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Strage di Bologna, cosa può fare la destra per fermare le polemiche secondo Cangini

Cosa dovrebbe fare, dunque, la destra convinta che quella dei Nar sia una falsa pista? Dovrebbe far emergere una verità diversa da quella giudiziaria. Come? Una nuova commissione d’inchiesta. Il commento di Andrea Cangini

Quest’anno l’accusa è stata più esplicita, la difesa più energica, la polemica più accesa. Ma, in fondo, ogni 2 agosto va in scena lo stesso film: il presidente dell’Associazione familiari della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, accusa, più meno esplicitamente, gli eredi del Movimento sociale italiano di collusioni ideali con gli autori della strage, qualcuno da destra mette in discussione la verità processuale adombrando la pista palestinese, la polemica si trascina per altri due o tre giorni, la questione si inabissa nelle viscere della Repubblica fino al 2 agosto successivo. Dal punto di vista politico, come dal punto di vista storiografico, assistiamo ad una dinamica letteralmente insensata. Delle due l’una: o la destra post missina trova il coraggio di confutare apertamente la ricostruzione giudiziaria della strage di Bologna, oppure meglio farebbe ad accettare passivamente quella verità, come implicitamente suggerito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Che le sentenze di Bologna siano frutto di un “teorema giudiziario” non lo pensano solo diversi esponenti della destra. Negli anni, con interviste, appelli e libri lo hanno più o meno esplicitamente sostenuto il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, giornalisti di sinistra come Andrea Colombo e Piero Sansonetti, personalità della sinistra come Sandro Curzi, Luigi Manconi e Furio Colombo, storici democratici come Nicola Tranfaglia e Giovanni Oliva, rispettati magistrati un tempo impegnati nella lotta al terrorismo come Guido Salvini. Insomma, avere dei dubbi è legittimo.

Negli anni persino tra i familiari delle vittime c’è stato chi ha rimproverato a Bolognesi un eccesso di politicizzazione della vicenda. Quest’anno è stato il turno di Roberto Della Rocca, presidente dell’Associazione italiana vittime del terrorismo, secondo il quale aver messo in relazione la matrice dell’attentato con l’attuale “destra di governo” è una forzatura. Del resto, che quest’anno Paolo Bolognesi avesse intenzione di alzare il livello dello scontro si è capito quando ha attribuito ad una logica pidduista la decisione del governo Meloni, attraverso il ministro della Giustizia Carlo Nordio, di separare le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei magistrati requirenti. Ma, tant’è. Questo è il clima che tendenzialmente si respira in Italia ai primi di agosto.

Cosa dovrebbe fare, dunque, la destra convinta che quella dei Nar sia una falsa pista? Dovrebbe far emergere una verità diversa da quella giudiziaria. Come? Attraverso una commissione parlamentare di inchiesta che valuti con serietà e disincanto gli ultimi atti desecretati, acquisisca nuove testimonianze, solleciti i servizi di intelligence che ne hanno contezza, e quello israeliano in modo particolare, a mettere a disposizione del Parlamento italiano le proprie, eventuali evidenze relative alla pista palestinese.

Finché ciò, ammesso che sia possibile, non avverrà, le timide attestazioni di dissenso messe agli atti da questo o quel parlamentare della destra lasceranno il tempo che trovano e, anzi, faranno il gioco dei pubblici accusatori di sinistra.



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