Il governo Meloni è parte del lavoro per evitare il caos nel Mediterraneo allargato che potrebbe scoppiare dopo la rappresaglia iraniana contro Israele. Washington include Roma nella telefonata con gli E3. Per Varvelli (Ecfr), “c’è un ruolo italiano” riconosciuto. Meloni non è isolata, ma parte delle discussioni del più delicato dei dossier internazionali del momento
Gli Stati Uniti hanno invitato l’Italia a partecipare alla riunione con Francia, Germania e Regno Unito (E3) di ieri sera: una call per discutere insieme come procedere per gestire la rappresaglia iraniana contro Israele. Tutto in un momento delicatissimo, dove la stabilità del Medio Oriente sembra ormai questione di ore.
La notizia è proprio l’eccezionale inclusione di Roma in un sistema diplomatico di cui solitamente non ne è parte. Ed è una buona notizia per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Dimostrazione che il network creato dalla leader è solido, nonostante gli scivoloni di alcuni ministri su temi delicati (come i rapporti con la Cina e l’assistenza all’Ucraina). Quello mediorientale è adesso il più sensibile dei dossier internazionali e l’Italia è invitata a condividerne la gestione.
Gli E3 sono il formato che ha precedentemente promosso, successivamente negoziato, l’accordo sul nucleare iraniano noto con l’acronimo Jcpoa. L’accordo è stato definitivamente messo in crisi operativa dall’uscita unilaterale decisa dall’amministrazione Trump nel 2018. Da quel momento, sono stati proprio gli E3 a mantenere aperta una comunicazione diplomatica con l’Iran. Tuttavia Roma è un attore centrale del Mediterraneo allargato e la convocazione telefonica di ieri dà conferma che tale ruolo è riconosciuto. E che Meloni non è isolata a livello internazionale.
“C’è sicuramente un ruolo italiano, regionale e internazionale, che non è solo frutto della presidenza del G7, formato per altro non amato da Teheran. L’Italia ha totale interesse a essere parte di coloro che adesso cercano di evitare il peggio, perché il caos prodotto da una potenziale spirale militare si innescherebbe in quello che geopoliticamente parlando è il nostro cortile di casa”, spiega Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr.
“E però, è chiaro che adesso il governo italiano è chiamato a una prova di presenza, nonché di efficacia, nel novero di competenze che la nostra diplomazia ha comunque sempre dimostrato e di capacità che non dovrebbero mancarci”. Per Varvelli, dalla telefonata con E3 e Usa emerge che anche tra gli altri attori internazionali il ruolo di Roma viene percepito, le esigenze ascoltate. Sul piano politico a uso interno ed esterno, per Meloni è dunque un buon risultato. Dimostra che la premier è considerata nelle dinamiche internazionali più delicate del momento, spiega il direttore del think tank paneuropeo.
Non a caso, nei giorni scorsi Meloni aveva avuto un colloquio telefonico con Massud Pezeshkian, presidente iraniano che prima di lei aveva sentito il francese Emmanuel Macron e dopo ha parlato con il premier britannico, Keir Stramer. Ieri, più o meno mentre Meloni parlava con gli alleati occidentali, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha avuto a sua volta una telefonata con il collega Ali Bagheri Kani — dalla quale Tajani dichiara di essere uscito deluso per via della “rigidità” iraniana. Oggi, la premier ha parlato al telefono con l’omologo israeliano, Benjamin Netanyahu.
“Nel riconoscere il diritto all’autodifesa di Israele, il Presidente del Consiglio ha sottolineato l’importanza di una de-escalation a livello regionale, incluso lungo il confine israelo-libanese dove è presente la forza di interposizione delle Nazioni Unite, Unifil, in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano”, spiega una nota di Palazzo Chigi.
Italia, E3 e Stati Uniti lavorano con un duplice scopo. Da un lato, con Teheran, evitare che la rappresaglia sia eccessivamente profonda e dunque dannosa. Dall’altro assicurarsi, con la deterrenza e con gli assetti difensivi schierati, la protezione dello stato ebraico. Per questo gli Usa si sono rafforzati nella regione, e va considerato che per certi obiettivi potrebbero servire anche le basi in Italia (già operative per monitoraggi nel quadrante).
Il timore è inoltre che la rappresaglia iraniana finisca per far saltare il tavolo di Ferragosto, organizzato per riproporre il formato negoziale per il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Formato che qualche settimana fa era passato anche da un incontro a Roma.
In definiva l’obiettivo è evitare ulteriori spirali violente e l’innesco del caos. Si cerca contemporaneamente di porre Teheran nell’alveo della responsabilità, con la diplomazia; di mostrare i muscoli per rendere quelle discussioni diplomatiche più concrete; di prepararsi a gestire gli effetti di un non-convincimento (la rigidità di cui parla Tajani insomma), anche per evitare incidenti; di consolidare la piattaforma negoziale su Gaza. In questo perimetro, anche l’Italia gioca le sue carte.