L’esperto di Cina spiega a Formiche.net i risultati del plenum appena terminato, così come l’approccio della Repubblica Popolare alle elezioni americane. E augura “un buon viaggio” a Meloni
In un hotel della capitale della Repubblica Popolare si è concluso da poche ore il terzo Plenum del Partito Comunista, kermesse fondamentale per riorganizzare gli sforzi del colosso asiatico in direzione degli obiettivi strategici considerati prioritari. Quasi in contemporanea con lo svolgersi di questo evento, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si recherà in Cina per una visita diplomatica senza dubbio significativa. E intanto le elezioni presidenziali Usa si fanno più vicine. Come leggere queste contingenze? Formiche.net lo ha chiesto a Francesco Sisci, esperto di geopolitica e sinologo.
Da pochi giorni si è concluso il terzo plenum del Partito Comunista Cinese, che qualcuno ha definito come “All about Xi”. È d’accordo con questa definizione?
Decisamente no.
Perché?
Credo che in qualche modo modo Xi stia cercando di “spersonalizzare” la sua guida del partito. L’organizzazione, le leggi e lo studio sono i tre pilastri che dovranno reggere sempre di più il partito e il Paese. Queste strutture, che certo fanno in ultima istanza capo a Xi, mettono in moto un meccanismo che dovrebbe poi essere autonomo da egli stesso, come ho cercato di spiegare anche in un mio recente saggio, ma non è una dittatura di un autocrate capriccioso. È piuttosto un progetto strutturale “neoclassico” che cerca di adattare in chiave moderna la sperimentata struttura imperiale. Naturalmente non si sa se funzionerà, ma il tentativo è questo.
Secondo Xi, l’economia rimane al centro dell’obiettivo cinese di approfondire le riforme. Ma allo stesso tempo, il programma pone “il mantenimento della sicurezza nazionale in una posizione più importante”. Come pensa che saranno gestiti questi due aspetti?
Con prudenza, visto il clima internazionale. Certo, in un momento di dubbio, la questione della sicurezza è destinata a prevalere. Ma è importante forse capire che secondo il plenum ci saranno una serie di semplificazioni amministrative che da sole dovrebbero potere garantire margini di maggiore efficienza al sistema. Non c’è un cambiamento radicale, una svolta sull’economia ma per un po’ di tempo, queste semplificazioni dovrebbero dare ossigeno. Nel futuro più lungo invece bisognerà vedere il contesto internazionale.
Intanto, Giorgia Meloni si reca in visita diplomatica in Cina, la prima dopo la rinuncia alla membership nella Bri e l’accordo sul partenariato strategico. Quali sono gli obiettivi ultimi dietro questo viaggio. Meloni va in vesti italiane, o in vesti europee?
Non ho idea, nessuno mi ha consultato e non ne so alcunché. Per cui sono un mero osservatore, che si augura che il viaggio sia ben preparato e ben pensato. L’Italia ha una lunga storia di promesse non mantenute, giuramenti infranti e viaggi turistici. Oggi Meloni può decidere di iscriversi nella tradizione o tentare di fare qualcosa di nuovo
Nel mentre, la campagna elettorale americana si fa sempre più accesa, dopo l’attentato a Trump, il ritiro di Biden e la candidatura di Harris. Quale delle due fazioni Pechino preferirebbe vedere trionfare? Perché? Pensa che potrà cercare di influenzare le elezioni al fine di ottenere l’esito sperato?
I cinesi sono conservatori, quindi preferiscono qualcuno che conoscono, con cui hanno avuto a che fare, come Trump, invece di una persona nuova come Harris. I cinesi stanno seguendo con grande attenzione le elezioni e certamente sono presenti nel mondo dell’informazione globale e anche americana. Non so però se sceglieranno di influenzare direttamente l’uno o l’altro. In passato si sono concentrati su temi, invece che sui personaggi — i diritti umani e religiosi, Taiwan, il Xinjiang. Oggi c’è il commercio internazionale, i dazi. Questi sono temi dove Pechino ha spinto e spinge una sua agenda.