sono stati sollecitati da una puntura di spillo per vederne gli effetti. Questo ragionamento è senza dubbio collegato al fronte sud e al Mediterraneo, con riferimento alla connessione con l’indopacifico e non è solo con l’Africa. È un tema enorme.

Come giudica la postura italiana?

Quello che Roma dovrebbe fare è che capire che si trova nella posizione migliore per spingere sia sul fronte del Mediterraneo che sulle connessioni con l’Indo pacifico, dove tra l’altro serve anche irrobustire il piano Mattei guardando al centro del Mar Rosso. A Washington in queste ore vengono definite delle agende e delle occasioni comuni di nuove cose da fare. L’Italia si è posta in una posizione giusta, anche per via del suo interventismo nei quadranti di crisi come il mar Rosso e in quelli più sensibili come l’indopacifico. Secondo me l’Italia deve mostrare una capacità globale per poi ottenere l’attenzione del fronte al fronte sud.



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