Gli immensi terreni edificabili di proprietà degli enti locali e rimasti invenduti a causa della crisi immobiliare, hanno generato immani perdite per le amministrazioni. Le quali ora cercano alternative per far quadrare i conti
Il virus, mai debellato, è sempre quello: il mattone, padre di tutti i guai cinesi. Sono passati anni da quando la crisi immobiliare, simboleggiata dal crack di Evergrande, ha inghiottito le speranze di una ripresa della seconda economia globale, degna dei bei tempi andati. E oggi, le grandi amministrazioni locali, pagano ancora il conto del disastro. La storia è nota, gli immensi terreni edificabili di proprietà pubblica, non sono stati venduti oppure, quando edificati, gli appartamenti su di essi costruiti sono rimasti sfitti. Questo, dal momento che le aree sono di proprietà delle stesse provincie, ha creato enormi problemi di cassa a queste ultime.
Come compensare le perdite subite? Semplice, con le multe. La prova sta nel fatto che le autorità locali in Cina hanno raddoppiato le loro entrate dalle sanzioni rispetto a un decennio fa. Il reddito da ammende è stato pari a 368,7 miliardi di yuan (51,8 miliardi) nel 2022, rispetto ai 161,3 miliardi di yuan del 2013, mentre il conto dello scorso anno potrebbe toccare i 380 miliardi di yuan, in ulteriore crescita. La sola provincia di Panjin, tanto per fare un esempio, ha raccolto 1,3 miliardi di yuan in multe l’anno scorso, con una media di oltre mille yuan per residente ed equivalente al 13% delle entrate fiscali della città.
La stretta sulle multe si è resa necessaria come detto per sopperire alle enormi perdite ascrivibile al deprezzamento dei terreni. Le entrate derivanti dalla vendita di diritti d’uso per la terra di proprietà statale alle grandi società del mattone, come Evergrande, sono infatti diminuite bruscamente durante la crisi immobiliare, crollando fino al 30%. Anche le entrate fiscali, quelle cioè legate ai tributi tradizionali, non sono bastate, costringendo molte amministrazioni a rivolgersi alle multe come alternativa.
Ma a Pechino sono preoccupati. Il partito teme infatti che l’ondata di sanzioni potrebbe aumentare malcontento pubblico, potenzialmente scatenando una rabbia simile alla reazione contro le politiche restrittive di zero-Covid nell’autunno del 2022. Tanto che lo stesso governo ha invitato le autorità locali ad astenersi da multe eccessive. Ma servirà?