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I fili di Berlusconi e i grattacapi di Meloni. Il commento di Sisci

Dai problemi interni a quelli che guardano fuori dai confini nazionali, per Meloni ci sono elementi di riflessione sul futuro del suo esecutivo. Ecco perché secondo Francesco Sisci

I Berlusconi sono proprietari del primo gruppo editoriale (giornali e tv), Mondadori, e secondo la stampa sono chiaramente scontenti delle decisioni della premier Giorgia Meloni di non votare a favore della rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Unione europea.

Nel 2011 il governo di Silvio Berlusconi si dimise per lo spread tra gli interessi sul debito italiano e tedesco, anche perché la cosa toccava la quotazione delle aziende di Berlusconi. La famiglia sa sulla propria pelle quanto siano importanti i rapporti internazionali per la sopravvivenza stessa dell’azienda e del Paese.

Ma questi elementi sembrano non preoccupare eccessivamente questo governo che da due anni ha mantenuto rapporti orgogliosamente tesi con la Francia di Emmanuel Macron e non ha mai voluto entrare nella maggioranza a capo della Ue. Se Mediaset ora volgesse le spalle a Meloni, FdI avrebbe problemi veri. Non è un mistero che il miracolo di consensi del partito del premier dipende molto dal favore del gruppo editoriale.

Certo c’è un problema. Mediaset è vissuta con un rapporto politico forte di riferimento e Forza Italia è lontana dai lustri del patriarca. FI quindi deve crescere. Oggi il leader è Antonio Tajani, uomo di prudenza, che ha retto il colpo impedendo il crollo del partito nel momento della lenta e faticosa fine del Cavaliere. Ora però si tratta di crescere e Tajani forse non è uomo di battaglie e di “trame politiche”. Serve qualcun altro da affiancare o sostituire alla guida. In teoria finché non c’è questa nuova dirigenza Meloni è tranquilla, ma non è per molto. Qui si inseriscono due elementi. Le elezioni americane e l’atteggiamento di Meloni.

Meloni punta su Donald Trump, che vinca e benedica il suo governo. Ma non è certo che Trump vinca e, se anche fosse, non è certo che potrà occuparsi attivamente dell’Italia, Paese estremamente complicato, e non cruciale per le priorità strategiche statunitensi tutte concentrate intorno alla Cina.

Inoltre, in Europa una commissione con von der Leyen e il Regno Unito a guida laburista costituiscono un blocco importante per arginare e limitare certe tentazioni trumpiane. L’Italia di Meloni in teoria potrebbe giocare da cavallo di Troia Usa in Europa, ma è una partita difficilissima, in cui chi la gioca rischia di restare schiacciato tra incudine e martello. Meloni sopravviverebbe?

Inoltre i repubblicani di Trump hanno molti fili in Europa, anche con i Berlusconi. La famiglia è un “elemento di lungo termine” della politica italiana, rispetto a Meloni forse passeggera. Né Meloni forse ha saputo capire come giocare con la Ue, la Francia o il Regno Unito. Lei sarebbe capace di gestire una vicenda tanto più complicata?

Tutte queste considerazioni dovrebbero spingere Meloni a un ripensamento profondo di tutto, prima del voto a Washington, dove potrebbe anche emergere Kamala Harris, cosa che potrebbe isolare ancora la sua Italia.

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