Skip to main content

Cosa vuol dire fare delle riforme dal centro. I consigli di Sisci a Meloni

La tela sarebbe pensare a qualcosa che unisca il Paese nelle sue regioni e ideologie e lo inquadri nel nuovo spazio internazionale complicato e volatile. Questo il centro davvero oggi. Sapendo allora su che superficie si dipinge, si possono scegliere i colori, giusti, ad acqua, a stucco, o ad olio. Il commento di Francesco Sisci

Forse la notizia importante italiana di questi giorni è che Fedele Confalonieri, per decenni costola di Silvio Berlusconi, è sceso a Roma ad annusare una nuova politica. Non si tratta di un voto di sfiducia per Antoni Tajani, segretario di Forza Italia (FI), riferiscono i giornali, ma forse la preparazione alla discesa in campo di un erede della famiglia. È possibile, ma forse c’è dell’altro, al di là delle intenzioni di Confalonieri, lettore accanito e grande musicofilo. C’è uno spazio al centro che resta non occupato e che dovrà essere prima o poi coperto.

Questo spazio è certo rappresentato dalle due formazioni guidate da Matteo Renzi e Carlo Calenda, entrambi egotistici al punto di non volere trovare un compromesso. C’è lo spazio al centro lasciato da Elly Schlein che ha virato il Pd a sinistra. Ma forse lo spazio più grande è lasciato libero da Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni. Quasi come l’asino di Buridano, da due anni Meloni pare indecisa su dove dirigere il suo partito, se al centro o a destra. Così tentenna e resta incerta. Il risultato è che a destra la Lega ha occupato uno spazio suo e lo ha radicalizzato, al centro non c’è una vera forza convincente.

Una rappresentazione concreta di ciò si ha nelle scelte al Parlamento europeo. Meloni ha cercato di tenere porte aperte a destra sperando (o scommettendo) su un successo condizionante della destra radicale nella Ue e poi anche nelle legislative in Francia contro il presidente Emmanuel Macron. È stata battuta su entrambi i fronti.

Il suo gruppo dei conservatori così sta perdendo membri, e lei pare restare fuori dai giochi importanti della Ue. Qui Macron, forte della vittoria politica a Parigi, conterà più di un mese fa. Meloni capo del governo italiano avrebbe avuto la posizione e l’opportunità di essere prudente su entrambi i voti, non lo ha fatto e ora deve farci i conti.

Ciò rappresenta come Meloni abbia smarrito il suo spazio al centro. Ma lei era arrivata al potere a Roma non perché l’Italia era ridiventata fascista, ma perché aveva creduto che la giovane signora fosse di centro. Se però lei lascia il centro perseguendo scelte profondamente ideologiche e non pragmatiche di destra, allora si crea un vuoto enorme.

L’esistenza di uno spazio non significa poi certo essere capaci di occuparlo e soprattutto di “sfruttarlo” per lungo tempo. Berlusconi stesso partì 30 anni fa da questa intuizione ma riuscì a restare al centro solo con alterne fortune.

Su lui gravava il peso del conflitto di interessi, le accuse penali, ma c’era, e c’è, la difficoltà di tenere il centro in un sistema elettorale e politico diventato bipolare. La Dc tenne il centro per quasi mezzo secolo per sua abilità ma anche perché l’insieme, con i suoi incastri di regole formali e informali, escludeva le ali a destra e sinistra. Fu Berlusconi stesso a contribuire alla fine del sistema, intuendo che la vittoria dell’ex Pci si fermava solo scongelando i consensi a destra dell’ex Msi.

Oggi, dicono, Confalonieri intervista candidati e seleziona volti nuovi. Benissimo, questi sono i colori per il dipinto, ma si sta pensando anche alla tela? Sarà la carta di riso dei quadri cinesi, o il gesso di un palazzo rinascimentale romano, o un intreccio di cotone e canapa fiammingo? Cioè qual è l’orizzonte politico ampio, al di là della contingenza attuale? Senz’altro gli uomini di FI ci stanno riflettendo.

De Gasperi o Moro pensavano alla storia prima di pensare alla divisione delle poltrone romane. Meloni con la riforma al premierato e quello dell’autonomia differenziata pone il problema di cambiare un sistema politico che non funziona.

Il suo errore, credo, è di non pensare alle conseguenze di medio e lungo termine delle riforme. O se ci pensa vuole cose che spaccano il Paese sia tra destra e sinistra (su premierato) che tra nord e sud (autonomia).

Quindi la tela sarebbe pensare a qualcosa che unisca il Paese nelle sue regioni e ideologie e lo inquadri nel nuovo spazio internazionale complicato e volatile. Questo il centro davvero oggi.

Sapendo allora su che superficie si dipinge, si possono scegliere i colori, giusti, ad acqua, a stucco, o ad olio.



×

Iscriviti alla newsletter