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Cosa farà il rappresentante speciale per il Fianco Sud

La Nato alza attenzione e attività nel fianco sud. Durante il Public Forum, il premier spagnolo Sanchez commenta i risultati decisi dai membri, mentre l’Italia lavora per avere il rappresentante speciale

C’è un piano di azione per il fronte meridionale dell’Alleanza Atlantica, riconosciuto come prioritario: è questo il centro del messaggio che il premier spagnolo, Pedro Sanchez, affida al suo intervento al Nato Public Forum, evento laterale al Summit tra leader in corso a Washington, di cui Formiche.net è partner istituzionale.

Nella conversazione con Stephen Biegun, membro del board of trustees del German Marshal Fund ed ex vice segretario di Stato, Sanchez delinea priorità e azioni previste per una regione altamente sensibile, dunque strategica, per il destino della Nato — visto che attori rivali, su tutti la Russia, si muovono interferendo in forma anti-occidentale lungo il fianco Sud dell’alleanza mentre altri fattori come il terrorismo o il cambiamento climatico lo stanno destabilizzando.

A questo serve la creazione di un “rappresentante speciale per il vicinato meridionale”. Un ruolo su cui l’Italia allunga i suoi interessi: “La creazione di un inviato speciale della Nato per il fianco meridionale è una decisione importante. È stata una battaglia italiana e crediamo sia giusto che venga scelto un italiano per il ruolo”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani mercoledì sera, a margine di uno dei vari incontri ospitati a Washington. “La nostra premier oggi ha presentato la richiesta a Mark Rutte”, ha dichiarato Tajani, rivelando che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è già al lavoro sugli obiettivi.

Instabilità, effetti del cambiamento climatico, la presenza russa nell’area del Sahel e Nordafrica, le attività di gruppi terroristici o di trafficanti di esseri umani sono tra le principali questioni da affrontare, su cui l’Italia rivendica attività, impegno e conoscenza nella vasta area in cui la Nato intende rafforzarsi: Balcani, Africa centro-settentrionale, Medio Oriente, in definitiva quella che la dottrina geopolitica italiana identifica come “Mediterraneo allargato” e che le evoluzioni stanno sempre più portando a ridefinire “Indo-Mediterraneo”.

Nell’evento del Public Forum, Sanchez si muove parallelamente portando sul tavolo interessi e ambizioni che Madrid ha simili a Roma. Lo spagnolo evidenzia quanto sia necessario agire in quel “vicinato meridionale” di cui anche nella dichiarazione congiunta conclusiva del Summit viene sottolineata l’importanza, come fonte di opportunità per la cooperazione su questioni di interesse comune. È tramite queste partnership che “l’Alleanza mira a promuovere una maggiore sicurezza e stabilità in Medio Oriente e in Africa, contribuendo alla pace e alla prosperità nella regione”.

“Oggi, è stato adottato un piano d’azione per un approccio più forte, strategico e orientato ai risultati verso il vicinato meridionale, che verrà aggiornato regolarmente. Abbiamo invitato il segretario generale a designare un rappresentante speciale per il vicinato meridionale, che fungerà da punto di riferimento per la Nato nella regione e coordinerà gli sforzi dell’Alleanza. Verranno rafforzati il dialogo, la visibilità e gli strumenti di cooperazione esistenti, come l’Iniziativa per il Rafforzamento delle capacità di difesa, l’Hub per il Sud e il Centro regionale Nato-Ici in Kuwait”.

È l’evoluzione definitiva della riflessione avviata a Vilnius, un successo per Paesi come l’Italia in primis, visto che il nostro Paese ha da anni pressato per questo — ma anche per la Spagna o la Grecia, e in buona parte anche la Francia, e ancora la Turchia. “Investiremo maggiormente nel dialogo politico” con i nostri vicini meridionali, dice Sanchez, “e questo comporterà maggiore rispetto reciproco e mutuo beneficio; saremo più presenti nel Sud; siamo pronti”. Oltre al centro kuwaitiano, è stata annunciato l’apertura di un Liaison Office ad Amman, in Giordania, “presto”. Mentre resterà attiva la Nato Mission in Iraq.

La Nato, spiega Sanchez, si propone di aumentare anche la cooperazione con organizzazioni internazionali come l’Unione africana, il Consiglio per la cooperazione del Golfo, la Lega araba, “interlocutori e partner fondamentali per la Nato” soprattutto per fare in modo di ricostruire la sicurezza regionale. Ruolo su cui effettivamente la Spagna è un passo più indietro dell’Italia, che con la strategia per l’Africa (il cosiddetto “Piano Mattei”, ha già attirato varie attenzioni internazionali, a cominciare da quelle del G7).

Il premier spagnolo individua il terrorismo come la prima delle questioni su cui lavorare, assieme alla sicurezza marittima e poi al climate change (da notare che quest’ultimo macro-tema sta ormai avendo influenza anche sulla condizione securitaria di ampie province delle stessa regione meridionale, il caso dei pastori fulani è un esempio). Madrid sente la pressione soffrendo la continuità geografica di Ceuta e Melilla.

L’aumento delle attività sul fianco sud è un “big step” per la Nato, ma (e qui lo spagnolo centra il punto) “non è la fine della road map: l’implementazione negli anni a venire sarà la chiave”. In base ai documenti dell’Alleanza, con il vicinato meridionale il rappresentante speciale parlerà di “soft security”, anche puntando allo sviluppo di competenze in materia di sicurezza nei Paesi della regione. Attività su cui esperienza e preparazione di capacity building italiane, sia a livello diplomatico che militare, sono eccellenti.

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