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Dal Piemonte allo spazio. Argotec e le nuove frontiere della tecnologia satellitare spiegate da Avino

Di fronte alle sfide del futuro per l’industria spaziale, tra necessità di innovazione e esigenze di sostenibilità economica e ambientale, Argotec ha risposto con il progetto SpacePark per accelerare la produzione di satelliti in Europa. Nuove tecnologie e collaborazioni internazionali saranno alla base del progetto, come spiegato da David Avino, fondatore e amministratore delegato della società torinese

L’industria aerospaziale si trova ad affrontare una serie di sfide strategiche: ridurre i costi per l’accesso allo spazio senza sacrificare la qualità; migliorare l’ecosostenibilità delle operazioni spaziali e fornire tecnologie avanzate in un panorama di crescente competizione su scala globale. Sono problemi che ogni attore aerospaziale deve considerare per il proprio sviluppo, come ci ha raccontato. David Avino, fondatore e amministratore delegato di Argotec.

Partiamo da Torino e dal progetto di Argotec SpacePark, un nuovo progetto che cerca di riqualificare un’area di Torino, le ex Cartiere Burgo, che sarà in grado di produrre oltre cinquanta satelliti all’anno e ospiterà anche un centro di controllo missioni. Che importanza ha questo progetto per il futuro della tecnologia spaziale in Europa?

Lo SpacePark è sicuramente uno dei progetti più ambiziosi, anche a livello europeo, per creare un’industria aerospaziale. Il settore richiede sempre più costellazioni in grado, per esempio, di osservare la Terra dallo spazio, o di creare nuove soluzioni per le telecomunicazioni. La principale esigenza del mercato a cui vogliamo rispondere è quella di creare una linea di manifattura dei satelliti secondo parametri da produzione di massa e standardizzando i prodotti. Lo SpacePark, a regime, ha la capacità di produrre almeno un satellite alla settimana, vale a dire 52 satelliti l’anno.

Mantenendo altissima la qualità, stiamo aumentando l’automazione robotica, riducendo l’intervento umano solo alle situazioni in cui è strettamente necessario. Non solo, lo SpacePark, nella sua configurazione finale, è dotato di un avanzato Centro Controllo Missione che permette ad Argotec di continuare a operare i satelliti in orbita. Garantiamo così quello che chiamiamo all-in-house concept ovvero il totale governo dei prodotti, dall’idea alle operazioni finali. Si tratta di uno dei nostri principali valori differenzianti, con importanti vantaggi in termini di qualità, tempi di consegna, affidabilità e flessibilità dei prodotti.

E, a proposito del futuro dello spazio in Europa, vogliamo contribuire anche dando opportunità a nuove realtà emergenti, aiutandole ad esprimersi al massimo sul mercato. È il motivo per cui nello SpacePark ci sarà un Industrial Accelerator.

Come funzionerà?

Nel nostro Industrial Accelerator vogliamo ospitare altre aziende, che possono essere nostri fornitori o rientrare nella nostra technology roadmap, dando accesso alle nostre strutture. Queste aziende possono utilizzare le nostre facility per sviluppare le loro soluzioni, oltre a poter contare eventualmente sull’esperienza e la conoscenza dei nostri ingegneri. In altre parole, l’Industrial Accelerator e una soluzione che abbiamo creato per aiutare startup e aziende per superare le barriere di mercato e aumentare le possibilità di successo di prodotti destinati allo spazio, nel contesto di una crescente New Space Economy.

Quali soluzioni innovative per la sostenibilità sta integrando l’azienda nella riqualificazione del progetto SpacePark?

Lo SpacePark nasce sul principio “Zero consumo di suolo”. L’infrastruttura, infatti, non è stata costruita su un’area spoglia – cosa che sarebbe stata indubbiamente più semplice – ma abbiamo acquisito, ristrutturato e valorizzato una prestigiosa struttura, purtroppo da tempo inutilizzata, progettata dall’architetto, Premio Pritzker, Oscar Niemeyer. Di fatto, solo in termini di superficie, è stata risparmiata un’area di oltre seimila metri quadri. Area circondata, peraltro, da oltre 17mila metri quadri di spazi verdi, che intendiamo aprire alla cittadinanza in modalità che definiremo molto presto. Quella di trasformare una struttura come quella originariamente intesa dal Maestro Niemeyer in una avanzata space factory era ed è una sfida enorme.

