Il leader repubblicano della commissione Difesa del Senato Usa è intervenuto al Nato Public Forum. Di fronte alla “più grande minaccia degli ultimi 50 anni” dobbiamo tornare ad investire come durante la Guerra fredda, vinta da Reagan toccando il 5%
Gli Stati Uniti d’America spendono quasi 900 miliardi di dollari annui nella loro Difesa, molto più di tutti gli altri, per un abbondante 3% del Pil. Per il senatore Robert Wicker, ranking member dell’Armed Services Committee del Senato Usa (dove Ranking member significa il leader del partito di minoranza, al Senato quello repubblicano), però, non basta. Già precedentemente espostosi all’interno del dibattito sul budget del Pentagono per il prossimo anno fiscale col suo libro bianco “Peace through strenght”, Wicker è tornato a parlare di incrementare la spesa al Nato Public Forum, l’occasione in cui i vertici dell’Alleanza e dei suoi membri incontrano la società civile. Formiche è media partner italiano del Forum, che potrà essere seguito, in esclusiva, sul nostro sito (dalle 15 a mezzanotte del 10 e dell’11 luglio, anche in replica).
Secondo il senatore, la Nato è essenziale perché è uno strumento imprescindibile per assicurarsi che “non lasceremo ai nostri figli un mondo governato dalle dittature, ma dalle grandi democrazie occidentali”, poiché “stiamo fronteggiando un’Asse di aggressione” (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord), che costituisce la “congiuntura più pericolosa da più di cinquant’anni”. Questo anche perché, pur essendo molto più ricchi dei nostri avversari,“le dittatura stanno spendendo sempre di più nella Difesa, perché non si curano di spese sociali”. Historia magistra vitae: la soluzione è nella vittoria della Guerra. “Abbiamo messo sotto l’Unione Sovietica” durante l’amministrazione Ronald Reagan, che investiva il 5% del Pil.
C’è stato spazio anche per sottolineare la necessità di realizzare, finalmente, un burden sharing più equo, dal momento che persistono “eccezioni rilevanti” tra gli Alleati Nato, ossia Paesi che investono meno del 2%. Wicker ha fatto presente di aver “ricordato con decisione” al primo ministro canadese, Justin Trudeau, che il Canada è uno dei ritardatari. Dettaglio non indifferente: anche loro, come noi, investiamo poco meno dell’1,5%. A buon intenditor…
Tutto ciò ci aiuta a mettere in prospettiva il nostro budget per la Difesa. L’Italia passerà da investire l’1,44% all’1,6%, secondo quanto appreso dal summit Nato di Washington. Ma non basta. Non basta non solo perché rimaniamo uno dei pochi Alleati (senz’altro il più importante) a non raggiungere la soglia del 2%, ma perché è la soglia del 2% a non bastare. Il nocciolo della riflessione di Wicker è che, per assicurarsi la vittoria sugli avversari strategici (e, con essa, pace e prosperità) dobbiamo batterli tecnologicamente. Anche ipotizzando di limitarci alla Russia delegando il teatro Indo-pacifico agli Usa (cosa che non stiamo facendo, poiché la nostra ammiraglia, nave Cavour, è in missione verso il Giappone) dobbiamo mettere in campo capacità in grado di esercitare la deterrenza contro l’imperialismo di Mosca. Abbiamo quindi due scelte: spendere quanto i russi come Italia (nel 2023 quasi 110 miliardi in dollari al cambio nominale, mentre noi eravamo fermi a 35), oppure mettere veramente a sistema le spese militari dell’Unione europea (mettendoci insieme alle sole Francia e Germania già spenderemmo più di Mosca).
Il senatore e il suo libro bianco
Wicker è uno dei due senatori del Mississipi ed è un repubblicano neo-con: estremamente conservatore in politica interna e estremamente a favore di una forte presenza americana nello scacchiere geopolitico mondiale. Nel libro bianco “Peace through strength: a generational investment in the US military”, Wicker propone di realizzare un “investimento generazionale” nelle Forze armate: altri 55 miliardi quest’anno, fino a raggiungere il 5% del Pil (livello da fine Guerra fredda) nel giro di 5-7 anni (adesso gli Usa sono al 3%, che è effettivamente una cifra bassa, anche rispetto alle percentuali post-1990). Fare questo raggiungerebbe due obiettivi strategici: prevenire guerre e stimolare e sostenere l’innovazione statunitense.