Il cantiere della prossima legge di Bilancio è aperto da oltre un mese al Tesoro, ma ora si cerca di stringere un poco alla volta il cerchio. Si parte da 25 miliardi dentro i quali incastonare il taglio del cuneo fiscale e la riduzione dell’Irpef. Mercati e Patto di stabilità le variabili
Al Tesoro, dicono i bene informati, hanno cominciato a fare i primi brainstorming già da luglio. Per allestire quella manovra, la terza del governo di Giorgia Meloni e firmata da Giancarlo Giorgetti, che dovrà resistere a un triplice urto. Primo, eventuali scossoni da parte dei mercati, che sì hanno incassato molto bene il voto francese, smaltendone i postumi, ma sono pur sempre allerta verso un Paese il cui debito pubblico nel giro di poche settimane sfonderà quota 3 mila miliardi. Secondo, i tassi, che la Bce ancora tiene piuttosto alti, nonostante la sterzata della Fed, cinque giorni fa, a Jackson Hole. Terzo, l’uno due Patto di stabilità-procedura per deficit. Costo, miliardo più, miliardo meno, circa 20 miliardi e con la prima boa il prossimo 20 settembre, quando Roma, insieme ai suoi partner europei, dovrà spedire a Bruxelles il piano con cui rimettere i conti pubblici nell’alveo delle regole fiscali.
La base di partenza sono 25 miliardi dentro i quali incastonare due misure che per il governo sono una specie di totem: la riduzione dell’Irpef sul ceto medio e il rifinanziamento del taglio al cuneo fiscale. Che i motori siano ormai accesi e ben avviati lo dimostrano anche le parole del vicepremier, Antonio Tajani, che ha già anticipato l’ordine del giorno del prossimo vertice di maggioranza, il prossimo 30 agosto: la legge di Bilancio per l’appunto, che l’Ue si aspetta sul proprio tavolo entro il 20 ottobre.
Per ora la manovra avrebbe solo un paio di punti fermi, sui quali tutte le forze politiche che compongono la maggioranza sono d’accordo: confermare il taglio del cuneo contributivo ma anche la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef introdotta lo scorso anno ma valida solo per dodici mesi. Si parte da un impegno di 25 miliardi di euro, ma le risorse sarebbero già state individuate. La prima misura, il taglio del cuneo comporta un aumento netto delle buste paga in media di 100 euro per i redditi fino a 35 mila euro, costa da solo 10,7 miliardi.
La revisione delle aliquote Irpef, invece, verrebbe incontro al ceto medio, ma ha un costo alto, circa 4 miliardi e può contare sui soldi già raccolti nel Fondo per la riforma fiscale. Al momento le aliquote Irpef sono tre: la prima, del 23%, si ferma a 28 mila euro, la seconda del 35% si applica tra i 28mila e i 50 mila euro, la terza del 43% oltre questa soglia. Per alleggerire la pressione sul ceto medio si punta insomma, coperture permettendo, a ridurle a due o ad abbassare di qualche punto quella del 35%. Per il taglio del cuneo, invece, le risorse da mettere in manovra andranno trovate da nuovi spazi di deficit grazie al buon andamento delle entrate tributarie e tagli di spesa (2,5 miliardi).
Premesso che tra cuneo e Irpef il conto tocca già i 15 miliardi, il governo punta a portare a casa un altro paio di misure, certamente meno rilevanti delle prime due. Per esempio la proroga della riduzione del Canone Rai, da 90 euro a 70 euro e possibilità per imprese e i professionisti di assumere con un contratto a tempo indeterminato deducendo una quota del costo del lavoro pari al 120% (fino al 130% di sgravio per soggetti ex-destinatari del reddito di cittadinanza, donne e giovani). Ma tutto questo andrà fatto al netto del rispetto dei vincoli di bilancio previsti dal Patto e con il vento, si spera, in poppa, dei mercati.