Skip to main content

Pressioni (anche cinesi) del Pakistan sul Balochistan. Cosa succede

Il Baloch Yakjehti Committee alza l’attenzione sulle vessazioni che l’etnia del sud-ovest del Pakistan subisce da parte del governo, anche per proteggere gli interessi cinesi legati al Cpec

Il portavoce del Baloch Yakjehti Committee (Byc) invia a Formiche.net un racconto della situazione sofferta nell’area etnica regionale, il Balochistan, protagonista di rivendicazioni autonomiste e richieste di maggiori diritti da parte dei baloch, tanto quanto di vessazioni e soprusi dal governo pakistano. Ciò che accade è interessante perché queste dinamiche regionali incrociano enormi interessi internazionali, basta pensare che la zona in questione è quella di Gwadar. Là la Belt & Road Initiative sfoga nell’Oceano Indiano e prende il nome di China-Pakistan Economic Corridor (Cpec). Dunque certe evoluzioni sono fondamentali per comprendere un contesto altamente critico in cui i cinesi si trovano immersi, risentendo direttamente degli effetti del conflitto etnico in corso e aggravato dalla volontà di Islamabad di reprimere le istanze baluci anche per accontentare gli interessi di Pechino. Tra questi effetti, per esempio, una serie di attentati con cui i gruppi armati del Baluchistan hanno colpito i cinesi — accusati di essere la potenza che invade e vessa l’area.

Il racconto da Gwadar

Nei giorni scorsi, per 48 ore, internet è stato completamente bloccato a Gwadar e in gran parte del Makuran, mentre le reti telefoniche sono state disattivate. Questo isolamento forzato impedisce ai residenti di comunicare con il mondo esterno e di muoversi nel contesto informativo libero. Un modo molto comune usato dai governi autoritari per isolare regioni critiche. Di più: l’impossibilità della diffusione di informazioni rende complicata la copertura media.

Le interruzioni hanno coinciso con al manifestazione “Balochi National Gathering”, conosciuto anche come “Baloch Raji Machi”, un evento organizzato proprio dal Baloch Yakjehti Committee per sensibilizzare sull’oppressione e le violazioni dei diritti umani subite dalla popolazione Baloch in Pakistan. Il raduno, organizzato per il 28 luglio, mirava a unire l’etnia nel fare pressione, pacificamente, sul governo di Islamabad affinché ponesse fine alle sparizioni forzate, alle uccisioni extragiudiziali e allo sfruttamento delle risorse naturali della regione senza benefici per la popolazione locale.

Durante il raduno, le autorità hanno però imposto blocchi stradali, chiusure di internet e reti mobili, e hanno utilizzato gas lacrimogeni e proiettili contro i partecipanti. È stato inoltre imposto un coprifuoco non ufficiale a Gwadar e nelle aree circostanti, limitando la libertà di movimento delle persone. Nessuno era autorizzato a entrare o uscire dalla città simbolo del Cpec, creando un ambiente di confinamento forzato. Per comprendere il contesto, basta pensare che durante un viaggio verso il Baloch National Gathering a Gwadar nel luglio 2024, un convoglio di manifestanti è stato attaccato letteralmente attaccato dall’esercito pakistano a Mastung, racconta il Byc. L’attacco ha provocato 14 feriti, tra cui tre in condizioni critiche. Non è un caso isolato, altri raid simili sono avvenuti al checkpoint di Talar e un convoglio proveniente da Karachi è stato fermato nei pressi del Buzzi Pass. Le autorità pakistane ha fermato (come già fatto in altre occasioni) queste persone per ore, lasciandole senza acqua e cibo all’aperto, con l’obiettivo di scongiurare movimenti in futuro.

Raid, sparizioni forzate e denunce false sono state usate per sabotare la manifestazione nazionale, dicono i Baloch, che raccontano queste azioni per aumentare il clima di paura e repressione tra la popolazione. In risposta alle azioni del governo, sono in corso scioperi e sit-in in diverse parti di Balochistan. Questi atti di resistenza sono spesso metodi di protesta pacifica, ma sottolineano il malcontento e la repressione subita dalla popolazione.

