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Più lavoro e meno tempo libero. Il caso della Grecia

In un momento in cui si parla di settimana lavorativa corta, la Grecia promuove una legge che consente ai datori di lavoro di contrattualizzare sino a 48ore di lavoro a settimana, spostando a 6 i giorni lavorativi. Il dibattito è, ovviamente, acceso

Più lavoro e meno tempo libero. La proposta della Grecia per aumentare l’economia. In un momento in cui si parla di settimana lavorativa corta, la Grecia promuove una legge che consente ai datori di lavoro di contrattualizzare sino a 48ore di lavoro a settimana, spostando a 6 i giorni lavorativi. Il dibattito è, ovviamente, acceso, e le posizioni si dividono tra coloro che apprezzano questa scelta, e coloro che invece individuano in una tale condizione un peggioramento della qualità della vita dei dipendenti, cui si associa una generale inefficacia della proposta.

Tra le riflessioni di chi si chiara a favore della proposta, è l’opportunità che questa legge permetta di regolarizzare una condizione di straordinari non pagati che pare essere una situazione numericamente significativa. Chi invece contrasta questa proposta, oltre alle già richiamate motivazioni legate alla qualità della vita dei lavoratori, aggiunge anche elementi di tipo gestionale, affermando che la crescita economica si persegue attraverso l’incremento della produttività, e che l’incremento della produttività non ha una correlazione lineare con il numero di ore lavorate. In altri termini, non bisogna lavorare di più ma bisogna lavorare meglio.

D’altro lato, però, ribattono i sostenitori, la previsione di un incremento della retribuzione oraria per il sesto giorno lavorativo, che prevede un aumento tra il 40 e il 115% rispetto alla retribuzione oraria base, potrebbe migliorare di molto la qualità della vita dei lavoratori. A prescindere dalle inclinazioni personali, ci sono alcuni elementi di questa proposta che meriterebbero una maggiore attenzione. Elementi che superano il dibattito specifico, per quanto una riflessione su crescita economica e produttività sia fuor di dubbio necessaria, e che pongono questa proposta all’interno di un perimetro di riflessione più ampio, che non guarda soltanto alle otto ore in più, ma guarda alle possibili implicazioni sistemiche che l’incremento di un giorno lavorativo dovrebbe implicare per l’intero sistema Paese greco.

Avere una settimana, potenzialmente strutturale, che prevede 6 giorni lavorativi ed un solo giorno di riposo, implica in primo luogo una compressione del tempo non lavorativo. Ciò significa, banalmente, che durante la settimana, una coppia avrà, tendenzialmente, un solo giorno da dedicare potenzialmente alle questioni familiari. Si riduce, ancora, il tempo da poter dedicare, banalmente, agli acquisti per la casa, o più in generale allo shopping. Si riducono le occasioni per poter incontrare gli amici e trascorrere una serata libera.

Tutto ciò ha degli effetti importanti sulla vita economica e sociale del Paese. In primo luogo, la concentrazione dei consumi, che non è escluso comporti anche una loro contrazione, con evidenti conseguenze anche sulle performance economiche del Paese, in termini di Pil. Ma non si tratta soltanto di performance: si pensi, ad esempio, alle modifiche necessarie per consentire alle persone una fruizione culturale, condizione essenziale per la vita democratica di una Nazione.

Se tutto il tempo non lavorativo si concentra tendenzialmente in un solo giorno, quel giorno sarà dedicato alle questioni operative e pratiche legate alla vita quotidiana, riducendo in modo significativo il tempo libero, e le possibilità concrete di una fruizione culturale. Per garantire questa funzione essenziale, così come per garantire una più omogenea distribuzione delle attività quotidiane (si pensi anche soltanto ai rapporti con la Pubblica Amministrazione), sarà dunque necessario prevedere una più ampia apertura di alcuni uffici, come l’ufficio anagrafe, e un incremento delle ore di apertura di Musei, gallerie, e altre occasioni culturali.

Si dovrebbe, in altri termini, prevedere una diversa distribuzione degli orari, con la previsione di orari di apertura stabilmente più ampi rispetto a quelli previsti per i Musei, fornendo quindi la possibilità di poter visitare musei e gallerie anche negli orari serali. Si dovrebbe altresì prevedere uno slittamento degli orari di lavoro delle società di servizi, come le biblioteche, o come i teatri, ma anche negozi e piccole attività commerciali, o anche gli uffici comunali e territoriali, con la previsione di orari serali per l’erogazione di servizi al cittadino.

In sintesi, sarebbe necessario definire una differente pianificazione delle attività, volta a recuperare quelle ore serali che solitamente sono dedicate al riposo o alla fruizione televisiva. In questo modo, gli effetti potenzialmente negativi della proposta potrebbero essere almeno in parte assorbiti dalla tendenziale estensione del tempo non lavorativo, risultato ottenibile soltanto definendo in modo attento gli orari di apertura e di chiusura non solo dei contratti aziendali, ma anche delle dimensioni commerciali e dei servizi alla persona. Riflessioni che, a ben vedere, potrebbe essere utile porsi anche per il nostro Paese, a prescindere dall’estensione dell’orario lavorativo.

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