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Tutti i guai economici della Cina spiegati da Foreign Affairs

Zongyuan Zoe Liu, studiosa del Council on Foreign Relations, spiega come sovraccapacità e debito abbiano causato una fase di stagnazione preoccupante. Ma Pechino non rinuncerà a un modello fallimentare, scrive

Nonostante la fine delle rigide restrizioni anti-Covid nel 2022, l’economia cinese sembra trovarsi in una fase di stagnazione preoccupante. La crescita del prodotto interno lordo è debole, i consumatori mostrano scarsa fiducia, i prezzi delle proprietà sono crollati e diverse grandi aziende sono fallite. Questo quadro critico è il risultato di una strategia economica che da decenni privilegia la produzione industriale, creando una serie di problemi strutturali che oggi appaiono particolarmente gravi. Lo racconta un lungo articolo di Zongyuan Zoe Liu, studiosa del Council on Foreign Relations, su Foreign Affairs.

Sovraccapacità e debito

La strategia economica cinese, adottata sin dai primi piani quinquennali sotto la guida di Deng Xiaoping e proseguita fino ai giorni nostri, ha puntato fortemente sulla produzione industriale. Questa scelta, scrive l’esperta, ha portato a una sovraccacpacità strutturale in vari settori come acciaio, alluminio, cemento, batterie per veicoli elettrici e pannelli solari. La produzione eccessiva ha superato di gran lunga la domanda interna ed estera, causando una serie di effetti collaterali. La sovraccapacità ha portato a guerre dei prezzi sia a livello domestico che internazionale. I prezzi più bassi riducono i profitti e generano un circolo vizioso di debiti e bassa fiducia dei consumatori. Le autorità locali, spesso sotto pressione per sviluppare l’industria, ricorrono a finanziamenti elevati per progetti rischiosi, creando ulteriori problemi di sovrapproduzione e inefficienza. Questo fenomeno è evidente anche in settori emergenti come l’intelligenza artificiale, dove l’investimento ridondante e la mancanza di innovazione profonda ostacolano il progresso.

Le conseguenze globali

Il problema della sovracapacità cinese ha impatti globali significativi, prosegue l’esperta. La competizione sleale e il calo dei prezzi causati dalla sovrapproduzione cinese hanno danneggiato le industrie manifatturiere in Europa e negli Stati Uniti. Per contrastare questi effetti, molti paesi occidentali hanno imposto dazi e cercato di sviluppare capacità produttiva interna. Tuttavia, limitare le importazioni cinesi non affronta le inefficienze strutturali alla radice e potrebbe portare a problemi simili, come l’eccessiva dipendenza dal debito e l’allocazione inefficiente delle risorse. Il leader Xi Jinping ha intensificato l’enfasi sull’autosufficienza economica, il che ha contribuito ad aumentare le pressioni verso la sovrapproduzione.

Quale risposta dall’Occidente?

L’Occidente deve dunque comprendere le forze profonde che guidano questa sovracapacità e adottare politiche che non aggravino ulteriormente la situazione. Isolare la Cina potrebbe non essere la soluzione ideale; piuttosto, mantenere Pechino all’interno del sistema commerciale globale e utilizzare gli incentivi del mercato globale potrebbe indirizzarla verso una crescita più equilibrata e politiche industriali meno pesanti.

In conclusione

In sintesi, l’economia cinese è intrappolata in una strategia di produzione industriale che crea sovrapproduzione, debiti elevati e problemi economici sia interni che esterni. Per risolvere queste sfide, la Cina dovrebbe riequilibrare la sua economia, ma ciò è complicato dalla dipendenza del partito dal controllo politico attraverso la produzione industriale. Per l’Occidente, affrontare questi problemi richiede una comprensione profonda delle forze in gioco e un approccio equilibrato che mantenga la Cina all’interno del sistema commerciale globale, piuttosto che cercare di isolarla, conclude l’esperta.

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