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Storie e prospettive delle Settimane sociali raccontate da Pedrizzi

Si aprirà domani 3 luglio a Trieste la 50a Settimana Sociale dei cattolici in Italia. Il tema scelto è “Al cuore della democrazia”, che rappresenta una questione molto importante per il nostro millennio. L’intervento di Riccardo Pedrizzi

Si apre domani a Trieste la cinquantesima edizione delle settimane sociali.

Le settimane sociali si erano tenute fin dal 1907 (il tema fu: “Movimento cattolico e azione sociale. Contratti di lavoro, cooperazioni, organizzazioni sindacali, scuole”) per ben cinquanta edizioni, poi si erano interrotte nel1970 (l’ultimo argomento trattato a Brescia fu: “Società industrializzata e condizioni umane”), senza che ancora oggi si conoscano i responsabili di quella sciagurata decisione e tanto meno le motivazioni che portarono alla chiusura di un ciclo fecondo di attività culturali del mondo laicale cattolico.

Anche se è intuibile che la causa principale della soppressione potrebbe essere ricercata in “quella malattia – come la definì il filosofo Del Noce – che può essere mortale: il senso di subalternità nei confronti di altri progetti culturali”, che negli anni del post concilio si fece più acuto che mai, mettendo in crisi tutto l’associazionismo cattolico e l’idea stessa di una Dottrina Sociale Cristiana.

Eppure a partire dalla “Rerum Novarum” si assistette ad uno sviluppo, un approfondimento ed un rifiorire del pensiero sociale della Chiesa “che impose a noi, come a tutti i cattolici italiani – affermava il conte Medolago Albani al IX Congresso dei cattolici italiani tenutosi a Vicenza nel settembre del 1981 – il dovere di procedere nell’azione economica sociale in modo più energico, più ampio e sistematico” e che contribuì in tutti i Paesi alla nascita di società operaie, di sindacati, di corporazioni, di cooperative, di casse rurali ed artigiane, di assicurazioni, di opere di assistenza, di legislazioni del lavoro, tentando in ogni modo di portare le classi sociali più deboli ed indifese al rango di dignità e fraternità che gli spettava in collaborazione con tutti gli altri ceti sociali.

Scrisse Vittorio Possenti “un’attenzione su scala planetaria che contrasta con un ingiustificato calo di fiducia da parte di persone, movimenti, associazioni cattoliche, che avrebbero dovuto farsene carico elaborando idee e preparando quadri”.

Invece “nel cattolicesimo progressista si diffuse negli anni ’60 e ’70 la convinzione che la Dottrina Sociale della Chiesa fosse un’ideologia cattolico-conservatrice, borghese, un supporto in più del capitalismo”.

Ed anche tra i cattolici ci fu chi ritenne questa dottrina superata, tanto che la stessa Chiesa mise in sordina questo fondamentale insegnamento che nasce – come è scritto nella Istruzione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, “Libertà cristiana e Liberazione” – “dall’incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell’amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società”.

Cosi vi furono da parte di questi cattolici “progressisti” dei veri e propri rigetti, ma con l’incitamento ed il sostegno di San Giovanni Paolo II al rilancio della Dottrina sociale, però le resistenze ed il dissenso trovarono sempre meno spazio.

Per questo “la sollecitudine per il sociale, in consonanza con l’insegnamento del Santo Padre del tempo impegnò i vescovi e tutti i cattolici italiani sulle questioni che caratterizzano la convivenza sociale del nostro Paese”.

A maggior ragione oggi che è grandemente aumentata la complessità dei problemi e la ripresa dell’esperienza prestigiosa delle Settimane Sociali, che aveva notevolmente contribuito al formarsi di una moderna coscienza civile dei cattolici italiani, dovrà concentrarsi in un’iniziativa nuova ma fortemente radicata nella Tradizione del cattolicesimo sociale (Toniolo tanto per citare uno degli esponenti più significativi ed importanti).

Il tema scelto per la prossima edizione della Settimana Sociale “Al cuore della democrazia”, rappresenta una questione molto importante per il nostro millennio. Anche se è vero che la Chiesa non offre un modello concreto di governo o di sistema economico (cfr Centesimus annus, n. 43), “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” (ibidem, n. 46).

La democrazia ai nostri giorni deve affrontare gravi problemi. Il primo fra tutti è la tendenza a considerare il relativismo intellettuale come il corollario necessario di forme democratiche di vita politica. Da tale punto di vista, la verità è determinata dalla maggioranza e varia secondo transitorie tendenze culturali e politiche. Quanti sono convinti che certe verità siano assolute e immutabili vengono considerati irragionevoli e inaffidabili. D’altro canto, in quanto cristiani crediamo fermamente che “se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia” (Centesimus annus, n. 46).

