Il secondo colpaccio di Marine Le Pen ha messo di buon umore i listini europei. La destra ha sì vinto, ma senza strafare e la possibilità di un governo di transizione, forse tecnico, sembra piacere agli investitori
Jordan Bardella forse non sarà premier di Francia, ma è certo che la destra transalpina, che risponde al nome di Marine Le Pen, ha compiuto un altro passo in avanti, pur non sfondando le linee. I mercati, che non amano gli estremismi, avrebbero potuto irrigidirsi dinnanzi al secondo colpaccio elettorale (il primo è stato assestato dalle europee) della figlia di Jean Marie Le Pen. E invece no, hanno tenuto i nervi saldi, quasi sollevati. Rassicurati, forse, dal fatto che se anche Giorgia Meloni ha dato prova di volere un’Europa più unita possibile e non certo preda dei nazionalismi, allora un dialogo costruttivo tra destre e Bruxelles è possibile. O forse, è stato sufficiente che la destra abbia sì vinto, ma senza dilagare.
Fatto sta che l’Europa si è svegliata all’indomani del voto francese con i listini tonici e di buon umore. Ressemblement National probabilmente non avrà la maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale e tanto basta ad aprire uno scenario di incertezza politica, con l’ipotesi di un governo di transizione a Parigi, magari persino tecnico. Ma non è l’Apocalisse e questo non dispiace ai mercati finanziari. Ecco dunque che le Borse del Continente hanno rimbalzato. Dal Cac40 francese che ha aperto gli scambi guadagnando il 2,6% (dopo aver perso il 2% la scorsa settimana) a Piazza Affari, impennatasi del 2%, per poi ripiegare in zona 1%. Bene anche Francoforte, +1,1%, Madrid, +1,6% e Londra +0,6%.
In scia al buonumore delle Borse, anche i mercati del debito. Lo spread tra i titoli di stato francesi Oat e il bund tedesco si è mostrato fin dal mattino in calo a 67 punti base, mentre il differenziale tra Btp e Bund si è portato a 153 punti base, con un rendimento del 4,05%, valori ambedue in calo rispetto alla scorsa settimana. Tutto questo non era certo scontato. Non bisogna mai dimenticare che il debito francese, in valore assoluto, è il più grande d’Europa, pari, a fine 2023, a 3.101 miliardi di euro. Nel 2024 il deficit pubblico sarà superiore al 5% del Pil, tra i più alti dell’Eurozona, mentre si prevede che il debito, vicino alla soglia del 110%, continui ad aumentare nei prossimi anni.
Non è un caso che secondo l’agenzia di rating Fitch, la decisione di indire elezioni parlamentari anticipate, abbia aumentato l’incertezza sul percorso di consolidamento fiscale del Paese e sulle prospettive di ulteriori riforme economiche. Secondo gli analisti di Unicredit, lo scenario più probabile è quello di un hung parliament in Francia, quindi senza una maggioranza politica definita, che potrebbe portare alla formazione di un governo tecnico. La Francia andrebbe quindi dritta verso anni di immobilità, che durerebbe fino alle prossime elezioni presidenziali del 2027. Ciò non aiuterebbe i gravi problemi di cui soffre l’economia francese, ma avrebbe il merito di consentire alle imprese di operare più o meno normalmente e di continuare a realizzare profitti. Forse anche per questo i mercati sono soddisfatti, perché lo scenario peggiore, quello di un governo a guida Rn, è stato evitato. Tanto basta.