Meloni e Fratelli d’Italia non hanno sostenuto la rielezione di Ursula. In questo modo la presidente del Consiglio si ricava un ruolo di pontiere tra la vecchia Europa e quella che è uscita dalle urne nel giugno scorso. Sul Green deal la nuova Commissione dovrà avere un approccio più pragmatico e meno ideologico. Conversazione con Paolo Macry, docente emerito di Storia contemporanea alla Federico II
Alla fine è Ursula bis. Il voto che rinnova la presidente della Commissione Europea, però, rivela un’esiguità di numeri rispetto a quella che la incoronò la volta precedente. E questo probabilmente per via di una schiera di franchi tiratori che nell’urna non le hanno garantito il sostegno. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia hanno invece deciso di non appoggiare Von der Leyen, come risposta anche all’appoggio annunciato invece dai Verdi. Il segnale politico è molto chiaro. Ma per il presidente del Consiglio potrebbe essere un’opportunità. “Meloni potrà giocare il ruolo di pontiere fra la vecchia Europa che si regge sulle vecchie logiche e quella che invece è uscita dalle urne che, con questo voto, non viene sicuramente rappresentata”. L’analisi consegnata alle colonne di Formiche.net è di Paolo Macry, professore emerito di Storia contemporanea all’università Federico II di Napoli.
Professore, andiamo con ordine. Cosa intende dire che questo voto non rispecchia ciò che è uscito dalle urne?
Sul piano numerico, questa maggioranza è perfettamente legittima e non è in discussione, benché i numeri di Von der Leyen siano più bassi rispetto alla volta precedente. Tuttavia, sul piano della sostanza politica, questa presidenza di Commissione non rispecchia ciò che la popolazione europea nei vari stati ha espresso con il voto del giugno scorso. E questo ha tanto a che fare con l’andamento del governo europeo.
Cosa intende dire nello specifico?
Nella congiuntura così complessa in cui si trova l’Europa, il governo dell’Unione può permettersi il lusso di ignorare o, ancor di più, tagliare fuori l’ala “destra” che in tanti Paesi è sempre più crescente? Questo è il nodo di tutta la discussione.
E qui arriviamo al ruolo di Meloni che lei vede come “ponte” tra la vecchia Europa di establishment e quella uscita dalle urne.
È così. Meloni potrà svolgere questo ruolo di ponte, di contatto, tra i vecchi equilibri che reggono l’Unione e la parte di Europa che è uscita dalle urne nel solco della volontà popolare.
Per cui, in fin dei conti, ha fatto bene a non sostenere Ursula?
Non poteva votarla. A maggior ragione a fronte dell’ingresso in maggioranza dei Verdi: sarebbe stato un pesantissimo deficit in termini di credibilità per lei. E, parallelamente, avrebbe abdicato al suo ruolo di potenziale pontiere tra le due facce dell’Europa di cui accennavo.
In termini programmatici, a proposito dei Verdi, la nuova Commissione potrà avere un indirizzo meno ideologico rispetto a quello avuto in precedenza?
Mi sembra che ci siano tutti i presupposti affinché ci possa essere meno ideologia. Tanto più che nel suo programma, Ursula mi pare abbia una linea molto più pragmatica sul tema Green Deal ad esempio. E qui entra in gioco il ruolo di Meloni a maggior ragione.
Il blocco socialista ha fatto dichiarazioni di fuoco.
Sì, manifestando una grande ostilità. Ma questa non può essere la base di un programma politico strategico a maggior ragione nella condizione in cui si trova l’Europa e per le grandi sfide che dovrà affrontare.