Soprattutto alla luce del fatto che il nostro intendimento è quello di conservare intatta l’identità del building e i suoi princìpi architettonici, pur adattandola alle nostre esigenze e farne quanto più possibile un edificio sostenibile, in grado di accogliere oltre seicento persone. E, proprio in questi termini, stiamo continuando a crescere. Abbiamo recentemente lanciato una campagna di altre cento assunzioni, legate al progetto SpacePark. La data di inaugurazione è il 14 ottobre e sarà in due fasi: una dedicata alle Istituzioni e alla stampa, mentre il 16 ottobre lo SpacePark sarà teatro di un night party “spaziale”.

La stessa attenzione, poi, si riflette anche in orbita…

La sostenibilità è uno dei nostri pilastri principali, sia nello spazio che per lo spazio, e nostri prodotti e satelliti sono progettati per essere non solo affidabili, ma anche sostenibili. Non puntiamo a ridurre i costi, ma a mantenere alta l’affidabilità, lanciando satelliti che funzionino correttamente e forniscano servizi di qualità. L’abbassamento dei costi dei lanci fa correre il rischio che vengano messi in orbita più satelliti, di qualità inferiore, in quanto diventa più sostenibile il rischio di fallimento di una parte di essi. Questo però porta a un maggiore affollamento dell’orbita bassa, che sappiamo già essere in una situazione estremamente critica. Il nostro approccio è diametralmente opposto. L’obiettivo è mettere in orbita solo satelliti che funzionano. È importante preservare queste orbite, evitando di lanciare oggetti con vita breve che diventano detriti non controllati.

Recentemente Argotec è stata inserita nel programma della Nasa per la fornitura rapida di veicoli spaziali. Cosa significa questo per l’azienda?

Per l’azienda significa tantissimo. È un percorso che non si raggiunge da un momento all’altro, ma che è iniziato molti anni fa. Abbiamo cominciato a far capire al mondo le nostre linee strategiche, dimostrando con i fatti le nostre intenzioni. Un esempio sono le missioni di LICIACube, la missione ArgoMoon e tante altre attività svolte congiuntamente con colleghi statunitensi, inclusi vari centri della Nasa. Entrare in questo progetto ha significato superare una selezione rigorosa durata circa un anno, un vero e proprio esame di ammissione. Il bando è stato aperto un anno fa e, alla fine del processo, sono state selezionate quattro aziende: tre statunitensi con capitale completamente (o quasi) americano e Argotec, il cui capitale è al 100% italiano, un successo che riflette la nostra visione e conferma che le nostre qualità sono appetibili per il mercato Usa.

Cosa prevede il programma?

Il programma vale in tutto sei miliardi, sebbene non sia ancora definito precisamente quanto verrà assegnato ad Argotec. Recentemente sono stati avviati vari bandi accessibili solo alle quattro aziende selezionate. Questo significa che la visione e gli investimenti fatti per Argotec Inc. [sussidiaria di Argotec negli States] cominciano a dare i loro frutti, e anche che Argotec Inc. sarà presto in grado di camminare con le proprie gambe, favorendo una collaborazione sempre più stretta tra Italia e Stati Uniti. Questo beneficio si rifletterà sia sulla sede italiana sia sull’azienda statunitense.

Quali altre collaborazioni sono in corso negli Stati Uniti?

In questo momento abbiamo uffici nel Maryland e in Florida. Inoltre, abbiamo un contratto diretto con Nasa JPL per lo sviluppo e la produzione di un transponder, radio per comunicazioni sia in orbita bassa che in deep space. Siamo responsabili esclusivi per lo sviluppo e la produzione, e il primo cliente è proprio Nasa JPL.

