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Vi spiego che cosa c’è dietro la grande crisi dell’auto in Europa. Parla Bricco

Alle radici del drammatico momento storico dell’industria automobilistica continentale, c’è un errore di valutazione piuttosto grossolano: essersi seduti al tavolo dell’auto elettrica senza la giusta consapevolezza della difficoltà della sfida. E ora la Cina non può che approfittarne. Colloquio con il saggista e inviato speciale del Sole 24 Ore

La sensazione è che nulla tornerà più come prima. Anche perché sarebbe controproducente. Il mercato dell’auto continua a viaggiare a fari spenti e per giunta in aperta campagna, mentre in Europa si fa strada il dubbio che una certa parte del Green new deal vada riscritto, con l’Italia impegnata a chiedere il rinvio delle scadenze per mandare in pensione diesel e benzina. I numeri, d’altronde, non lasciano scampo a riflessioni troppo lunghe. Ad agosto, secondo i dati dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei, le nuove immatricolazioni di auto nell’Unione europea sono state 755.717, il 18,3 % in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.

I risultati negativi sono arrivati da tutti i quattro principali mercati, soprattutto da quella Germania un tempo simbolo della supremazia europea nell’auto e oggi ferita a morte dal caso Volkswagen. Crollano le immatricolazioni in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%). Ma il dato choc è quello del mercato elettrico. Lo scorso mese le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono diminuite del 43,9% con la loro quota di mercato totale che è scesa al 14,4% dal 21% dell’anno precedente.

Insomma, qualcosa non quadra e il rischio di spalancare nuove porte alla Cina e alle sue vetture low cost o, per dirla con le parole del presidente di Confindustria Emanuele Orsini, di regalare l’intero comparto automotive verde a Pechino, c’è tutto. Certo, ci sono esempi virtuosi, come la Norvegia, dove a suon di incentivi e sgravi circolano più elettriche che endotermiche, ma poco sposta. Formiche.net ne ha parlato con Paolo Bricco, autore di saggi sulla Fiat e grande esperto di automotive, oltre a essere inviato speciale del Sole 24 Ore.

“L’Europa ha commesso un errore gravissimo nel sedersi al tavolo dell’auto elettrica, non doveva nemmeno provarci, non senza essere pronta e ben equipaggiata almeno”, mette subito in chiaro Bricco. “Quello a cui stiamo assistendo in queste settimane sul fronte dell’automotive ha tutta l’aria di essere una tempesta perfetta, qualcosa che raramente si è visto in passato e che ha dell’inspiegabile. Da una parte c’è l’allarme tedesco, il fatto che in Germania ci sia Volkswagen che potrebbe licenziare migliaia di persone vuol dire che la situazione è grave, c’è di mezzo l’intera industria della componentistica europea. Se lì piove, tanto per fare un esempio, qui diluvia”.

Stringendo il campo sull’elettrico, viene da chiedersi se sia lecito parlare di fine del mito dell’auto verde, almeno nel Vecchio Continente. “La follia è tutta lì, abbiamo imperniato l’intera transizione ecologica sulle auto green, spingendo l’industria dell’auto a giganteschi investimenti e mandando così in testa-coda l’intero settore. Perché a quanto pare l’auto elettrica non sembra essere troppo gradita. Il problema è questo, c’era un’industria dell’auto matura, quasi satura, a cui sono stati chiesti miliardi per investire nell’elettrico: ma se non si danno gli stessi miliardi ai consumatori, allora questi la macchina a batteria non la comprano. Ed ecco la tempesta perfetta, le case automobilistiche sono nel bel mezzo di un uragano”.

Uscirne è possibile? Secondo Bricco no. “La situazione non è reversibile, quando si fanno piano giganteschi per investire nell’elettrico, la struttura finanziaria di un’azienda è ormai fatta, settata, costruita, non si più rimettere nel tubetto il dentifricio che è già uscito. Invertire la rotta mi pare veramente difficile, sono molto pessimista, non vedo una reversibilità del processo, anche perché la tendenza regolatoria mondiale va comunque nella direzione dell’elettrico. L’unica via di uscita sarebbe la sospensione immediata del Green new deal, ma allora dovremmo tutti ammettere che ci siamo sbagliati”.

Chi ne approfitta è sicuramente la Cina, visto che le auto prodotte nel Dragone costano quasi la metà di quelle europee. “Il presidente di Confindustria dice una cosa giusta, ma palese, perché è di tutta evidenza che la Cina abbia già un vantaggio quasi impossibile da colmare sull’industria delle auto elettriche europee. Per questo l’Europa non doveva accettare la sfida dell’elettrico, avrebbe dovuto e potuto valutare alternative. Oggi ci sono tecnologie che permettono a un motore diesel, penso agli euro 7, di avere emissioni bassissime, tendenti allo zero. Perché non è stata scelta questa strada invece di fare questo salto nel buio?”.



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