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Fitto, l’uomo di mediazione che tesse la rete di Meloni in Ue. Parla Pittella

Fitto è un ministro molto autorevole, che si è distinto per un grande lavoro in Italia e in Europa. In Ue, fra l’altro, è stato capace di far eleggere uno dei vicepresidenti con l’appoggio del partito popolare. Dunque anche sotto questo profilo è importante un profilo come il suo in Europa per Meloni. È un profilo di mediazione e non di scontro. Ora dovrà lavorare su Pnrr, coesione e transizione energetica. Colloquio con l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella

Un profilo “autorevole e competente, che conosce bene i meccanismi europei. Insomma, un democristiano: e per me è un complimento”. L’ex vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella è uno di quelli che non ha mai avuto problemi a dire liberamente quello che pensa. E, sulla candidatura del ministro Raffaele Fitto a commissario europeo, non ha dubbi: “È stata un’operazione molto intelligente da parte del premier Giorgia Meloni“.

Pittella, il nome di Fitto circolava già da un po’. Cosa ha portato a questa decisione da parte del premier?

Fitto è un ministro molto autorevole, che si è distinto per un grande lavoro in Italia e in Europa. In Ue, fra l’altro, è stato capace di far eleggere uno dei vicepresidenti con l’appoggio del partito popolare. Dunque anche sotto questo profilo è importante un profilo come il suo in Europa per Meloni. È un profilo di mediazione e non di scontro. Ora, resta da capire quali saranno le deleghe. Mi immagino che sarà qualcosa di coerente al suo lavoro su tanti fronti, a partire dai fondi di Coesione e Pnrr.

Quali i dossier principali sui tavoli europei?

Il principale è l’attuazione del Patto di Stabilità con i nuovi parametri europei. Nell’ambito del negoziati c’è stata, a mio giudizio, una sottovalutazione complessiva di questo tema. In realtà, si tratta di qualcosa che impatta profondamente anche sugli equilibri di finanza pubblica italiana e dunque sulla finanziaria.

Resta anche il nodo del Pnrr. 

Sì. L’Italia è il Paese che ne ha maggiormente beneficiato e dunque anche questo sarà senz’atro un fronte cruciale sul quale Fitto dovrà lavorare. A questo andrà aggiunto anche un forte impegno sul versante della coesione: la riforma dovrà essere varata durante questa legislatura e avrà un profondo impatto sul Mezzogiorno. L’altro punto nevralgico è legato alla transizione energetica e all’impatto sui comparti industriali europei e nazionali.

Lei ha definito Fitto un democristiano, con accezione positiva. Che significa, nel contesto europeo di oggi?

Fitto è figlio di quella cultura e di quell’ideologia della quale sentiamo molto la mancanza. Collocare Fitto in quella posizione significa, per Meloni, rafforzare i rapporti tra Conservatori e Popolari. Anche l’incontro con Weber (che non è antitetico a Ursula von der Leyen) si muove in questa direzione. Il ministro è capace di unire e coagulare tante sensibilità. Resta, però, per Meloni un problema di tipo politico.

Che cosa intende dire?

Il premier si è presentata in Ue a muso duro, non votando per il bis alla presidenza della Von der Leyen collocandosi dunque al di fuori della maggioranza. Adesso con Fitto cerca di riallacciare i rapporti con i popolari di cui la presidente della Commissione è espressione. Può funzionare, certo, ma occorre che Meloni faccia capire da che parte vuole stare dell’Europa.

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