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Materie critiche, cosa dice il decreto approvato dalla Camera

Le materie prime critiche sono materiali di importanza strategica per l’Europa e gli Stati nazionali, fondamentali per numerose attività industriali con tecnologie che richiedono una grande quantità di minerali e metalli, con una domanda prevista in continua crescita nei prossimi anni. Ecco come si muove l’Italia

Alla fine di giugno il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legge sulle materie prime critiche per adeguare la normativa nazionale agli obiettivi del regolamento europeo Critical Raw Material Act. Il provvedimento, approvato ieri alla Camera in prima lettura, che scade il prossimo 24 agosto “definisce misure urgenti finalizzate all’attuazione di un sistema di governo per l’approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime considerate strategiche” per l’importanza di queste materie “nella realizzazione delle transizioni verdi e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell’autonomia strategica”.

Le materie prime critiche sono materiali di importanza strategica per l’Europa e gli Stati nazionali, fondamentali per numerose attività industriali con tecnologie che richiedono una grande quantità di minerali e metalli, con una domanda prevista in continua crescita nei prossimi anni. Si stima, si legge sul sito del ministero delle Imprese, “che al 2030 l’Europa avrà bisogno di 18 volte più litio e 5 volte più cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici e stoccaggio di energia. Nel 2050 questo fabbisogno crescerà a 60 volte più litio e 15 volte più cobalto rispetto ai livelli attuali. Per il neodimio già nel 2025 potrebbe servire 120 volte l’attuale domanda dell’Unione europea”.

Lo scorso marzo il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il regolamento che “istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche”, introduce scadenze chiare per le procedure di estrazione, consente alla Commissione e agli Stati di riconoscere i progetti strategici, impone la predisposizione di piani nazionali di esplorazione e garantisce l’accesso dell’Unione alle materie prime critiche e strategiche attraverso “piani di riferimento in materia di estrazione, trasformazione, riciclaggio e diversificazione delle fonti di importazione”.

Il provvedimento individua due elenchi di materie, 34 critiche e 17 strategiche, che sono fondamentali per le transizioni verde e digitale e per l’industria della difesa e dello spazio. Stabilisce, inoltre, tre parametri per la copertura del consumo di queste materie: il 10% da estrazione locale; il 40% da trasformare nell’Unione e il 25% da materiali riciclati. Esiste un concreto rischio di reperimento e fornitura della materie prime critiche che dipende principalmente dalla loro concentrazione in pochi Paesi, dalla dipendenza europea dalle importazione e dal contributo del riciclo. Secondo dati del Ministero delle Imprese, la Cina fornisce all’Unione europea circa il 98% delle terre rare, la Turchia il 98% del borato, il Sud Africa il 71% del platino e una percentuale ancora più alta di iridio, rodio, rutenio.

Le materie prime critiche fanno ormai parte del nostro vissuto quotidiano in quanto si trovano in molti apparecchi che usiamo tutto i giorni e in prodotti essenziali per l’economia generale. I telefoni cellulari utilizzano il tungsteno per le vibrazioni; i veicoli elettrici usano litio, cobalto e nichel; le turbine eoliche il boro; i semiconduttori il silicio metallico; i borati servono per la fabbricazione del vetro e la produzione di fertilizzanti per la crescita delle piante; il magnesio e lo scandio per la costruzione e il funzionamento degli aeroplani. Solo per fare alcuni esempi.

Il decreto all’esame del Parlamento, considerata la necessità di garantire sul territorio nazionale il raggiungimento degli obiettivi previsti dal regolamento europeo, stabilisce “criteri uniformi per la tempestiva realizzazione dei progetti strategici di estrazione, trasformazione o riciclaggio delle materie prime strategiche”. Il Comitato tecnico per le materie prime critiche e strategiche avrà il compito di predisporre un Piano nazionale delle materie prime, da sottoporre all’approvazione del Comitato interministeriale per la transizione ecologica, in cui vengono indicate le azioni da intraprendere e le fonti di finanziamento disponibili. Affida, inoltre, all’Ispra l’elaborazione del Programma nazionale di esplorazione per le materie prime critiche e i minerali vettori di materie prime critiche. Ed è previsto anche l’istituzione del Registro nazionale delle aziende e delle catene del valore strategiche.

E proprio nei giorni scorsi è stata presentata da Ispra la banca dati sulle risorse minerarie nazionali che rappresenta “il punto di partenza per l’elaborazione del programma minerario nazionale”. In totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 delle quali estraggono materiali che rientrano nell’elenco delle 34 materie prime critiche dell’Ue. In 20 di queste si estrae feldspato, materiale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite, che viene usata nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione. Feldspato e fluorite, dunque, si legge nel comunicato di Ispra, “sono ad oggi le uniche materie prime critiche coltivate in Italia, ma i permessi di ricerca in corso, i dati delle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche come il litio, scoperto in quantitativi importanti nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e come diversi altri materiali da cui si producono metalli indispensabili per il modello mdi sviluppo decarbonizzato, la green tech, la transizione digitale e la dipendenza da Paesi terzi”.

Depositi di rame sono già noti nelle Colline metallifere toscane, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, in Trentino e in Sardegna. In passato è stato estratto manganese in Liguria e Toscana; il tungsteno in Calabria, Sardegna e nelle Alpi centro-orientali; il cobalto in Sardegna e Piemonte; la magnesite in Toscana. Le bauxiti, principale minerale per l’estrazione di alluminio, sono localizzate in Puglia e soprattutto in provincia di Sassari, dove la miniera di Olmedo, “ultima miniera metallifera chiusa in Italia”, è ancora in buone condizioni e contiene possibili quantitativi di terre rare. Tra i materiali non metalliferi, significativi depositi di barite, importante per l’industria cartaria, chimica e meccanica, sono localizzati nel bergamasco, nel bresciano e in Trentino. Importanti anche i depositi di grafite del torinese, del savonese e della Sila.

“L’obiettivo del governo”, ha dichiarato il viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica Vannia Gava, intervenendo alla presentazione, “è di rilanciare il settore minerario italiano attraverso iter autorizzativi semplificati per i progetti strategici, con procedure non più lunghe di 18 mesi per le estrazioni e 10 mesi per il riciclo. In questa direzione va in decreto legge sulle materie prime critiche, che sarà ulteriormente rafforzato in fase di conversione. Fondamentale l’apporto di Ispra al quale è stato affidato il compito di realizzare il piano minerario nazionale”.


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