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Una manovra nella manovra. Ecco come l’Italia rispetterà il Patto di stabilità

In occasione del vertice di maggioranza con annesso Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti ha esposto il Piano italiano che permetterà a Roma di rientrare nell’alveo delle regole fiscali. Ecco che cosa prevede

Tutto, o quasi, è pronto. Nel giorno in cui il governo italiano ha scelto Raffaele Fitto per il ruolo di suo rappresentante all’interno del governo dell’Europa, la Commissione, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha ufficialmente aperto il cantiere per l’aggiustamento dei conti pubblici italiani. La manovra, che andrà spedita a Bruxelles per una prima lettura entro il 20 ottobre, avrà una gittata di 25 miliardi, di cui 14 impegnati per il rifinanziamento del taglio del cuneo e la rimodulazione dell’Irpef sui redditi di media fascia. Nelle more, però, c’è da presentare all’Ue la strategia con la quale l’Italia, che è sotto procedura di infrazione, intende rientrare nell’alveo del nuovo Patto di stabilità, riformato e ammorbidito al principio dell’estate.

E così Giorgetti ha portato a Palazzo Chigi il il nuovo Piano strutturale di bilancio (Psb) che sostituirà la Nadef e sarà presentato il 20 settembre a Bruxelles. Il Piano, che ha come obiettivi prioritari la definizione del percorso della spesa netta aggregata, delle riforme e degli investimenti da realizzare in un determinato periodo, dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, sarà sottoposto al via libera del Parlamento prima di essere inviato a Bruxelles. L’obiettivo principale del documento è, come detto, la definizione di una traiettoria per il nuovo aggregato di riferimento, la spesa netta, coerente con le nuove regole e l’orizzonte stabiliti dalla Commissione per il rientro dai deficit eccessivi da realizzare attraverso un piano di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni nel rispetto di particolari criteri.

Nel caso dell’Italia, il Piano avrà una durata di sette anni. Sarebbe normalmente a cinque, ma l’Italia si è accordata con la Commissione europea per estenderlo a sette, a condizione che vengano attuate riforme significative e investimenti strategici. In particolare, ci sarà naturalmente l’indicazione del deficit per l’orizzonte di programmazione indicato, ma la novità è che la variabile di riferimento per la valutazione di conformità da parte della Commissione è rappresentata dall’aggregato della spesa netta, ovvero la spesa non finanziata da nuove entrate o risorse europee, senza contare gli interessi passivi sul debito.

Ma nel Psb dell’Italia ci deve essere anche altro, ovvero un percorso di aggiustamento che garantisca una riduzione sostenibile del debito verso livelli prudenziali nel medio termine. La Commissione Ue a giugno ha infatti aperto una procedura di infrazione per l’Italia per deficit eccessivo. Se uno Stato membro ha un disavanzo superiore al 3% del Pil o un debito superiore al 60% del Pil, sarà obbligato a presentare nel Piano un sentiero di aggiustamento che garantisca, al termine del percorso di consolidamento, una traiettoria decrescente per il debito, mantenendolo su livelli prudenziali e un disavanzo al di sotto del valore di riferimento del 3% del Pil nel medio periodo.



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