Tre navi italiane, una statunitense e un aereo da ricognizione australiano hanno condotto un’esercitazione congiunta per testare le loro capacità nello scenario dell’Indo-Pacifico. Portaerei in testa, l’Italia si dimostra un alleato prezioso e anche capace di insegnare
Le acque del mar Cinese meridionale, di gran lunga le più tese del mondo da qualche anno a questa parte, hanno visto operare congiuntamente elementi della Marina Usa, di quella italiana e della Royal australian air force, per un’esercitazione multilaterale nel solco dell’interoperabilità. L’esercitazione ha previsto operazioni di volo coordinato, difesa aerea, combattimento di superficie e anti-sottomarino, per testare capacità e condividere conoscenze tra le Forze armate dei tre Paesi. Al Carrier strike group italiano, composto dall’ammiraglia della Marina militare, la portaerei Cavour, dalla fregata classe Bergamini Alpino e dal Pattugliatore polivalente d’altura Raimondo Montecuccoli, si sono affiancati un cacciatorpediniere statunitense classe Arleigh Burke e un aereo P-8 Poseidon per il pattugliamento marittimo dell’Aeronautica australiana.
“Queste esercitazioni multilaterali sono una dimostrazione concreta dei progressi che stiamo compiendo a fianco dei nostri alleati e partner nella regione”, ha dichiarato il viceammiraglio Fred Kacher, comandante della Seventh fleet degli Stati Uniti. “Presentano opportunità dinamiche per affinare le nostre capacità in una delle regioni marittime più complesse del mondo”. Le parole di Kacher rispecchiano la considerazione che i militari Usa nutrono nei confronti della Marina italiana, attualmente impegnata in un viaggio in estremo Oriente che l’ha vista interfacciarsi con i più importanti attori regionali. “Questa esercitazione multilaterale è stata un’altra grande opportunità per evidenziare la professionalità dei nostri equipaggi e la capacità di addestrarsi ed essere pronti ad operare insieme, proiettando le nostre forze per mesi, lontano da casa”, ha dichiarato il contrammiraglio Giancarlo Ciappina, comandante del Carrier strike group italiano. “Un’altra dimostrazione della forte determinazione e dell’impegno che esiste tra alleati e partner in tutto il mondo. La nostra coesione e integrazione nella pianificazione e preparazione delle attività seriali ci ha permesso di lavorare come una squadra affiatata e forte, sinergizzando i nostri sforzi e valorizzando la cooperazione multinazionale e dimostrando l’esistente ed efficace interoperabilità tra le nostre forze”.
Ogni assetto ha il suo ruolo
Le esercitazioni, come è ovvio che sia, si tengono per simulare scenari operativi verosimili e in grado di far trarre lezioni utili a perfezionare procedure e azioni. In questa esercitazione, che ha replicato la tipica composizione di un gruppo navale da combattimento, gli assetti navali italiani hanno costituito il nucleo della formazione, con la portaerei Cavour come centro nevralgico delle operazioni aeree offensive. A protezione del nucleo portaerei, fregate (Alpino) e pattugliatori (Montecuccoli) hanno il compito primario di provvedere alla difesa aerea e sottomarina, mentre i cacciatorpediniere (in questo caso la Uss Russell) ingaggiano eventuali altri vascelli di superficie con artiglieria guidata e missili anti-nave. A completare questa formazione è stato il P-8 Poseidon australiano, le cui capacità sensoristiche dall’alto aumentano la situational awareness e la portata delle capacità di rilevamento di avversari, facilitando dunque il compito della componente aerea imbarcata, composta, nel caso del Cavour, da F-35B e AV-8B Harrier II. Unico assente per un’esercitazione aeronavale da manuale è l’elemento sottomarino. L’ambiente (se non vero e proprio dominio) underwater gioca un ruolo importante, vista la sua capacità killer di colpire le navi di superficie con siluri ed è per questo che le capacità Asw (anti-submarine warfare) ricoprono un ruolo sempre maggiore oggigiorno. Benché il quadrante strategico dell’Indo-Pacifico si caratterizzi per formazioni navali solitamente più consistenti, questa esercitazione è stata comunque in grado di restituire con fedeltà le dinamiche e i capisaldi della conduzione di operazioni militari contemporanee in alto mare.
L’esempio italiano e la cooperazione nel Pacifico
Soddisfatta anche l’Aeronautica australiana, la quale guarda con interesse alle capacità navali italiane. L’Italia dispone infatti di una Marina avanzata per una media potenza, capace di porre in essere missioni in scenari operativi lontani dalla madrepatria e di operare assetti all’avanguardia come gli F-35. Tutti elementi che l’Australia tiene in considerazione pensando all’aggiornamento delle proprie forze aeronavali in un Indo-Pacifico sempre più contestato. L’aumento delle interazioni con marine partner va di pari passo con il crescente impegno dell’Italia per la tutela della libera navigazione, cruciale per l’interesse nazionale. “Questo tipo di attività dimostra il nostro impegno collettivo nella cooperazione regionale e internazionale a sostegno di un Indo-Pacifico aperto e inclusivo”, ha dichiarato il Comandante del comando operazioni congiunte, Air commodore Michael Grant. “Addestrandosi e operando insieme, le nostre forze possono basarsi su tattiche, tecniche e procedure condivise per migliorare l’interoperabilità e la prontezza nel rispondere alle sfide di sicurezza comuni”.