La lunga tempesta americana, avviata dall’avvento del trumpismo, non solo non accenna a placarsi, ma anzi diventa di giorno in giorno sempre più cupa. Come evidenziano le convulse cronache del fallito attentato al discusso tycoon. L’analisi di Gianfranco D’Anna
È uno dei momenti più oscuri degli Stati Uniti d’America.
L’attentato a Donald Trump evoca e moltiplica misteri e retroscena dell’assassinio a Dallas, nel 1963, del Presidente Kennedy.
Un assassinio del quale le verità mai conosciute sono ancora, e probabilmente lo saranno per sempre, infinitamente maggiori dei particolari documentati e accertati.
Dallas Texas, Butler Pennsylvania: stesse modalità, un cecchino appostato a distanza che poi viene ucciso, un fucile di precisione e un contesto confuso e caotico.
L’unica enorme differenza è che Trump sia stato colpito di striscio all’orecchio destro e sia rimasto illeso.
Il sangue sul volto, l’espressione sconvolta, la gesticolazione convulsa, le grida di rabbia e di rivalsa di Trump sono entrate già nella storia ed hanno l’effetto di rimuovere tutte le gravi accuse spesso infamanti, le pesanti imputazioni processuali, i dubbi, le perplessità e in molti casi anche l’istintiva repulsione dell’opinione pubblica e soprattutto degli elettori americane nei confronti del temuto e discusso ex Presidente, candidato repubblicano alle presidenziali di novembre.
Le scene epiche degli agenti del Secret Service che circondano, coprono e accompagnano quasi sollevandolo di peso Trump alla macchina blindata, sono destinate a rimanere nella memoria similmente alle immagini dei Marines americani che issano la bandiera a stelle e strisce a Iwo Jima, nel lontano 1945.
Attimi infiniti, riproposti ininterrottamente, che spazzano via come un fiume in piena il tormentone sulla senilità e l’inadeguatezza della ricandidatura di Joe Biden, con annesso travaglio sulla scelta del successore, e che proiettano l’America e l’Occidente in una inesplorata dimensione di incertezza democratica, di angoscia esistenziale e di interrogativi senza risposta.
Un’ America senz’anima, in preda ad una nebulosa di precarietà che rischia di trasformare un Paese autenticamente libero, un esempio di libertà costituzionale che ha finora rappresentato una delle più grandi e solide democrazie, in una nazione fragile in preda ad un oscuro marasma politico istituzionale. Non resta che sperare, come sostiene lo scrittore Paulo Coelho, che l’ora più buia sia quella che precede il sorgere del sole. Proprio come le prime parole dell’inno americano : “O say can you see, by the dawn’s early light”…