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Cosa significa il colpo di Kursk per Meloni. L’opinione di Sisci

Le implicazioni dell’offensiva Ucraina nella regione russa di Kursk saranno larghe e strategiche. Non è chiaro come evolverà la situazione, ma è chiarissimo il duro colpo al presidente russo Putin e che ci saranno riflessi molto ampi forse fino in Italia. E Meloni, sia fuori che dentro il Paese, è isolata. Il commento di Francesco Sisci

L’offensiva Ucraina nella regione russa di Kursk è in corso ormai da una settimana e non è una semplice sortita ma ha implicazioni larghe e strategiche. Non è chiaro come evolverà la situazione, ma è chiarissimo il duro colpo al presidente russo Vladimir Putin e che ci saranno riflessi molto ampi forse fino in Italia.

Dopo una settimana, la Cina, il convitato di pietra della guerra ucraina il 12 agosto, ha rotto il suo silenzio. A differenza dell’inizio della guerra, quando si era precipitata a fare eco alla retorica russa, lunedì in una dichiarazione rilasciata dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, si è sforzata di prendere le distanze dalla nuova offensiva a Kursk. Si tratta oggettivamente di uno sviluppo importante, che potrebbe rappresentare un colpo politico significativo per Putin. Anche la Cina ha il dubbio che l’offensiva potrebbe essere più profonda e significativa di quanto Mosca vorrebbe far credere.

Non si sa quante sono le truppe di Kyiv impegnate, duemila uomini, diecimila o anche di più. I combattimenti sono arrivati fino alla città di Kursk, a circa 100 km dal confine russo ucraino e a 500 km da Mosca.

Putin per ricacciare gli Ucraini deve sottrarre truppe dal fronte (da dove? quanti?) o mobilitarne di nuove. Entrambe le scelte comportano rischi perché Kursk fa parte di una strategia più estesa e non si sa quali saranno le prossime mosse ucraine.Inoltre, combattere a casa, tra propri civili, è molto diverso da farlo fuori, tra “ostili” che possono essere attaccati, terrorizzati o semplicemente trascurati.

Finora le guerre di Putin non hanno mai dovuto considerare di preservare l’ambiente di battaglia, e anzi ha fatto sempre terra bruciata, dalla Cecenia, alla Siria all’Ucraina. Oggi una “terra bruciata” a Kursk potrebbe avere ricadute pesanti. Ma l’esercito russo è capace di combattere una guerra di fino?

E se anche offensiva ucraina fosse respinta presto Mosca dovrà sorvegliare meglio la frontiera, quindi ci vogliono comunque più uomini, disposti diversamente. E la popolazione civile di confine che farà? Abbandonerà le case e si rifugerà a Mosca diffondendo allarme o panico?

Poi c’è la possibilità che l’Ucraina si rafforzi e si allarghi nell’area. Cambierebbero le condizioni delle trattative o forse gli esiti della guerra. Le zone occupate oggi dai russi potrebbero essere scambiate con quelle in mano agli ucraini e lo stesso regime di Mosca potrebbe cadere.

Kursk cambia anche le condizioni per l’America e l’Europa. Sarà più difficile per gli alleati cedere alle tentazioni e abbandonare Kyiv a sé stessa. Potrebbe incidere sulla narrazione elettorale del candidato repubblicano Donald Trump, dettosi in passato pronto a trattare con Putin e cedere l’Ucraina.

Putin si trova di fronte a molte scelte difficili che devono andare tutte bene. Sbagliarne anche una gli complicherebbe la vita fino a rischiare di perderla. Il presidente Volodimir Zelensky ha segnato un grosso risultato. Ma la partita non è finita, è a una svolta.

Per Putin la guerra dei campi di battaglia è semplicemente spietata, senza fantasia. Ma è un genio della guerra ibrida. Se non vince con i soldati cerca spazio dietro le linee politiche nemiche, nel ventre molle della parte avversa. L’Italia in teoria è un bersaglio ideale per i tanti simpatizzanti putiniani annidati ovunque e un governo molto traballante.

Il governo Meloni

I punti dolenti dell’esecutivo di Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia (FdI) sono quasi infiniti. Il viaggio in Cina ha bruciato ponti con gli Usa senza avere un successo con la Cina (si veda questo articolo). Nella Ue la Meloni non ha appoggiato la maggioranza e si trova oggi fuori dalla stanza dei bottoni. Quindi all’estero chi sostiene il governo italiano? Senza sponde forti fuori qualunque governo, anche quelli delle superpotenze, traballano. Molto di più, per una media potenza con gravi questioni strutturali come l’Italia.

All’interno la Lega di Matteo Salvini ha scelto di barricarsi a destra e ha tolto fiato a FdI in quell’area. Al centro la famiglia Berlusconi è tornata a fare politica attiva entrando nelle vicende di Forza Italia (FI) e, secondo le cronache, è in rotta di collisione con la premier.

Meloni è isolata, dentro e fuori dal Paese, a destra e a sinistra. Potrebbe non avere un futuro. Nei mesi scorsi l’impressione era che, per quanto debole, Meloni non avesse alternative. Oggi ci sono. FI potrebbe rompere l’accordo attuale e sostenere una coalizione di transizione. Meloni avrebbe la scelta di votarlo o andare alle urne dove rischia un pesante ridimensionamento. Può esserci una alleanza di centro con la sinistra, con un patto sostanziale tra Marina Berlusconi ed Elly Schlein.

Soprattutto la possibilità di ritorsioni ibride di Putin dovrebbe spingere il Parlamento a serrare presto le fila e considerare un governo di unità nazionale dove l’allarme non è l’economia ma la sicurezza del Paese.

La premier forse cerca un recupero domestico. Da qualche giorno circola la voce di un incontro riservato e vacanziero in Sardegna tra Marina Berlusconi e Giorgia Meloni per ricucire. Certo non sarebbe inutile, ma il quadro forse va al di là di un pranzo ferragostano.



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