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Nuova grana per Musk? Il chatbot Grok sparge falsità sulle elezioni Usa

Con una lettera aperta, cinque segretari di Stato hanno chiesto al tycoon di mettere mano al suo strumento che diffonde fake-news su Kamala Harris sulla piattaforma X, influenzando l’opinione pubblica. Il miliardario di nuovo al centro della cronaca elettorale (e internazionale)

Una lettera aperta, sottoscritta da cinque segretari di Stato. È quella che Steve Simon (Minnesota), Al Schimdt (Pennsylvania), Jocelyn Benson (Michigan), Steve Hobbs (Washington) e Maggie Toulouse Oliver (New Mexico) hanno inviato a Elon Musk per chiedergli di rimettere mano al chatbot di X basato su intelligenza artificiale, Grok. Motivo: diffonde false informazioni. Su chi: Kamala Harris, non proprio una figura qualunque. Per il chatbot infatti la candidata dei Democratici alle prossime presidenziali non sarebbe candidabile, in quanto sarebbe scaduto il termine ultimo di presentazione in nove Stati – Alabama, Indiana, Michigan, Minnesota, New Mexico, Ohio, Pennsylvania, Texas e Washington. In realtà in nessuno di questi è stata oltrepassata la deadline: l’unico che l’aveva messa a inizio agosto era l’Ohio, salvo poi ripensarci e prorogarla a settembre. Ma non per Grok, che ha quindi diffuso fake-news a un numero di utenti imprecisato, ma comunque molto alto. Lo strumento è disponibile solo per quelli che hanno sottoscritto un abbonamento premium, ma le ricondivisioni sono visibili da chiunque.

La questione si inserisce in una campagna elettorale già di per sé incancrenita dai toni degli attori protagonisti, attenzionata per via delle possibili infiltrazioni ibride che rischiano di condizionarla, a cominciare dai tanti deep-fake che vanno diffondendosi. Quello che viene criticato da parte dei segretari è un’informazione elettorale sbagliata, a dir poco fuorviante, che potrebbe avere effetti concreti il prossimo 5 novembre.

Come ha spiegato al Washington Post il segretario del Minnesota, Simon, gli errori servono per migliorarsi. “Quest’ultimo episodio è spiacevole, ma è anche un’opportunità per lanciare un monito collettivo sulla necessità di agire per conto degli elettori americani. Siamo tutti uniti dall’obiettivo di garantire che gli elettori ricevano informazioni accurate e che cerchino fonti affidabili per tali informazioni”.

Nella lettera indirizzata a Musk, i cinque segretari hanno chiesto al tycoon di seguire l’esempio di OpenAI, madre di ChatGPT che, “comprendendo i rischi di informazioni imprecise prodotte dai chatbot, ha collaborato con la National Association Secretaries State per garantire che gli elettori abbiano accesso a informazioni elettorali accurate e aggiornate quando utilizzano strumenti di IA. ChatGPT è stato programmato per indirizzare gli utenti a CanIVote.org – una risorsa apartitica di amministratori elettorali professionisti di entrambi i partiti principali – quando gli viene chiesto di rispondere in merito alle elezioni”.

Il fatto è che la stortura di Grok è difficile da raddrizzare. A richiesta di chiarimento, Musk ha alzato spallucce, dando dimostrazione di poco interesse. D’altronde era talmente stufo della libertà di parola e delle idee progressiste che lo scopo per cui l’ha pensato è proprio quello di essere un chatbot anti-woke, contro i pregiudizi della tecnologia dei rivali. Anche nel modo di rispondere, il suo strumento non doveva apparire per forza come equilibrato e cordiale. Ma, come sottolinea il Wp, non è il tono della voce che i segretari criticano, quanto piuttosto il contenuto di ciò che dice Grok: falsità.

Non è la prima volta che Musk entra nella cronaca della campagna elettorale, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima. Il capo di X, SpaceX e Tesla ha già dato il suo endorsement a Donald Trump, promettendo di versare 45 milioni di dollari al mese al suo America Pac, salvo poi ripensarci. Ma lo voterà, questo è certo, così come è chiaro che ormai è un proxy del trumpismo. Per via di una legge che vieta ai professori di rivelare il cambio di genere ai genitori di un alunno, una legge da poco votata dal governatore della California Gavin Newsom, Musk ha deciso di spostare in Texas il quartier generale di X e SpaceX.

L’imprenditore di Pretoria ha da qualche mese cambiato approccio nel modo di stare sui social, o comunque lo ha adattato alla filosofia del free-speech. Commenta e ritwitta molto spesso post e contenuti vicini a teorie complottiste, come quella che vede i Democratici sfruttare le leggi per violentare i minori (tra cui proprio quella appena emanata in California), alimentando dubbi infondati.

Ne sa qualcosa anche il governo britannico. “La guerra civile è inevitabile”, ha commentato Musk riprendendo un video sulle violenze nel Regno Unito che, secondo lui, sarebbero la somma tra l’immigrazione di massa e politiche di integrazione fallimentari. “Parole irresponsabili”, ha tuonato Downing Street. “Questa è la gran Bretagna o l’Unione Sovietica?”, ha risposto il miliardario. Qualsiasi sia la risposta, X e il suo capo stanno diventando un problema per le istituzioni di mezzo mondo.



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