Intervista al direttore della Nato Defense College Foundation: “La Nato e il Golfo? Rafforzino il dialogo. Purtroppo la questione ucraina ha il suo linguaggio, il suo consenso ma, qualunque sia l’esito della battaglia elettorale di novembre, sarà tutt’altro che scontata. C’è a mio avviso un problema di strabismo all’interno della Nato, molto pesante, e questo si è visto anche con il comunicato finale del vertice sulla difesa antimissile”
Fronte sud, non solo un puntino sulla mappa geografica ma un tema che Giorgia Meloni ha portato all’attenzione del partner euroatlantici in occasione del vertice Nato di Washington. Secondo Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, ha fatto capire molto bene che la Regione Sud non è un qualcosa d’indistinto e di vago.
Con quali certezze geopolitiche Giorgia Meloni rientra in Italia dopo il vertice Nato di Washington?
Rientra a Roma con, ovviamente, la certezza proclamata del sostegno all’Ucraina, di cui lei è sempre stata un’interprete ortodossa. Ciò detto, è interessante la posizione molto chiara che lei ha sulla questione dei missili a lungo raggio, con designazione dei bersagli in Ucraina, invece nel territorio russo: quindi ortodossa sì, ma non con gli occhi chiusi. La seconda certezza è di essere riuscita a mettere, almeno per un po’, nella mappa mentale dei leader il fatto che la Regione Sud non è una varia ed eventuale. L’ha fatto in modo molto efficace quando ha avuto l’opportunità di mostrare agli alleati una mappa con due trasparenti sovrapponibili: ha fatto capire molto bene che la Regione Sud non è un qualcosa d’indistinto e di vago. Ma non so quanto durerà questo effetto, perché chiaramente c’è un gruppo di pressione all’interno della Nato che non ha occhi che per il nord est. Comprensibile, ma miope.
Con quali effetti?
C’è a mio avviso un problema di strabismo all’interno della Nato, molto pesante, e questo si è visto anche con il comunicato finale del vertice sulla difesa antimissile che per ora serve a coprire l’est, dimenticandosi che la difesa antimissile con gli elementi schierati in Romania e in Polonia nasceva per difendersi dai missili balistici iraniani. Questo ai tempi di Bush jr ed Obama era politica ufficiale; tuttavia anche oggi una minaccia di missili iraniani contro gli alleati Nato è abbastanza improbabile, come accusava Mosca allora.
Giorgia Meloni da Washington ha detto di essere soddisfatta del vertice e di auspicare che il rappresentante Nato per il fianco sud sia un italiano. Ha ragione?
Oltre gli auspici, immagino che ci sia adesso un lavoro molto serrato di lobby perché, se lo auspichiamo sperando che gli alleati ci ascoltino, non funzionerà. La premier ha capito che il metodo è un altro e quindi è bene mettere con decisione le carte sul tavolo, senza complessi d’inferiorità.
Fronte est, fronte sud, fronte Asia. Dal momento che i tavoli aperti e le crisi purtroppo non sono finite, con riferimento al Mar Rosso e alla Libia, oltre che all’Ucraina, quali sono i passi che deve fare la Nato per allargare la propria azione? Che ne pensa di una relazione fra Nato e penisola arabica, come auspicato dal Emirates Policy Center (EPC)?
Credo dal 2010 si sarebbe potuto fare molto di più, invece, si è lasciato cadere il silenzio quasi totale sulla Regione Sud con una pervicacia degna di miglior causa. È un segnale politicamente poco utile chiamare questa regione strategica semplicemente un vicinato. Per cui occorrerà molta più attenzione. Sappiamo inoltre che gli Emirati hanno la loro politica di potenza nel Medio Oriente, differente ma molto convergente su questo punto con quella saudita. La Nato Defence College Foundation dalla fondazione nel 2011 promuove conferenze sulla geopolitica del mondo arabo. Inoltre siamo stati molto attivi anche nel dibattito sulla Regione Sud, sia in preparazione del Vertice di Varsavia che del rapporto degli esperti pubblicato quest’anno su spinta d’importanti membri ed affidato all’attuale Segretario Generale. Vedo una regione a est e una regione sud che s’inseriscono in una sicurezza a 350 gradi. I nostri interlocutori arabi compattamente dicono di essere stanchi di passaggi formali e anche di programmi di cooperazione che non sono al giusto livello. Non posso che essere d’accordo con il think thank emiratino. Talmente d’accordo che in occasione del convegno sul 75º anniversario che abbiamo fatto a Roma il secondo panel era proprio dedicato all’area Mediterranea e del Golfo. Per cui è ora di capire che le risorse vanno riequilibrate in modo proporzionale.
Dal Golfo all’Ucraina: quale la prospettiva?
E chiaro che se c’era una vaga speranza di fermare la guerra, in Svizzera, è stata persa perché a un certo momento sono venute fuori le possibili posizioni negoziali di Trump. Non più illazioni, non più semplicemente ballon d’essai di istituti vicini al candidato repubblicano, ma articoli molto ben informati su quello che comincia a prendere forma nella politica del candidato Trump. E a quel punto l’incentivo minimo che aveva Putin di fermare la guerra è caduto. Sono rimasto colpito dal comunicato finale del vertice, perché avere aggiunto una dichiarazione di sostegno all’Ucraina in aggiunta alla dichiarazione del vertice non mi pare rafforzi il linguaggio già contenuto nella dichiarazione, anzi temo mandi piuttosto un segnale di debolezza. Io capisco che dietro le quinte ci siano state discussioni molto animate su Trump e la Nato, ma le personalizzazioni non servono assolutamente a niente perché gli americani hanno degli elementi strutturali nella loro politica estera. Purtroppo la questione ucraina ha il suo linguaggio, il suo consenso ma , qualunque sia l’esito della battaglia elettorale di novembre, sarà tutt’altro che scontata.
Anche l’Indo-Pacifico rientra in una strategia globale che vede la Nato parte attiva?
Nell’Indo-Pacifico il linguaggio è diventato più abrasivo nei confronti della Cina e qui l’alleanza sta cercando di delineare una politica che rileva come la Cina stia sostenendo in qualche modo i russi e questo ovviamente è un problema. La Nato qualifica la Russia come la maggiore minaccia alla stabilità e alla pace nella regione euro atlantica. L’Alleanza dà per ora un sostegno politico al maggiore alleato, gli Stati Uniti, ma non è che abbia per ora una strategia per il Pacifico. Ad oggi non si parla ancora dell’apertura di un ufficio di rappresentanza Nato a Tokyo, se ne parla invece per Amman o per Kyiv: è una situazione molto delicata e devo dire con un potenziale molto più esplosivo di quello ucraino. Il mondo globale ha la Nato che resta regionale, ma che deve avere una capacità di consapevolezza globale prima che di parlare di responsabilità, impegni, interventi.