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Sul Collaborative Combat Aircraft il Pentagono sta facendo bene, ma è solo l’inizio. Report Csis

Pentagono

Il think tank statunitense elogia l’approccio adottato dal Dipartimento della Difesa nello sviluppo dei nuovi droni gregari, dalle ragioni strategiche di fondo alle scelte innovative. Ma sottolinea che questo è solo il primo passo

All’interno del processo di innovazione militare portato avanti dal Dipartimento della Difesa di Washington, il programma di sviluppo dei Collaborative Combat Aircraft (Cca) rappresenta senza dubbio una delle punte di lancia. L’obiettivo di questo programma è quello di sviluppare due sistemi volanti semi-autonomi che svolgano il ruolo di “gregario” ai velivoli di quinta e sesta generazione, eseguendo una serie di missioni diverse che spaziano dalla guerra elettronica all’Intelligence, Surveillance and Recognition, al combattimento in aria con velivoli nemici, e altro ancora. Il tutto a un prezzo decisamente inferiore rispetto ai velivoli pilotati, il cui costo continua ad accrescersi in modo direttamente proporzionale al loro livello tecnologico. Il programma ha registrato importanti progressi nella primavera di quest’anno, con l’aumento dei fondi ad esso destinato ed il passaggio alla seconda fase nella selezione dei prototipi realizzati da alcune aziende della difesa coinvolte, nello specifico Anduril e General Atomics.

I progressi in questo ambito sono al centro di un report pubblicato dal Center for Strategic and International Studies, dove Gregory C. Allen e Isaac Goldston, rispettivamente direttore e research assistant del Wadwhani Center for AI and Advanced Technology, si soffermano su alcune quattro aree significative tanto per il progetto Cca quanto per l’approccio all’innovazione tecnologica da parte dell’apparato della difesa statunitense.

A partire dall’attenzione dedicata dall’Air Force a finanziare in modo consistente i sistemi autonomi attraverso un program of record (nel gergo del Pentagono, un programma di acquisizione formale che è stato approvato e autorizzato dal livello appropriato di autorità all’interno del Dipartimento della Difesa, che garantisce al progetto stabilità, fama e costanza). Questi sistemi hanno ora un percorso chiaro (almeno dal punto di vista finanziario e burocratico) per uscire dal territorio dei progetti scientifici del Dipartimento della Difesa e passare all’impiego operativo su scala ridotta nei Comandi di tutto il mondo.

In secondo luogo, l’approccio seguito in questo frangente dall’Air Force per l’acquisizione e l’appalto risolve finalmente molte criticità delle acquisizioni precedenti: fino ad ora i requisiti erano scritti in modo così ristretto da limitare le proposte innovative provenienti dall’industria, e la competizione tra aziende concorrenti veniva chiusa troppo presto all’interno ciclo di vita del programma per continuare a stimolare l’industria in modo aggressivo.

Inoltre, il Pentagono ha separato i percorsi di acquisizione del software e dell’hardware relativi al Cca, così da potersi permettere di selezionare i partner industriali più interessanti in ciascuna area, piuttosto optare per una proposta con un hardware interessante ma un software poco attraente, o viceversa. E anche l’approccio impiegato sulla proprietà intellettuale, sviluppata dall’industria ma di proprietà del governo, grazie all’Autonomy-Government Reference Architecture, rappresenta un’innovazione non marginale.

Infine, la scelta dell’Air Force di optare per un non afferente al mondo dell’apparato militare-industriale tradizionale, ovvero Anduril, rappresenta un segnale incoraggiante per altri imprenditori e investitori che si chiedono se sia il caso di dedicare tempo o denaro allo sviluppo di tecnologie per il Dipartimento della Difesa.

Tuttavia questi sviluppi, per quanto apprezzabili, non sono assolutamente sufficienti a garantire agli Stati Uniti un vantaggio competitivo rispetto al rivale cinese. Come fanno notare gli autori del report “il vantaggio degli Stati Uniti sulla Cina nella produzione commerciale è, come nel settore militare, più forte nella produzione di un basso numero di costosi sistemi sofisticati, come le macchine ultraprecise che alimentano le fabbriche di semiconduttori in tutto il mondo”, non nella produzione di massa di sistemi come il Cca. La strada imboccata pare essere dunque quella giusta, ma il percorso nel mantenimento pare essere ancora lungo e tortuoso.


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