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Innovation pipelines e velocizzare il procurement. A lezione di innovazione dalla Nato

L’industria della Difesa, quella commerciale, i governi, la Nato e le università formano un unico tessuto innovativo, dal quale passerà il successo del futuro. Non si tratta solo di correre veloci nelle innovazioni, ma di capire come muoverci: comprare piattaforme aggiornabili e innovation pipelines, e velocizzare il procurement

Come ricordato più volte dai vertici della Nato, l’Alleanza assicura la pace esercitando la deterrenza con successo, cosa che può fare solo attraverso uno strumento militare più forte degli avversari. Molto di questo passa dal mantenimento del vantaggio tecnologico, motivo per il quale il Nato Public Forum (di cui Formiche è stato media partner per l’Italia: potete trovare le repliche a partire da questo link) ha ospitato il panel “Disruptive and innovative technologies”, coinvolgendo il chief scientist della Nato, Bryan Wells, il chief technology officer di Lockheed Martin, Steven H. Walker, e il vicepresidente di Oracle Cloud, Rand Waldron

Istituzioni, industria della difesa e commerciale, ovverosia il trittico che dovrà necessariamente collaborare per mantenere il vantaggio tecnologico occidentale: “Abbiamo bisogno di partenariati tra le aziende della Difesa e quelle commerciali” ha detto Walker, con Wells che ha subito aggiunto: “la Nato ne è consapevole”. Da questi partenariati, stimolati anche dalle istituzioni dell’Alleanza Atlantica (vedesi Diana, Nif, e il network di scienziati guidato da Wells), nascerà l’industria della Difesa del futuro, “chiave per esercitare la deterrenza contro le guerre di domani”, ha sottolineato Walker. 

Due sono le lezioni fondamentali per assicurarci di muoverci bene, oggi, al fine di stimolare l’industria della Difesa del futuro. Innanzitutto, occorre comprendere che non bisogna tentare di anticipare adesso come funzioneranno degli ipotetici droni spaziali tra vent’anni (in un momento in cui stiamo ancora discutendo di come usarli sulla terra). La lezione degli ultimi anni è proprio che non possiamo prevedere le nuove tecnologie e che, pertanto, dobbiamo essere pronti a tutto. Questo significa “assicurarsi di non stare comprando solo un oggetto fisico, per quanto innovativo – ha detto Waldron – ma comprare una innovation pipeline ed un mezzo che possa essere aggiornato immediatamente a livello di software”. Per farlo, e questa è la seconda lezione essenziale, “i governi devono ripensare il loro approccio al procurement”, perché “la tecnologia è più veloce dei classici progetti di procurement”, ha sottolineato il cto di Lockheed Martin.

Poi, poste queste fondamenta, si può ragionare delle singole tecnologie. Lo spazio, per dire una nuova frontiera, “sarà contestato in un conflitto near-peer, e dobbiamo costruire sistemi che tollerino l’assenza di connettività, cosa che abbiamo piuttosto dimenticato”, ha spiegato il vicepresidente di Oracle e, perciò, si pone la necessità di incrementare la resilienza “con un approccio stratificato, anche commerciale”, ha aggiunto Walker. Similmente, l’IA e i Large language model cambieranno le carte in tavola nel campo di battaglia, anche attraverso i droni; qui, più che sfide tecniche, si tratta di dilemmi etici e morali, cui la Nato si è già dedicata, ha ricordato il Dottor Wells.

Quest’ultimo ha anche evidenziato un altro punto da tenere a mente in merito alle nuove tecnologie: l’accademia occidentale è la migliore al mondo. Non può essere una scusa per adagiarsi sugli allori, ma non si tratta neanche di autocelebrazione: per lo Shanghai ranking del 2023, 19 delle migliori 20 università al mondo sono sul suolo della Nato (e la mancante è in Svizzera). 

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