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Tra Starmer e Schlein non c’è nessuna affinità. Galli spiega perché

“Qualcuno vorrebbe dire che, visto che in Inghilterra vince la sinistra, quindi anche in Italia vincerà la sinistra. Si tratta di una tentazione molto forte che nasconde il fatto che la lunga strada per mettere in piedi una reale alternativa alla destra non è ancora stata imboccata”. Conversazione con il politologo Carlo Galli

“Il Pd è alla ricerca di una sorta di autoconvincimento di avere superato il punto inferiore della propria parabola ed è ormai convinto di essere sulla strada della rinascita e della vittoria, avendo in mano la possibilità di sconfiggere la destra. Posso capire perché tenti di appropriarsi della vittoria del labour, ma francamente le motivazioni non psicologiche ma oggettive non ci sono”. Lo dice a Formiche.net Carlo Galli, uno dei politologi più illustri del panorama nazionale, professore dell’Alma Mater Università di Bologna .

Il nuovo premier inglese sembra più Renzi che Schlein?

Diciamo che non è Corbyn. Il punto è questo: è sempre molto rischioso istituire analogie con la politica degli Stati continentali. Nel Regno Unito c’è una politica diversa, c’è una tradizione diversa: oggi moltissimi hanno parlato di “terza via” ma non è così perché la terza via era un’ipotesi, teorica di Anthony Giddens e politica di Tony Blair, che è stata formulata nel momento di massima ascesa e di massima confidenza in sé stesso del neoliberismo. Si fondava sopra l’idea della possibilità di tenere sotto controllo politico un movimento progressivo, appunto l’espansione globale del capitalismo dopo il crollo dell’Unione Sovietica. E sull’idea che l’elemento che regge e che dà ordine alla società è il mercato. Tutte queste ipotesi oggi non valgono più.

Perché?

Il XXI secolo si è caratterizzato per avere dimostrato l’infondatezza di quelle ipotesi: la globalizzazione è stata sconfitta dalla geopolitica, il mercato non è per niente portatore di sviluppo e di ordine equilibrato e le disuguaglianze interne sono cresciute. Noi tutti lo sappiamo. La politica di oggi non è più sorretta dalla fede ingenua della terza via; oggi si dice che ha vinto la terza via nel Regno Unito solo perché il Labour ha eliminato dal proprio interno la posizione radicale di Corbyn. Ma la posizione che è rimasta vittoriosa, quella che ha vinto, non è simile alla terza via.

Quale profilo ha?

La proposta di Starmer è una posizione assolutamente pragmatica, realistica, direi quasi di basso profilo, che ha come intento quello di riportare il Regno Unito ad un dialogo forte e sereno con il continente (con la Ue) e di cancellare alcune delle molte storture generate nella società e nella politica inglese dal lungo e fallimentare regno tory che è durato 14 anni, e che ha avuto come risultato fondamentale quello di staccare l’Inghilterra dal continente, tanto dall’Unione Europea quanto dalla Russia. Da questo punto di vista si tratta di una vittoria che noi in Europa continentale possiamo valutare solo da un punto di vista molto generale e non ci può dare insegnamenti specifici perché i problemi e il sistema politico ed elettorale dell’Inghilterra non sono i nostri.

Quale il significato?

Quando un lungo periodo di crisi e di depressione, quale quello che si è generato nel Regno Unito, trova una offerta politica minimamente decente e credibile, ovvero un’offerta che nasca da un soggetto politico non troppo compromesso e dunque che sia stato all’opposizione per lunghi anni, allora non è improbabile che lo scontento popolare e la voglia di cambiamento vadano a favore di questo soggetto e non verso spinte estremistiche populistiche, che comunque ci sono state nel Regno Unito: il partito di estrema destra di Farage è sta sfiorando, sotto il profilo meramente numerico, i valori dei Tories, è un partito di opinione diffusa, nuovo e non radicato. Vince in pochissimi collegi e quindi manda in Parlamento pochissimi deputati, ma numericamente è molto cresciuto. Per cui la lunga stagnazione tory è stata sì sconfitta da un’offerta politica pragmatica e non estremistica, quella del Labour, ma ciò non ha impedito che si rafforzasse molto anche una protesta estremistica, quella di Farage.

Sunak prima dice “I’m sorry”, poi aggiunge che i successi di Starmer “saranno i successi anche per il nostro Paese”. È una lezione di stile, indipendentemente dalle appartenenze politiche?

