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Cosa porta Orban a Pechino dopo Mosca (in un contesto delicato)

Il primo ministro ungherese arriva a sorpresa a Pechino mentre è appena tornato da Mosca, inizia il vertice Nato, il suo partito guida i nuovi euroscettici e l’Ungheria l’Ue. Un contesto critico, incroci pericolosi e flirt che attirano critiche e attenzione

Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, è arrivato a sorpresa a Pechino questa mattina per quella che ha definito “Missione di pace 3.0”. Val la pena di inquadrare subito il contesto, perché è questo ciò che conta: Orban è in Cina come appena ritornato dalla Russia, dopo che i leader Vladimir Putin e Xi Jinping sono appena rientrati dalla riunione della Shanghai cooperation organization di Astana. Ancora: oggi a Washington inizia il vertice Nato, di cui l’Ungheria è parte (problematica per le visioni del leader autoritario di Budapest); e il vertice avrà un’attenzione particolare per la sovrapposizione di interessi e attività tra Mosca e Pechino. Ancora di più: oggi a Bruxelles nasce Patrioti per l’Europa, una formazione — guidata da Fidesz, il partito di Orbán — che connette una serie di partiti euroscettici con in comune simpatie e collegamenti con la Russia (e con la Cina).

Fatto il quadro preliminare, che serve per dipingere il contesto temporale della visita cinese di Orbàn (fattore primario nel renderla ancora più attenzionata e problematica), va detto che l’ungherese sostiene che questo suo è un importante passaggio per cercare una soluzione alla guerra russa in Ucraina. Perché, serve ancora un altro elemento di contesto: all’Ungheria spetta il semestre europeo in corso. Tanto che il premier era stato anche a Kyiv a parlare di pace, ma il presidente Volodymyr Zelensky gli aveva risposto che sì, va bene parlare di pace, ma che “sia una pace giusta”.

Nella tappa pechinese di questo gulyās diplomatico, Orbán è stato chiaramente ricevuto dal leader cinese Xi Jinping, incontro rilanciato dai media cinesi perché — come spiegava Noah Barkin (Gmf/Rhodium Group) in occasione della visita di Xi a Budapest di pochi mesi fa — uno degli obiettivi della narrazione del Partito/Stato è far emergere le incoerenze e le divisioni all’interno dell’Unione. La Cina è il più grande investitore straniero in Ungheria, e queste elezioni sono già state oggetto di discussione nell’Ue.

La Cina è una “potenza chiave nel creare le condizioni per la pace nella #RussiaUkraineWar”, dice Orbán su X identificando il conflitto come russo-ucraino e seguendo la linea, sposata da Pechino, di non discernere l’aggressore dall’aggredito. “Questo è il motivo per cui sono venuto a incontrare il presidente Xi a Pechino”, aggiunge, giudicando con i buoni propositi una linea di interesse che emerge da tempo e che trova nell’Ungheria la speranza cinese di rivitalizzare la defunta “14+1” (un tempo “17+1”, poi depotenziata dall’uscita dei Baltici, è il sistema con cui Pechino cerca un dialogo privilegiato con i Paesi dell’Europa centro orientale, sempre nell’ottica di dividere il blocco).

Inoltre, per delineare ancora il contesto, il governo ungherese ha annullato un incontro tra il ministro degli Esteri, Péter Szijjártó, e la sua controparte tedesca, Annalena Baerbock, che era stato programmato per lunedì. Poi i media locali hanno riferito domenica che Orbán si stava dirigendo a Pechino e stava per atterrare su un aereo Dassault Falcon 7X della Difesa. Il primo ministro ungherese aveva accennato a visite straniere più a sorpresa in un’intervista con lo svizzero Die Wetlwoche rilasciata durante il suo volo di ritorno a Budapest da Mosca.

L’incontro con Putin aveva già causato una tempesta diplomatica nell’Ue, attirando aspre critiche da numerosi leader e una dichiarazione ufficiale del servizio diplomatico dell’Unione — che ha sottolineato come Orbán non rappresentasse l’Ue, contrariamente all’impressione che il primo ministro ha dato in una dichiarazione fatta in Russia (anche sfruttando il suo ruolo semestrale).



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