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Dalla Bce una sponda a Draghi. Giù i tassi, ma l’Europa rallenta

Come da previsioni Francoforte toglie ancora il gas ai tassi, ponendo fine alla fase restrittiva e spianando la strada all’allentamento della Fed. Ma le previsioni per l’economia rendono ancore più urgente una rivoluzione culturale negli investimenti in Europa. Proprio come suggerisce l’ex premier italiano

La previsione della vigilia è stata rispettata. La Banca centrale europea ha tagliato il costo del denaro per la seconda volta nel giro di poche settimane, portando il costo del denaro al 4% (al 3,50% sui depositi) in virtù di una limatura di 25 punti base. Del resto, sebbene ancora persistente in alcuni settori, l’inflazione sta tornando verso livelli di tranquillità. E non ci sono avvisaglie di particolari spirali fra prezzi e salari. Tanto basta per allentare il costo del denaro col fine di ridare ossigeno a una economia dell’eurozona in frenata.

Anche per questo, a differenza della Federal Reserve, che non ha ancora ridotto il costo del denaro (ma potrebbe farlo già dalla prossima riunione di metà settembre), Francoforte ha intrapreso il suo sentiero in quanto la deflazione sta procedendo come le previsioni. Certo, come ricordato da Lagarde a inizio estate, il percorso è accidentato e non privo di curve, ma c’è fiducia che entro il primo trimestre del 2025 il tasso d’inflazione sia tornato a ridosso del 2%. Tanto basta per inviare un segnale di solidità agli investitori e ai mercati, che già da giorni fiutavano la sforbiciata, spingendo i listini (Piazza Affari ha aperto gli scambi a +1%).

Nel comunicato diffuso al termine del Consiglio direttivo, l’Eurotower afferma che in base all’evolversi dei dati “è ora opportuno compiere un altro passo nella moderazione del grado di restrizione della politica monetaria”. Secondo la Bce l’inflazione media dell’area euro dovrebbe tornare ad aumentare nell`ultima parte di quest`anno, anche perché i precedenti bruschi ribassi dei prezzi dell`energia non incideranno più sui tassi calcolati sui dodici mesi. Eppure, per l’Italia bisognava essere più coraggiosi. Non ci ha pensato due volte a dirlo, il vicepremier Antonio Tajani, per il quale ” ci si aspettava una scelta più coraggiosa da parte della Banca centrale europea, 0,25% è troppo poco” .

Ma la giornata non è stata solo all’insegna dei tassi e il problema in Europa è forse un altro. Non meno attese delle decisioni di politica monetaria erano infatti anche le previsioni macroeconomiche della Bce. Arrivate a poche ore dalla presentazione del rapporto di Mario Draghi sulla competitività e che in un certo senso sembrano giustificarne le ragioni: l’Europa perde giri e solo una pronta rivoluzione culturale in termini di investimenti può salvarla. Francoforte ha infatti ulteriormente limato le previsioni di crescita per l’eurozona, portandole allo 0,8% per il 2024 (dallo 0,9% previsto lo scorso giugno) e all’1,3% per il 2025, contro l’1,4% di tre mesi fa. Sull’inflazione è invece confermata l’attesa di 2,5% quest`anno, il 2,2% nel prossimo e 1,9% nel 2026.

Chissà se la sponda di Christine Lagarde al rapporto Draghi non serva a smuovere le acque. Il presidente della Bce ha definito il lavoro del suo predecessore “un rapporto formidabile, fornisce una diagnosi grave ma che secondo noi è accurata. E formula proposte concrete di riforme strutturali che sarebbero molto utili per l’Europa. E anche per noi per ottenere migliori risultati nella politica monetaria”. Lagarde ha citato tra le altre cose la necessità di completare l’Unione dei mercati dei capitali”. A questo punto, con una Germania mai così anemica e cagionevole, forse ha ragione Draghi: non c’è un minuto da perdere.

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