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L’Europa attacca Budapest. Ma la Cina viene in soccorso

In una lettera il presidente del consiglio europeo attacca il Paese magiaro per la sua azione diplomatica. Pochi giorni prima, anche la Commissione si era esposta in questo senso. Budapest incassa però il sostegno di Pechino

“Non posso accettare le tue affermazioni secondo cui l’Unione Europa ha condotto una politica favorevole alla guerra. È l’opposto: la Russia è l’aggressore e l’Ucraina la vittima che esercita il suo legittimo diritto all’autodifesa”. Ad utilizzare queste parole dure è il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, autore di una lettera inviata al premier ungherese Viktor Orban, in cui critica profondamente le mosse di quest’ultimo sul piano internazionale, in seguito all’assunzione della presidenza di turno del Consiglio dell’Ue da parte di Budapest. In quanto tale infatti “non ha alcun ruolo nel rappresentare l’Ue sulla scena internazionale” e “non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio europeo per impegnarsi a suo nome” per i colloqui di pace, scrive Michel. “Innanzitutto, la posizione dell’Ue sull’Ucraina viene concordata per consenso dal Consiglio europeo ed è stata confermata più di recente a giugno: noi, l’Ue, abbiamo ribadito il nostro fermo impegno a sostenere l’Ucraina e il suo popolo per tutto il tempo necessario e con la massima intensità necessaria. Abbiamo fornito sostegno all’Ucraina per difendersi dalla guerra di aggressione della Russia e per proteggere la sicurezza europea, come indicato nell’agenda strategica”. Michel ribadisce quindi l’assenza di un mandato Ue a Budapest per rappresentare l’Unione nel quadro dei colloqui di pace, un monito “già affermato chiaramente prima della visita” di Orban “a Mosca e successivamente ribadito dall’alto rappresentante il 5 luglio”.

La mossa di Michel si posiziona in modo coerente con la decisione presa dalla Commissione europea di boicottare il semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea in risposta ai viaggi di Viktor Orbán a Mosca e Pechino, considerati un affronto all’unità politica del blocco. Poche ore prima della diffusione della lettera di Michel, il portavoce della Commissione Eric Mamer aveva rilasciato la seguente dichiarazione: “Alla luce dei recenti sviluppi che hanno segnato l’inizio della presidenza ungherese, la presidente ha deciso che la Commissione europea sarà rappresentata a livello di alti funzionari solo durante le riunioni informali del Consiglio”.

La risposta è arrivata dal ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, il quale ha dichiarato che è inaccettabile stigmatizzare un Paese per aver mantenuto aperti i canali diplomatici ed essersi impegnato in colloqui di pace. “Non dobbiamo essere etichettati come ‘burattini di Putin’ o ‘propagandisti del Cremlino’ per aver sostenuto il dialogo e la pace”, ha dichiarato il ministro, che ha poi criticato Bruxelles per la sua posizione sui negoziati di pace, sostenendo che “in altri conflitti, l’Ue ha sempre chiesto la pace e il disarmo” mentre “con l’Ucraina, spinge per un ulteriore conflitto”.

Più morbida la posizione assunta da János Bóka, ministro ungherese per gli Affari europei, il quale ha dichiarato che la presidenza rimane “impegnata in una cooperazione sincera” per affrontare “le sfide comuni”, e che “L’Ue è un’organizzazione internazionale costituita dai suoi Stati membri. La Commissione europea è un’istituzione dell’Ue. La Commissione europea non può scegliere le istituzioni e gli Stati membri con cui vuole cooperare”.

Ma se da una parte subisce gli affondi degli altri Stati membri dell’Ue, dall’altra l’Ungheria riceve l’endorsement della Repubblica Popolare. Martedì 16 luglio il ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi ha infatti chiamato la sua controparte ungherese, affermando la disponibilità cinese a “unire le mani con l’Ungheria per riunire più forze a sostegno della pace, far sentire più voci razionali e spingere la situazione verso una soluzione politica. Attualmente la questione più urgente e l’obiettivo più realistico per la crisi ucraina sono di raffreddare la tensione il prima possibile”. La chiamata arriva a pochi giorni di distanza dalla visita fatta da Orbàn proprio in territorio cinese, all’interno del suo criticato tour diplomatico che è passato per Kyiv, Mosca ed, infine, Pechino.


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