Argotec collabora strettamente con enti governativi, dall’Agenzia spaziale italiana alla Nasa, partecipando a missioni cruciali come Artemis e Dart. Qual è il ruolo, in questo contesto, della collaborazione con le istituzioni?

Sicuramente lo spazio è un settore capital intensive. Questo significa che, per ottenere risultati, sono necessari investimenti molto importanti, che spesso un’azienda non può permettersi da sola. Spesso, persino il governo ha bisogno di altri Stati per realizzare progetti molto importanti. Questo evidenzia quanto sia fondamentale la collaborazione tra aziende private, istituzioni pubbliche e Paesi diversi. Un classico esempio sono i famosi vettori SpaceX, che oggi utilizziamo in modo continuativo. SpaceX è il risultato di una partnership tra il governo americano e l’azienda. La società americana ha fatto investimenti significativi e ha attratto molti investitori, ma gli utilizzatori principali, soprattutto nella fase iniziale, per dare un impulso a SpaceX, sono stati la Nasa e il governo americano.

Lo stesso vale per infrastrutture importanti, come quelle per le telecomunicazioni e l’osservazione. È essenziale che i governi partecipino a queste infrastrutture, finanziandole o acquistando i servizi. Per la nostra crescita, questa collaborazione è stata fondamentale. Penso, ad esempio, ai fondi del Pnrr. Grazie a questi abbiamo lavorato sul programma di osservazione terrestre Iride fornendo una nostra costellazione, HEO, che sta per Hawk for Earth Observation. L’obiettivo ora è quello di estendere la collaborazione con le realtà governative, anche grazie all’impiego duale dei nostri satelliti.

Su questo aspetto duale, quindi civile e militare, dei satelliti, qual è il ruolo dei microsatelliti?

I satelliti che abbiamo sviluppato, comprese le piattaforme che stiamo standardizzando per la produzione in massa, variano tra i 15 e i 150 chili, e oltre a essere caratterizzati da un’elevata affidabilità, possono avere un impiego duale. Possono, cioè, essere utilizzati sia per scopi civili, sia militari, come le osservazioni terrestri o le trasmissioni a supporto della Difesa. In realtà, tutte le tecnologie satellitari oggi sono importanti per la Difesa. Spazio e il cyber (che si basa anche su piattaforme in orbita) sono domini il cui impatto strategico è ormai fondamentale. Pensiamo, ad esempio, al potenziale utilizzo dei microsatelliti come “scudi” a Difesa di altri asset spaziali strategici, quali i grandi satelliti.

Quando parliamo di satelliti di piccole dimensioni, inoltre, parliamo anche di un nuovo tipo di costellazioni satellitari. Mettere insieme più piattaforme permette, per esempio, di passare più volte sopra uno stesso punto, a intervalli regolari, garantendo una raccolta di informazioni prolungata nel tempo in maniera sempre più precisa. Questo permette di aiutare sia nella gestione del territorio – dalle indicazioni sul traffico all’agricoltura di precisione – sia nelle operazioni di protezione civile o di sicurezza. Sono, perciò, tecnologie che possono essere usate in modo diverso, a seconda del processo di elaborazione dei dati, basandosi sulla stessa infrastruttura, per usi civili, commerciali e, eventualmente, militari.

Quali sono le principali sfide e collaborazioni su cui state lavorando?

Le attività di Argotec nascono sul principio del già citato all-in-house concept. Vale a dire che molte delle attività core dell’azienda le portiamo avanti internamente. Ci stiamo avvicinando al target di un 80-85% della componentistica prodotta direttamente da Argotec. L’obiettivo è arrivare a questi standard nel giro di un paio di anni. È dal punto di vista della ricerca scientifica che le nostre collaborazioni sono importanti. Penso non solo alle Agenzie spaziali, ma anche a Università, Politecnici e Istituti di ricerca. Il tutto sempre con un respiro che si estende ampiamente oltre i confini del nostro Paese. Per fare un esempio, abbiamo citato gli Stati Uniti, ma siamo anche in Germania e abbiamo uffici di rappresentanza negli Emirati Arabi Uniti, dove stiamo estendendo la nostra attività.


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