Narrazioni e interessi 

Il Baloch Yakjehti Committee è un’organizzazione particolarmente focalizzata sulla promozione della solidarietà e dell’unità tra i Baloch e sulla difesa dei loro diritti umani. Denuncia le violazioni dei diritti umani e lavora per la sensibilizzazione riguardo alla situazione critica in Baluchistan, una regione caratterizzata da annosi conflitti e tensioni politiche.

Sebbene il Byc non abbia legami documentati con episodi terroristici condotti da altri tipi di gruppi baluci, la repressione delle loro attività tendenzialmente pacifiche potrebbe in modo indiretto favorire i movimenti separatisti violenti, che sostengono che l’attivismo pacifico è inefficace in Pakistan. Le autorità pakistane hanno talvolta accusato i manifestanti di fomentare disordini, ma tali accuse non sono supportate da prove concrete di attività terroristiche legate al Byc e sono sempre apparse come scuse per giustificare azioni di forza.

Il Balochistan è una regione situata nel sud-ovest del Pakistan, caratterizzata da una forte identità etnica e culturale distinta. La regione è stata annessa al Pakistan nel 1948, un anno dopo l’indipendenza del Pakistan dall’India britannica. Sin dall’inizio, molti Baloch hanno contestato l’annessione, ritenendola forzata e illegittima. La regione è ricca di risorse naturali, tra cui gas naturale, carbone e minerali. Tuttavia, i Baloch lamentano che i proventi di queste risorse vengono sfruttati dal governo centrale senza benefici significativi per la popolazione locale. Questo ha alimentato sentimenti di sfruttamento e marginalizzazione economica. I Baloch sostengono che non ricevono una quota equa delle entrate derivanti dalle risorse della loro regione e che sono esclusi dalle decisioni politiche ed economiche che li riguardano direttamente.

Il ruolo di Pechino

La Cina gioca un ruolo significativo e complesso nel contesto del conflitto in Balochistan, principalmente attraverso i suoi investimenti economici, in particolare il Cpec. È un progetto di infrastrutture e sviluppo da 62 miliardi di dollari, pensato per collegare la regione autonoma cinese dello Xinjiang (quella dove la Cina sta compiendo una campagna di rieducazione ai danni delle popolazioni musulmane locali) con il porto di Gwadar, dunque portare le merci da uno dei centri produttivi cinesi (anche grazie al lavoro forzato con cui le minoranze dello Xinjiang sono chiamate a dimostrare di essere “bravi cinesi”) con l’Oceano Indiano. Percorsi stradali, ferrovie e porti compongo il grande progetto, cruciale per la strategia geoeconomica e geopolitica di Xi Jinping.

Gli investimenti cinesi in Balochistan sono stati presentati come un’opportunità di sviluppo per la regione, ma la popolazione locale percepisce che i benefici economici non sono equamente distribuiti. Molti Baloch ritengono che le risorse della loro terra vengano sfruttate senza un adeguato ritorno per la comunità locale, aumentando il risentimento e la percezione di marginalizzazione economica. La presenza cinese ha anche esacerbato le tensioni di sicurezza. I gruppi separatisti Baloch hanno condotto attacchi contro le infrastrutture del Cpec e i lavoratori cinesi, vedendo questi progetti come simboli dell’oppressione economica e politica. In risposta, il governo pakistano ha intensificato le misure di sicurezza nella regione, spesso con il sostegno indiretto della Cina, che ha chiaramente tutto l’interesse nel proteggere il suo investimento.

Val la pena ricordare che la cooperazione tra Cina e Pakistan va oltre gli investimenti economici, includendo anche aspetti militari e di sicurezza. La Cina fornisce supporto al Pakistan sotto forma di assistenza economica, armi e tecnologia militare, contribuendo anche a rafforzare le capacità repressive del governo pakistano contro i movimenti separatisti e le proteste pacifiche: è una necessità securitaria per la Cina il controllo del Balochistan, per tale ragione i locali considerano Pechino un rivale alleato di Islamabad. Dietro a tutto questo, lo schema centrale di questa cooperazione sino-pakistana è finalizzato a creare problematiche all’India, rivale di entrambi.

×

Iscriviti alla newsletter