Le altre questioni riguardano le sfide che nell’odierno mondo economico, tecnologico, finanziario e produttivo, organizzativo e creditizio, mediatico e informatico, trovano il terreno fertile per un attacco alle regole democratiche. “Il tecnocrate, il bancocrate, il tecnoburocrate, il manager, – scrive in un suo bel libro (“Concetti e realtà della politica” Carocci Editori, Roma 2015) il Sen Prof. Domenico Fisichella – costituiscono di fatto centri oligarchici che mirano a imporsi nel nome dell’efficienza, della competenza, della produttività, del calcolo economico, categorie giudicate improprie ed estranee al comportamento politico”. Oltretutto “nelle società post-industriali oggi non c’è un attacco frontale alla democrazia… agisce però una delegittimazione per vie interne del sistema democratico, che ne svuota progressivamente i presupposti…” – scrive ancora Fisichella – Predomina cioè “l’idea che la politica sia il dominio dell’incompetenza e dell’inefficienza”. Per cui occorre porsi la domanda se di fronte alle trasformazioni in atto la “democrazia dei moderni”, avrà la forza e la capacità di resistere.

In questo scenario per niente esaltante dinanzi alla pretesa laicista di relegare sbrigativamente nel «religioso» il cristiano e di fronte al pericolo di un pluralismo indifferente, occorre ridare al più presto slancio e contenuti ed una proposta che, partendo dalla fede, proponga una sua concezione dell’uomo, della storia e della società.

Da ciò discende che un impegno sociale efficace e fecondo non sarà possibile senza la ricerca e l’affermazione della verità sull’uomo e dell’uomo. Ma se questa verità non venisse ricercata ed affermata totalmente, se un’antropologia, cioè la dottrina sull’uomo, non esprimesse tutti i valori e non investisse tutti gli ambiti e gli aspetti della vita dell’uomo, si avrebbe come esito inevitabile «la mortificazione dell’uomo stesso, e non sarebbe possibile attuare una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio». E necessario perciò che il cristiano superi quel complesso di inferiorità creatogli dall’Illuminismo in base al quale la fede sarebbe conflittuale e concorrenziale con la ragione. Tra fede e ragione vi è differenza, ma non alternatività, ed è proprio alla luce della prima che il cristiano conosce l’uomo nella sua pienezza e costruisce un’antropologia non neutra o dimezzata o ad una dimensione. A questa visione dell’uomo il cristiano deve conformare la sua azione politica. Senza rassegnazione e senza compromessi che possano significare cedimenti o mimetizzazioni sulla propria verità dell’uomo.

Se ciò non avvenisse il cristiano si renderebbe clandestino, si mostrerebbe indifferente, si mimetizzerebbe e tornerebbe nelle catacombe, diventando complice dell’aggressione all’avvenimento cristiano che non pensiamo possa essere agevolmente respinto quando si coinvolgono in questo prossimo evento personaggi come Michele Nicoletti, che del Partito Democratico è stato deputato dal 2013 al 2018, segretario provinciale “Dem”, capogruppo del Partito Socialista Europeo; Fabiana Martini che è stata Vicesindaco Pd a Trieste dal 2011 al 2016, chiedeva il patrocinio al gay pride, molto vicina all’ex senatore “Dem” Francesco Russo, il vero e proprio leader dei Dem di Trieste, grande oppositore del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga; Luca Grion esponente d’area Pd; Simone Morandini, che ha scritto diversi libri presentati alla festa Pd di Modena; Gabriella Chiellino, che nel 2020 ritirò la sua candidatura a sindaco di Venezia con il Pd e il Centrosinistra, candidata pochi giorni fa con gli “Stati Uniti d’Europa” con Matteo Renzi e Emma Bonino; Giovanni Mori, candidato alle Europee con Fratoianni & Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra; Silvio Brusaferro, nominato in quota 5 Stelle presidente dell’Istituto Superiore di sanità, braccio destro del ministro della Salute Roberto Speranza, oggi deputato Pd.

Tutti i relatori sono di area “Dem”, e anche la comunicazione della “Settimana sociale” è affidata a Rosy Russo, sorella di Francesco.

Dinanzi a questo pericolo i cattolici dovrebbero sapersi muovere con intelligenza e cautela in modo da poter essere in grado di rilanciare la Dottrina Sociale Cattolica come contributo sempre originale di idee, di programmi e di sentimenti, per affermare che l’unico programma politico, sociale ed economico è quello che “diverge radicalmente dal programma del collettivismo, proclamato dal marxismo e realizzato in vari Paesi del mondo…” e “al tempo stesso differisce dal programma del capitalismo praticato dal liberalismo e dai sistemi politici, che ad esso si richiamano”, così come testualmente recita la “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II.

In particolare bisogna comunicare, applicare, vivere i due principali principi della Dottrina sociale cattolica: quello della solidarietà e quello della sussidiarietà.
Virtù umana e cristiana, la solidarietà (meglio sarebbe dire: la carità) supera ogni individualismo e consente a uomini e famiglie, gruppi e comunità locali, ordini professionali ed associazioni di categoria, nazioni e organizzazioni internazionali di partecipare per il bene comune alla gestione delle attività economiche, politiche e culturali, senza che ne venga lesa per il principio di sussidiarietà la legittima autonomia dei vari corpi sociali intermedi.

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