Certo, la democrazia inglese è talmente oliata e talmente efficiente che questo modo di porsi, che stupisce noi ma non stupisce loro, in qualche modo è dovuto. Fa parte della ritualità politica e tutti convengono sul fatto che debba continuare a farne parte. Da questo punto di vista il Regno Unito è un Paese fortunato.

Hanno ragione quegli esponenti del Pd secondo cui la vittoria di Starmer è un passo in avanti per la costruzione di un tipo di proposta diversa? E quali punti di contatto vede tra il Labour di oggi e il Pd di Schlein?

Non vedo punti di contatto anche a causa di un sistema elettorale diversissimo. In Inghilterra ci sarà un governo di un solo partito, cosa che in Italia non ci sarà mai. Inoltre, la questione italiana è davvero diversa per alcuni motivi oggettivi. La sinistra, prima di cantare vittoria per il successo del Labour, deve rispondere a due domande. La prima: perché la destra ha vinto le elezioni e continua ad avere un successo popolare nonostante la sua azione di governo sia in molti punti diametralmente opposta rispetto a quello che aveva prospettato durante la campagna elettorale? La seconda: come si fa a contrastarla? In ogni caso in Italia bisogna fare delle alleanze. Chi si deve alleare con chi? Su quali basi? Ovverossia, come si fa a costruire un’idea di Paese – che è un’idea composita, perché nasce dalla trattativa fra soggetti diversi – e a rappresentarla in modo credibile, cioè a opera di soggetti a cui non si possa rimproverare di essere stati fra i principali produttori di quei problemi? Il caso inglese da questi punti di vista non assomiglia per niente al nostro. Il Pd cerca di autoconvincersi di avere superato il punto inferiore della propria parabola e di essere sulla strada della rinascita e della vittoria, avendo in mano la possibilità di sconfiggere la destra. Posso capire perché tenti di appropriarsi della vittoria del Labour, ma francamente le motivazioni oggettive non ci sono.

Perché cercare un link con un altro Paese che così diametralmente diverso rispetto all’Italia?

Perché la politica in questo momento è fatta più di slogan che di analisi e di produzione di idee e di prospettive praticabili; è fatta di tentativi di spettacolarizzazione, tentativi di vendere un prodotto con la propaganda: qualcuno vorrebbe dire che, visto che in Inghilterra vince la sinistra, anche in Italia può vincere la sinistra. Ma la lunga strada per mettere in piedi una reale alternativa alla destra non è ancora stata imboccata. Pensiamo al fatto che l’aumento percentuale del Partito Democratico è stato pagato con il crollo del Movimento cinque Stelle, con il quale è assolutamente indispensabile fare un’alleanza, perché altrimenti la destra non verrà mai sconfitta. Io non vedo un’analogia strutturale e sistematica fra la situazione italiana e quella inglese, tranne in un punto: come ho detto, davanti a una lunga crisi e a una depressione socio economica pesante, quando c’è un’offerta politica ragionevole e credibile la parte maggioritaria della protesta va verso questa offerta credibile e non verso la politica estremistica, che comunque sia anche in Inghilterra ha avuto un grande avanzamento.

Chiudiamo sulla Francia, lì invece la sinistra di Melenchon si è ritagliata il ruolo di alternativa alla destra: in che modo?

Anche qui la politica si spiega con la storia. La Francia è stata retta recentemente da Macron, cioè da un esponente di un’élite liberale e liberista che si è progressivamente dimostrato assolutamente autoreferenziale, incapace di comprendere le difficoltà che la sua politica generava nella società. In questo è stato preceduto anche dalla politica di Sarkozy che, davanti alla crisi delle banlieue, non riusciva a dire altro che si trattava di canaglie. Ecco, allora la Francia ha una tradizione di fronte popolare di sinistra, di politica particolarmente robusta, muscolosa, polemica, aggressiva, tanto a destra quanto a sinistra. È un mondo diverso rispetto all’Inghilterra ed è anche un mondo diverso rispetto all’Italia. Quindi io non trovo per nulla stupefacente che in Francia le cose viaggiano anche sulle gambe delle persone quando ci sono leader minimamente capaci di creare consenso da una parte. Mentre dall’altra, invece, ci sono leader deboli, opachi, privi di empatia. Le cose cambiano. Ma comunque andrà, quello che sta capitando oggi in Francia è in linea con la tradizione politica francese. Grande destra e grande sinistra.


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