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La strategia nucleare di Mosca contro la Nato passa dal mare. Le rivelazioni del FT

Ulteriori dettagli sulla postura nucleare di Mosca emergono dalla documentazione riservata russa ottenuta dalla testata britannica negli scorsi mesi. Le ultime novità riguardano l’intenzione di sfruttare la marina per lanciare attacchi nucleari in serie. Ma anche il ricorso ad “atti dimostrativi”

Dalla costa occidentale della Francia alle cittadine inglesi (nonché centri industriali) di Barrow-in-Furness e Hull, dalla base navale norvegese di Bergen a siti radar e strutture delle forze speciali, a tante altre località site in prossimità delle coste del resto dell’Europa. Tutti bersagli selezionati dai vertici militari di Mosca per un attacco nucleare con ordigni strategici condotto dalla propria marina militare, in caso dell’eruzione di un conflitto con la Nato. Lo rivela il Financial Times, che nei mesi scorsi si era assicurato l’accesso, tramite fonti occidentali, ad una serie di documenti russi compilati tra il 2008 e il 2024. Non è la prima notizia che emerge da questi documenti: pochi mesi fa, la testata britannica aveva svelato che Mosca avrebbe dei piani per l’impiego di armi nucleari tattiche nelle prime fasi di un conflitto con una grande potenza mondiale.

Dai documenti emerge un elenco di trentadue diversi obiettivi per missili con capacità nucleari, accompagnati da commenti degli ufficiali russi che sottolineano i vantaggi dell’impiego di attacchi nucleari durante la fase iniziale di un conflitto su larga scala come quello immaginato. Grazie all’“elevata manovrabilità” della Marina sarebbe infatti possibile condurre “colpi improvvisi e preventivi” e “massicci attacchi missilistici da varie direzioni”, specificando come le armi nucleari siano “di norma” destinate all’uso “in combinazione con altri mezzi di distruzione” per raggiungere gli obiettivi della Russia.

Gli analisti che hanno esaminato i documenti hanno confermato la loro coerenza con il modo in cui la Nato ha valutato la minaccia di attacchi missilistici a lungo raggio da parte della marina russa e la velocità con cui la Russia sarebbe probabilmente ricorsa all’uso del nucleare. Dai documenti si capisce anche che la Russia ha mantenuto la capacità di trasportare armi nucleari sulle navi di superficie, una capacità che, secondo gli esperti, comporta significativi rischi aggiuntivi di escalation o incidenti.

La presentazione fa anche riferimento all’opzione di un cosiddetto attacco dimostrativo, ovvero la detonazione di un’arma nucleare in un’area remota “in un periodo di minaccia immediata di aggressione” prima di un conflitto vero e proprio, per spaventare i Paesi occidentali: secondo le carte, un attacco del genere dimostrerebbe infatti “la disponibilità e la prontezza all’uso di armi nucleari non strategiche di precisione” e “l’intenzione di impiegare armi nucleari”. Interessante notare come la Russia non ha abbia mai ammesso pubblicamente che tali operazioni sino incluse nella sua dottrina.

“Il loro concetto di guerra è la guerra totale. Vedono queste cose [le testate nucleari tattiche] come armi potenzialmente vincenti. Vorranno usarle, e vorranno usarle piuttosto rapidamente” ha dichiarato al FT Jeffrey Lewis, professore al Middlebury Institute of International Studies di Monterey che studia il controllo degli armamenti. A Lewis fa eco William Alberque, ex direttore del Centro per il controllo delle armi, il disarmo e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa della Nato e oggi non-resident fellow dello Stimson Center, che ha dichiarato: “Vogliono che la paura dell’uso di armi nucleari russe sia la chiave magica che sblocca l’acquiescenza occidentale”.

Fabian Hoffmann, dottorando presso l’Università di Oslo che studia la politica nucleare, ha affermato che la combinazione di attacchi nucleari e convenzionali illustrata nella presentazione costituisce “un unico pacchetto per segnalare all’avversario che in questo momento le cose si stanno davvero scaldando. E sarebbe saggio che iniziasse a parlare con noi di come risolvere la questione”. Mentre Dara Massicot, senior fellow presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha affermato che gli strateghi russi considerano in parte le armi nucleari come centrali nelle fasi iniziali di qualsiasi conflitto con la Nato, a causa delle risorse convenzionali inferiori delle loro forze armate.

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